La nuova chiusura di tutti i cinema per almeno un mese mette ulteriormente in ginocchio l’interno comparto, e in particolare le 3.900 sale sparse per tutta Italia e le decine di migliaia di persone che ci lavorano, tra addetti alla biglietteria, alla sala, alle proiezioni, alla ristorazione. Ma, oltre al danno, c’è pure la beffa. Perché, anche se pubblicamente tutti lo negano, in realtà il 2020 di lockdown più o meno totale delle sale un po’ in tutto il mondo ha dato una forte accelerata alla ricerca da parte delle case di produzione di piattaforme distributive alternative ai circuiti cinematografici classici. Molti titoli sono stati distribuiti direttamente sulle piattaforme streaming, bypassando totalmente le sale. Tanti blockbuster hanno rinviato l’uscita in sala in attesa che la situazione sanitaria migliorasse.
Ma in questa sorta di nuova normalità, dove si convive con un virus che non si riesce a debellare, ecco che prende forma un modello di business diverso: il nuovo film di James Bond, No time to die, avrebbe dovuto uscire nelle sale in aprile. Poi rinviato a novembre, quindi slittato all’aprile 2021. Ma sta trascorrendo troppo tempo, ed ecco, allora, che, secondo indiscrezioni raccolte da Bloomberg, alcuni big dello streaming come Apple e Netflix sarebbero in trattativa per acquistare la pellicola e distribuirla direttamente sulle loro piattaforme. La casa di produzione Mgm, che ha anticipato i 250 milioni di dollari necessari alla realizzazione del nuovo episodio della saga di 007, ha già perso almeno 50 milioni di dollari a causa dei vari ritardi. E se trovasse qualcuno disposto a versare 600 milioni di dollari, sarebbe disponibile a firmare subito un accordo di cessione del film. D’altronde i precedenti già ci sono: studios come Paramount e Sony, nelle scorse settimane, hanno rastrellato decine di milioni di dollari vendendo pellicole come Greyhound (Il nemico invisibile), Coming 2 America (Il principe cerca moglie 2) o Without remorse (diretto da Stefano Sollima) direttamente alle piattaforme di streaming. Greyhound, costato 50 milioni di dollari, per esempio, è stato acquistato da Apple TV per 70 milioni.
Naturale che quando si parla di un kolossal come la saga di James Bond le parti in causa siano numerose: non c’è solo Mgm, ma pure i produttori Barbara Broccoli e Michael G. Wilson, e poi la casa di distribuzione Universal pictures, che detiene i diritti di distribuzione al di fuori degli Usa, e, infine, i grandi sponsor commerciali come Land Rover, Omega watches e Heineken, che hanno firmato intese e pagato somme relative a una distribuzione classica del film, e non solo in piattaforma, con operazioni di comunicazione e iniziative promozionali fisiche sui diversi mercati. Tutti i soggetti coinvolti, quindi, dovrebbero essere d’accordo in una modifica così radicale del modello di business. Un po’ come avvenuto nel caso di Coming 2 America, ceduto direttamente alla piattaforma di streaming Amazon Prime Video solo dopo che sponsor come McDonald’s e Crown Royal avevano dato il loro ok. Non è invece stato ancora chiuso il deal tra Amazon Prime Video e Without Remorse.
Insomma, ci sono sempre più titoli da grande box office che preferiscono saltare la sala e andare in piattaforma (vedi pure i casi di Mulan e di Soul su Disney+), ad aggravare la situazione già difficile degli esercenti.
Un comparto in ginocchio per il quale sono appena stati stanziati altri 20 milioni di euro, che vanno ad aggiungersi al fondo di 40 milioni di euro già messo a disposizione dal ministero per i beni e le attività culturali. Come spiega Mario Lorini, presidente Anec-Associazione nazionale esercenti cinema, il nuovo Dpcm avrà un impatto devastante sul settore, «ma è di assoluta importanza fugare il dubbio che la chiusura del comparto dello spettacolo non sia dovuta a criticità legate alla sicurezza che è invece in grado di garantire con livelli altissimi, ma sia un agnello sacrificale immolato per salvare altri settori che continuano, per il momento, a poter operare in regime di normalità, seppur con limitazioni. I dati di contagio nelle sale cinematografiche», prosegue Lorini, «confermano la assoluta massima sicurezza degli ambienti per i lavoratori e gli spettatori. La capacità di garantire distanziamento in sala durante gli spettacoli, negli accessi e nei deflussi, la misurazione della temperatura, i posti assegnati e il tracciamento di ogni cliente, fanno dei cinema uno dei posti più sicuri che fino ad oggi sono in attività. La chiusura imposta da lunedì 26 ottobre fa crollare tutto il lavoro svolto dalle singole imprese del settore nel dialogo con la propria clientela per condividere il concetto di assoluta sicurezza e nel tentativo di ristabilire un rapporto con il proprio pubblico. Occorre pertanto lavorare fin da subito per predisporre il piano della ripartenza, che dovrà avvenire al termine di questo periodo di quattro settimane, per un settore che vede nell’immediata riapertura il periodo di maggior appeal di tutto l’anno, le festività natalizie».
Ma i veri temi sono: quali film di un certo appeal verranno distribuiti in sala durante queste feste natalizie? E ci sarà qualcuno che avrà voglia di andare ancora al cinema in questo disgraziato 2020?
Claudio Plazzotta, ItaliaOggi