PIETRO PARISI, IL CUOCO ANTICAMORRA CHE HA PERSO 130 KG: “ORA SOGNO LA TERRA DEI CUOCHI”

PIETRO PARISI, IL CUOCO ANTICAMORRA CHE HA PERSO 130 KG: “ORA SOGNO LA TERRA DEI CUOCHI”
pietro-parisi«Nessuna società può dirsi civile finché c’è qualcuno che ha fame»: la massima racchiude la filosofia di Pietro Parisi, «cuoco contadino» che ha lasciato le cucine più esclusive per tornare alla sua terra, nel vesuviano. Qui ha aperto il suo primo ristorante, «Era Ora», in un contesto reso difficile dal racket della camorra. Nel frattempo, ha perso 130 chili e sposato la donna che amava fin da bambino. La sua storia è stata trasformata in un romanzo, «La cucina che mi ha fatto dimagrire».
Hai subìto una trasformazione non solo fisica. Com’è cambiata la tua vita?
«130 chili è il peso di tre persone. Io sono tornato ad essere uno, me stesso. La trasformazione fisica, per quanto possa sembrare paradossale, forse è la cosa meno significativa in un cambiamento di questa portata. Il mio rapporto con la vita, con la gente, con i miei desideri è cambiato. La grassezza non esiste in natura: se non ci sono patologie particolari, si ingrassa quando si sta male nell’anima. Il cibo è una dipendenza. Io sono dimagrito perché sono riuscito a trasformare le mie nevrosi in una passione. Quello col cibo dev’essere un matrimonio felice, non una relazione logorante: proprio come in amore.
E poi se mi chiamano il cuoco anticamorra (c’è anche un hashtag #iostoconpietroparisi) lo devo al fatto di essere dimagrito: la “chiattezza” è omertà con le proprie paure, è conformismo. Jobs diceva siate pazzi, siate affamati: io dico siate innamorati, e siate sazi». 
Quale fattore ha innescato la molla del dimagrimento?
«Il desiderio di vivere. Il desiderio di fare le cose normali. E il coraggio di scendere in campo. Quando ho cominciato a confrontarmi con le mie paure, ma anche con i miei desideri e i miei sogni, anche se non me ne ero ancora accorto, avevo già cominciato quel processo di cambiamento interiore che ti porta a diventare te stesso e a dimagrire. Allacciarsi le scarpe, o semplicemente vedersi i piedi, passare per i tornelli delle banche, trovare posto in aereo e allacciare la cintura, entrare nella doccia, rialzarsi se si scivola: ecco, volevo tutto questo. Semplicemente. E poi volevo essere almio meglio anche per conquistare la donna della mia vita: Magda, mia moglie, che ho amato segretamente per più di vent’anni…».
 Dagli hotel a sette stelle al ristorante a Palma Campania. Una scelta giusta?
«L’unico vero errore che possiamo commettere nella vita è tradire noi stessi. La mia terra mi ha dato tutto: quello che sono e quello che so. E io ho voluto dare tutto alla mia terra. Guadagnavo molto a Dubai, ero nel giro degli chef internazionali grazie al grande Ducasse, ma sai la storia del richiamo della foresta?». Come combatti le offese della camorra?
«Mi ero riproposto di non parlare più di camorra, perché dopo aver denunciato i tentativi di estorsione che ho subito, sono stato ancora oggetto di provocazioni e minacce. È una storia infinita: si è soli. I giornali ti seguono sul momento, poi ti abbandonano. Lo stesso le tv. Diventi un fenomeno per un momento, poi vieni dimenticato. E resti solo, davanti alla gente che continua a bussare. Mi aspetto da un momento all’altro qualcosa, a volte non dormo. Penso alla mia famiglia, alla mia bambina, e continuo a domandarmi: faccio la cosa giusta, o devo arrendermi?
Ho paura, certo, però so di fare la cosa giusta.
Ho ricevuto delle minacce pesanti, dopo la denuncia che ho fatto qualche settimana fa. E temo da un momento all’altro un gesto che mi possa fare pentire di aver parlato e di avere denunciato.
Tu sei la prima persona a cui lo dico e ti parlo con sincerità: ho paura, ho paura di ritrovarmi da solo, perché io non sono un magistrato o un politoco, sono soltanto un cuoco contadino. Io non scrivo libri che poi mi danno la scorta: io lavoro quindici ore al giorno, denuncio un estorsore, vado un giorno sul giornale e poi sono solo, il giorno dopo, davanti a quella gente che è capace di ammazzarti per una parola fuori posto».
Il tuo romanzo diventerà una fiction. Perché pensi sia importante?
«Intanto ringrazio Flavio Pagano, perché solo uno scrittore come lui poteva raccontare la mia storia in questo modo. E poi Mario Rossini, il produttore che ha preso i diritti televisivi e ha affidato il progetto a Monica Zapelli, la migliore sceneggiatrice italiana. Come cuoco, a me non piace dire chef, credo di star facendo bene: ho cucinato per Mattarella, per Michelle Obama e per altri grandi personaggi in tutto il mondo. Ma se la mia storia di uomo sarà utile a salvare anche soltanto un ragazzo della Terra dei Fuochi, che io sogno di trasformare in Terra dei Cuochi, allora potrò dire davvero che il mio esempio è servito a qualcosa».
Ilaria Del Prete, LEGGO
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