(di Massimo Tosti, salve Italia Oggi) Se le votazioni per l’elezione del capo dello stato si aprono oggi in un clima di estrema incertezza e confusione, there la responsabilità è anche della dose esagerata di informazioni fornite dalla stampa (e, seek soprattutto, dalla televisione) nella lunga vigilia dell’evento. Ieri, per esempio, La7 non ha parlato d’altro.Un filo continuo ha legato Omnibus, Coffee break, L’aria che tira, lo speciale Tg di Enrico Mentana, Otto e mezzo. Tredici ore abbondanti di notizie, pettegolezzi, retroscena, filtrate da conduttori non sempre imparziali. Ma la bulimia delle news va avanti da 15 giorni: è chiaro che sentendosi spiati giorno e notte, i politici chiamati a scegliere il nuovo inquilino del Colle si siano chiusi a riccio, per evitare che ogni loro dichiarazione potesse essere strumentalizzata. Si sa che tradizionalmente ogni candidatura avanzata in modo prematuro è destinata a essere bruciata. Ebbene, questa volta i giornalisti d’assalto hanno tentato di strappare nomi dalle labbra anche dei peones della politica (con il proposito, appunto di bruciarli) visto il riserbo assoluto dei leader. Resta da sperare che, nei colloqui riservati, qualche nome sia stato fatto e che quindi il parlamento non arrivi totalmente impreparato alla resa dei conti. Ma, nel caso in cui si verifichi questa ipotesi, immediatamente dopo partiranno certamente le critiche agli inciuci. Trenta o quarant’anni fa sulle colonne dei quotidiani si leggevano avidamente le «voci di corridoio», che rappresentavano il minimo sindacale (incontrollabile) del lavoro dei cronisti. Agguati e trabocchetti per distruggere questo o quel candidato sgradito erano all’ordine del giorno anche allora, ma (straordinario ossimoro) risultava tutto più chiaro. E nessuno, alla fine, protestava contro il sistema adottato per far prevalere l’uno o l’altro candidato. La trasparenza eccessiva non giova alla qualità della politica, bisogna prenderne atto se non vogliamo che l’imbarbarimento della lotta si sviluppi ulteriormente.