Usata per vincere e non per governare. Il New York Times dà voce ai malumori della vicepresidente frustrata da un ruolo che le sta stretto, dal gradimento in costante calo e dalle numerose dimissioni dei suoi collaboratori
Deluse, almeno fino ad ora, le grandi speranze riposte nella figura di Kamala Harris, Madame Vice President, come la chiamano tutti negli Stati Uniti. A dar sfogo al malumore in costante crescita intorno al suo entourage e ai suoi sostenitori, è stato il New York Times che racconta di un flop tutt’altro che annunciato. Solo un anno fa, infatti, raccontava che «Joe Biden ha avuto l’audacia di scegliere una donna come suo vice. Non sarò l’ultima». E, in effetti, sembrava avere tutte le carte vincenti e in regola per sfondare alla Casa Bianca: già prima donna procuratore distrettuale di San Francisco, prima procuratrice generale della California e seconda senatrice nera al Congresso di Washington, Kamala Harris oggi è la prima vicepresidente donna, prima afroamericana, prima indoamericana e seconda persona biracial a Washington. Dopo Barack Obama, si intende.
Con il NYT la Harris si sarebbe lamentata di essere stata «Usata per vincere ma non per governare». Accuse pesanti se pensiamo che vengono rivolte al suo Comandante in capo Joe Biden che, forse, si trova sul podio proprio grazie a lei: moltissimi i voti arrivati grazie alla sua innegabile capacità di emergere e primeggiare, ma anche al suo essere donna e di colore. La Harris, durante tutta la campagna elettorale, ha infatti incarnato un simbolo di riscatto sociale.
Rivalsa e gradimento ora in costante calo dopo le clamorose dimissioni dei suoi collaboratori più stretti – hanno dato forfait il suo portavoce, Symone Sanders e il direttore della comunicazione, Ashley Etienne a sole due settimane di distanza.
Senza contare le inconcludenti trattative sulla questione migratoria al confine sud con gli Stati Uniti: nel suo primo viaggio internazionale in Guatemala e Messico ha raccolto solo critiche da parte degli immigrati provenienti dall’America Centrale con l’esortazione a «Non venite negli Stati Uniti».
Tra i suoi impegni concreti solo qualche attività di lobbyingcon aziende impegnate a investire in America Latina e parecchi interventi a fiere e congressi. Insomma nemmeno Kamala Harris fosse l’ultima dei cugini della Regina Elisabetta alle prese con il taglio di inutili nastri per guadagnare un po’ di lustro. Quel che è certo è che pochi progressi sono stati fatti per arginare la corruzione (come promesso più volte dal pulpito per accaparrarsi voti) così come scarso è stato l’impegno per contenere quelle leggi tese a minare il diritto di voto delle minoranze varate dagli Stati repubblicani: il suo ufficio non ha ancora sviluppato alcun piano.
Così, se un anno fa tutti pensavano che nel 2024 Kama Harris avrebbe potuto arrivare dove Hillary Clinton aveva fallito clamorosamente, oggi nessuno sembra crederlo più. Anche perché pure Joe Biden sta vivendo un forte calo di popolarità (neanche il profilo Tik Tok è riuscito a fargli racimolare consensi) nonostante abbia fatto sapere in un’intervista all’Abc che intende ricandidarsi, soprattutto se Donald Trump dovesse riscendere in campo.
Ma questa, forse, è fantapolitica essendo già il più anziano Presidente Usa.
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