Dal 29 novembre torna su Sky “4 ristoranti”, il format culinario dal cuoco romano
PER chi non se ne fosse accorto, ci sono un sacco di programmi di cucina in tv. La sfida in corso, quindi, è diventata quella di smarcarsi. Lo si può fare alla Bruno Barbieri (ha appena detto che i programmi in questione sono troppi: sottinteso, Masterchef – torna dal 22 dicembre – a parte, in gara a sé). Oppure c’è la modalità Alessandro Borghese, quarantenne e curiosa via di mezzo tra le modalità spicce dello chef a cui chiedono i selfie e quelle dell’imprenditore smart pieno di spirito d’avventura e che vive la vita che voleva – ma, giurano tutti, di disponibilità e simpatia superiore alla media nel settore.
Da domani sera su Sky Uno va la terza edizione del suo 4 Ristoranti: ovvero si prendono i quattro luoghi in questione e soprattutto i loro gestori e si fa il giro, tutti vanno a mangiare nel ristorante degli altri e alla fine, tra umanità varia, critiche blande reciproche, calici che si alzano eccetera, si danno i giudizi, si stilano (altrettanto blande) classifiche e l’aria è quella di un gruppo che alla fine si è divertito e conosciuto reciprocamente. Ovviamente con i momenti allegri, quelli commoventi, le storie e, oseremmo dire, la narrazione che diventa il passo fondamentale del programma.
Il tutto in giro per l’Italia – dal lago di Garda in giù – e con la solita, certosina cura del montaggio e preparazione di ogni singola puntata con maniacalità che va ben oltre la pignoleria dello chef al lavoro. Risultato, dice lui, Alessandro: un programma che non somiglia agli altri programmi di cucina. Magari lo pensano tutti quelli che fanno programmi così, ma il primo che riesce davvero a convincere tutti, vince il campionato.
Borghese, mentre ti spiega che il segreto della clamorosa e intrigante piccantezza dell’assaggio di pasta è il Pepe di Tasmania, è in buonissima posizione di classifica. Per chi volesse poi proseguire negli assaggi, sull’on demand di Sky ci sono le molte puntate di Kitchen Sound, programmino svelto che sembra l’uovo, appunto, di Colombo: ricette non raccontate ma mostrate nella costruzione passo passo – con l’alta definizione che entra nei piatti al solito modo e li rende quasi tridimensionali – con il ritmo dettato da musica accattivante che esce da apparecchi sparsi in cucina.
di Antonio Dipollina, La Repubblica