Riki: «Ho distrutto tutto, per ripartire»

Riki: «Ho distrutto tutto, per ripartire»

Il cantautore multiplatino che aveva conquistato il Sud America torna dopo due anni di silenzio con “Scusa”brano che segna il punto di inizio di un nuovo capitolo, facendo i conti con quello che aveva e quello che ha

Una casa nuova, bellissima, in cui tenere in ordine gli oggetti e i pensieri. Una nuova vita, in cui provare a prendersi quello che ha perso. O forse trovato. Riccardo Marcuzzo, in arte Riki, cantautore multiplatino da più di un milione di follower su Instagram, a 29 anni è cambiato. Ha avuto il tempo di fermarsi a pensare, di riallineare idee e progetti, centrandosi verso un futuro che ora è più facile immaginare.

Dalla vittoria ad Amici di Maria De Filippi nella categoria canto nel 2017 ai dischi di platino, dal successo incontrollabile che lo ha portato fino in Sud America a collaborare con i CNCO e primeggiare nelle classifiche mondiali, fino a un Festival di Sanremo deludente nel 2020, Riki oggi è consapevole di sé. Di quello che vuole, la musica, ma anche di quello che non vuole, vivere solo di numeri e apparenze. Con una relazione appena conclusa alle spalle (con la modella Ella Ayalon) e una nuova squadra di lavoro al suo fianco (Big Fish alla produzione), riparte da sé e da “Scusa” (Sony Music Italy/Columbia Records Italy), il brano che fin dal titolo mette le cose in chiaro. Qualcosa ha sbagliato, ma è chiedendo scusa che si può ripartire.

Torni dopo due anni, come sono stati?

«Sono molto più consapevole rispetto a prima. La pandemia, per quanto brutta, ha dato a tutti il modo di fermarsi e ragionare, guardarsi indietro, fare cose diverse che non si aveva mai il tempo di fare. Io mi sono distratto. Ho finito casa, che per me è stato un progetto totalizzante essendo il design l’altra mia grande passione, l’altro mio lavoro, che va di pari passo con la musica. È stato lavoro per me. Ho staccato, studiato, letto, ho imparato a cucinare». 

Cucini bene?

«Ora sì, faccio bene i primi. Se invito gli amici faccio una pasta pomodoro e salsiccia, o la cacio e pepe o la gricia, mi vengono bene i risotti che prima sbagliavo a fare. Ho guardato i video su YouTube ma lì nessuno ti insegna i trucchetti. Allora ho chiesto a un mio videomaker romano che aveva fatto il cuoco e ad amici che sanno cucinare. Quando parto con qualcosa devo impararne tutti i segreti. Ho usato i consigli di tante persone e li ho fatti miei». 

La musica dov’era?

«L’ho messa in standby. Ci sono tanti intrepreti bravissimi che scelgono le canzoni che preferiscono da un catalogo e decidono su quali lavorare. Io invece scrivo, lavoro sulle mie sensazioni e scrivo in base a quello che sento. In base alle mie esigenze e bisogni. In pandemia non vivevo stimoli. È arrivata subito dopo Sanremo, che avevo sottovalutato. Non dico di essere entrato in depressione ma ammetto che non è stato facile ritrovarsi chiuso in casa dopo quell’esperienza. Purtroppo la mia testa distrugge per ripartire».

Cioè?

«Ti faccio un esempio. Io disegno abbastanza bene, me la cavo. Quando ero al liceo avevo fatto un disegno bellissimo e avrei dovuto mettere il cartiglio sul retro del foglio, ovvero una griglia in cui scrivi nome, cognome, data, oggetto disegnato. Io non volevo girare il foglio perché, avendo disegnato a carboncino, temevo si sarebbe rovinato. E quindi ho preso un altro foglio, ho fatto il cartiglio, l’ho ritagliato e stavo per attaccarlo sul disegno quando il professore mi ha detto che, se lo avessi fatto, invece di ottimo mi avrebbe dato distinto. Io ho preso il cartiglio, l’ho appiccicato e ho preso distinto. Perché non me ne fregava di come andava fatto, per me era così. Con la musica è stato uguale. Ho ricevuto un sacco di proposte, avrei potuto fare hit reggaeton decise a tavolino, ma non erano la mia scelta, non erano quello che volevo fare. Non critico chi rincorre le hit, ma io volevo sperimentare, fare le mie cose. Ed ero davvero stressato. Nel 2019 tornavo dal Sud America, avevo aperto il mercato all’estero ma era stato molto faticoso, la cosa stava diventando fin troppo grande. Mi piaceva, stava andando tutto bene. Ma quando ho deciso di tornare in Italia ho pensato di poter sperimentare, fare qualcosa di diverso, dai cartelli giganti per strada con sopra scritto bimbominkia a canzoni diverse. Ero matto, ma mi divertivo»

Cosa non ha funzionato?

«Pensavo di avere ancora gli stessi gusti che aveva la gente. Quella è stata la mia forza ad Amici. Le canzoni che piacevano a me, che scrivevo, fortunatamente piacevano anche agli altri. Tante canzoni nascono a tavolino, sui gusti della gente. Io li avevo indovinati da solo. Ma si cresce, si cambia, si sperimenta… Non ho più incontrato il gusto generale». 

E al Festival di Sanremo sei arrivato ultimo. 

«Ero già tra le nuvole, non avevo più quella fame, quella voglia che potevo avere prima. Non è andata bene, ma mi è servito tantissimo. Sono sempre stato abituato a vincere, una caduta fa bene perché ti fa apprezzare molto di più quello che avevi e quello che potresti avere di nuovo. Apprezzi di più tutto il percorso per arrivare in alto. Ti godi tutto di più e io non mi sono mai goduto niente davvero». 

Dopo Sanremo è arrivato il lockdown, altro momento complesso.

«Nella settimana di Festival non fai in tempo a metabolizzare nulla. Tornato a casa rimugini e pensi… Mi sono chiuso in me stesso. Non è stato un bel periodo. Tante cose a livello psicologico non mi facevano stare bene. Non ti dico fosse depressione ma mi sono trovato rinchiuso a fare i conti con me».

In quel periodo però non eri da solo, vivevi con la tua ragazza Ella. 

«Sì, c’era lei. E mi ha aiutato tanto. Ma quando arrivi a sera, e non puoi fare niente, non puoi svagarti, la situazione all’esterno è così tragica, fai fatica ad andare a dormire. Sono uno che si muove tanto, non scaricavo nulla. Avevo gli occhi sbarrati e stavo lì, sveglio, a pensare». 

Ti sei dato la colpa di aver sbagliato?

«Non so se l’ho accettato. Ci sono stati giorni recenti in cui ho ripensato a tutto quello che ho fatto. Ho pensato che avrei potuto fare tante cose diversamente, comportarmi “meglio” facendo le cose più “giuste”. Avevo tutto e potevo ottenere tutto quello che volevo. Ma è la storia del cartiglio, devo distruggere quello che ho di buono. È la mia testa che mi fa fare queste cose. Eppure in altri momenti mi dico che ho fatto bene, perché era quello che volevo fare. Lanciarmi. Restare sulla cresta dell’onda non è mai facile. Sarei calato lo stesso. Certo così ho proprio voluto azzerare tutto». 

Ora?

«Vorrei che questo grande capitolo tra qualche tempo diventasse un ricordo da guardare quasi con affetto, come quello di un creativo a 360 gradi che voleva fare il sognatore, sperimentare, anche se erano cose non necessarie». 

Senza più sabotarti? 

«Da marzo sono in questa casa, ci sto bene dentro, ho ritrovato pace e serenità. Ho messo a posto tante cose della mia vita. Ho cambiato produttore, perché non trovavo più nuovi stimoli. Ho chiuso con la mia ragazza, perché quando lo stare bene con una persona non vale più i contro che ci sono in una relazione è ora di chiudere. È come se ci fosse una bilancia e quando i contro pesano uguale ai pro, non vale più la pena. La routine fa pesare i piatti allo stesso modo. Ho visto i sentimenti scemare. Sono uscito dalla comfort zone e da lì ho vissuto in modo diverso. Ora voglio riconquistare tutti, con sincerità». 

Da solo stai bene?

«Non è facile per me. Pensavo meglio, in realtà stavo bene da solo al liceo o università, questo lavoro ti inietta in vena un sacco di adrenalina che ti droga e ti porta al bisogno di vedere sempre cose o persone. Se si spengono le luci non è facile. Ma se prima non potevo stare solo mai ora ho imparato e mi godo il momento, scrivo, mi concentro sul mio progetto. Ma mai per troppo tempo». 

Scusa” a chi?

«A nessuno in particolare. A tutti. A lei, anche se non ho fatto niente di male, ma dopo tre anni e mezzo è normale sentire la mancanza. È uno scusami se è vero che è finita ma ancora mi manchi. È uno scusa alle cose che ho fatto. Ci sono tante immagini di me del quotidiano, è una foto esatta di questi mesi della mia vita. Ma non lo chiedo in modo triste, anzi. Sono propositivo. È uno scusa anche ai fan. Chiedo scusa per aver esagerato. Sono anche sparito dai social per un anno»

Perché?

«Volevo proteggere la mia persona. I social non sono mai facili da usare, se lo fai perché hai voglia di farlo è ok, ma troppe volte ci inghiottono. Scrolliamo impulsi di altri che ci svuotano della nostra vita e la riempiono della loro. Finiamo per vivere le vite degli altri. I social possono ferire, mostrano il consumismo, fanno male».

Andrà bene?

«Sono consapevole di tutto e centrato nel voler fare qualcosa che possa far stare bene le persone, o farle divertire, anche piangere. Sempre in modo positivo. Perché sto bene io. Big Fish ha un cuore d’oro, sono circondato da persone che mi vogliono bene. Voglio vivere di questo mestiere. Sapendo che al momento è tutto imprevedibile e conta più l’immagine della musica. Io so che anche se le canzoni oggi durano una settimana e tra i ragazzini finiscono nelle storie di Instagram per farsi accettare dal branco, io continuerò a farle. Non c’è più nessuno che può sapere davvero se andrà bene, neanche gli insospettabili, bisogna continuare a reinventarsi. Ma io voglio scrivere quello che mi sento. Se poi ci sarà la congiunzione astrale giusta… tanto meglio».

Cosmopolitan.it

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