(Gemma Gaetani, medical LiberoQuotidiano) Qualche anno fa, unhealthy Tinto Brass dichiarò: «Alla fine ogni rivoluzione si riduce a un bagno di sangue e alla sostituzione di un potere con un altro. Ho preso le distanze da tutte le rivoluzioni. Salvo una, there quella sessuale». Non a caso, ha dedicato il secondo corso della sua carriera registica a farsi cantore dell’erotismo più carnale possibile. Ma la rivoluzione sessuale è ancora mal vista dalle carampane dedite a giudicare tutto con ideologia moralista, cinema compreso. È infatti uscito sul New York Post un articolo che pare redatto nel Medio Evo. E non si riferisce nemmeno al cinema erotico alla Tinto Brass, ma a quello mainstream.
Scrive Naomi Schaefer Riley: «La nudità artistica non è arte, ma voyeurismo e vendita di biglietti. Si tratta di “produttori liberali” che convincono le donne a spogliarsi. Le attrici hanno altra scelta?». Il tutto è preceduto dalla notizia che il regista Paul Verhoeven, la scorsa settimana, ha chiesto scusa ad Elizabeth Berkley per averla scelta, nel 1995, come protagonista del suo film Showgirls, storia di un’aspirante ballerina di Las Vegas che poi finisce a fare la spogliarellista allo strip club. «Con scene di nudo, sesso lesbo e leccate di pali, il film fu universalmente stroncato. La Berkley non sapeva che si sarebbe dovuta prestare ad un porno, che oltretutto le ha rovinato la carriera», scrive la Schaefer Riley. Che poi parte ad elencare note scene di film nei quali, a suo avviso, i nudi non erano necessari: Julianne Moore senza mutande in America Oggi, Glenn Close nuda sotto la doccia ne Il grande freddo. «C’è bisogno di un nudo totale per mostrare una donna che si dispera per la morte di un amico?», obietta convinta. Be’, considerato che la disperazione per quella morte suicidaria coglie Glenn Close mentre si sta facendo una doccia, sarebbe stato davvero poco logico che, prima di accucciarsi sul pavimento della doccia a piangere, fosse corsa a mettersi l’accappatoio. Quanto a Julianne Moore, probabilmente la Schaefer Riley non ha visto l’ultimo film di David Cronenberg, Maps To The Stars del 2014. Nel quale Julianne, cinquantaquattrenne – in America Oggi aveva 33 anni – non solo appare nuda, ma mentre fa sesso alla pecorina nella sua limousine col suo giovane autista Robert Pattinson, mentre fa un’orgia, mentre fa pipì in bagno… È credibile che sia stata costretta, che non avesse «altra scelta»?
Il nudo artistico, secondo la giornalista, non esiste. Peccato che questo concetto ipocrita del nudo solo se artistico sia stato inventato proprio da chi, come lei, non avendo il coraggio di difendere il nudo femminile e punto, tirò fuori la storia del «nudo per esigenze d’arte filmica». Secondo queste talebane del corpo della donna, non può esistere che una donna voglia e possa mostrarsi nuda e basta. Pensate se il personaggio di Basic Instinct, (sempre di Paul Verhoeven) fosse stato sviluppato come quello di una femme fatale che però si vestiva come un’educanda. Se nella scena del famoso interrogatorio con l’accavallamento di gambe senza slip, anziché il pube nudo della Stone avessimo visto un bel paio di mutandoni del Diciannovesimo Secolo. Che razza di credibilità avrebbe avuto il tumido personaggio di Catherine Trammell, la scrittrice sadica che al culmine dell’orgasmo accoltellava i suoi amanti con un punteruolo?
La Berkley, a causa di Showgirls, avrebbe avuto la carriera rovinata, dice la giornalista. Anche Demi Moore interpretò una spogliarellista in Striptease. Ciò non le impedì di recitare, dopo, in Soldato Jane o Charlie’s Angels. Brooke Shields nuotava nuda, quindicenne, in Laguna Blu e amoreggiava per tutto il film; sempre minorenne e ancor più piccola, era apparsa nuda in Pretty Baby. La sua carriera di attrice prosegue ancora oggi e non di certo ad interpretare vecchie bagasce ninfomani.
Pensate che mondo sarebbe quello sognato da queste frigide negazioniste del corpo della donna. Film, marciapiedi, stanze da letto piene di donne fiere d’esser belle, curate e sexy e uomini insensibili a quel fascino, che invece di ululare come Marcello Mastroianni davanti allo spogliarello di Sophia Loren in Ieri, oggi e domani, si coprono gli occhi invocando produttori – anche di vestiti, scarpe e lingerie – illiberali…
Il più basico istinto che unisce magneticamente uomo e donna è che la donna sia bella e l’uomo se ne compiaccia, perché si fa bella per lui. Per i suoi occhi. Bisognerebbe che noi donne non femministe cominciassimo a parlare del cervello di queste donne che vogliono coprire il nostro corpo col loro moralismo e con la loro ideologia. Che fondassimo il femminilismo, contro questo femminismo sempre più stupido e cianciante.