Il Gran Ducato di Toscana entra in forze, sovaldi sale il giorno della Grande Riforma della Rai. Eccoli, travestiti da Re Magi, Giorgio Panariello, Carlo Conti e Leonardo Pieraccioni: è il vecchio che avanza e, dati i loro tempi televisivi, è un vecchio che si trascina.
Che poi Panariello è il più simpatico dei tre, ma il programma che gli hanno costruito è quanto di più scontato ci si possa attendere: parodie di altri programmi tv (la D’Urso che racconta in diretta la nascita del Cristo), monologo sul Natale, battute all’acqua di rosa (Renzi sul cammello di Stato: «Devo andare a fare il patto con il Nazareno, quello vero»), l’apparizione di una sovreccitata Tosca D’Aquino, una penosa imitazione di «C’è posta per te». In realtà, la fiacca parodia serviva solo per introdurre nello studio la «vera» Maria De Filippi, pronta a passare in Rai. Posto che a me questa cosa dà molto fastidio, cioè che artisti legatissimi a una rete si esibiscano per la concorrenza. Sa di inciucio, di provinciale, di sfaldamento delle regole più elementari. È il momento «verità pettinata», il racconto dell’infanzia neorealista di Panariello, abbandonato dalla madre e cresciuto dai nonni. Ora che in uno spettacolo di varietà si debba cedere così platealmente al privato, è mistero autoriale, visto che subito dopo le lacrime trattenute, Panariello è chiamato a esibirsi come Pulcino Pio o come Naomo. Mah! L’immaginario di Rai1 è esaltato dalla presenza dei tre tenorini de Il Volo, dalle canzoni di Emma, dal monologo light di Pieraccioni sui giovani fenomeni del momento, da Giorgio Albertazzi che legge Dante, da Panariello travestito da Dante (cerca Benigni per chiedergli i diritti d’autore). Per finire, a mezzanotte, entra Giuliano Sangiorgi dei Negramaro. Panariello è amabile ma ha tempi comici dell’altro secolo ed è male assecondato da autori che coltivano ostinatamente la prevedibilità e l’autoreferenzialità: «i peggiori danni della nostra vita».
di Aldo Grasso da “Corriere Spettacoli”