Brigitte Bardot compie 90 anni, auguri all’esuberante e sexy regina dell’immaginario collettivo

Brigitte Bardot compie 90 anni, auguri all’esuberante e sexy regina dell’immaginario collettivo

Con la sua straordinaria bellezza, un corpo quasi perfetto, un volto provocante dalla caratteristica espressione imbronciata e il suo ricercato spirito trasgressivo, Brigitte Bardot, che oggi festeggia i suoi 90 anni, ha conquistato un posto di rilievo nella storia del cinema e del costume. È diventata un’icona di una nuova femminilità, anticonvenzionale ed emancipata. La sua presenza nell’immaginario collettivo ha lasciato numerose tracce, tra cui il ritornello di un popolarissimo samba brasiliano che celebra il suo nome.

Nata a Parigi il 28 settembre 1934 in una famiglia borghese (il padre era l’industriale Louis ‘Pilou’ Bardot e la madre Anne-Marie Mucel), Brigitte studiò danza sin da bambina e iniziò a posare come modella in giovane età. A soli quindici anni conquistò la copertina della rivista femminile ‘Elle’, dove per la prima volta il suo nome apparve con le iniziali puntate, nella forma che sarebbe poi diventata il suo famoso soprannome (B.B., o Bébé, secondo la pronuncia francese).

La carriera di Brigitte fu subito notata da un collaboratore del regista Marc Allégret, il giovane aiuto regista Roger Vadim, che la introdusse nel mondo del cinema, mandandola da René Simon per lezioni di recitazione. Fu l’inizio di una relazione sentimentale, che presto si trasformò in un sodalizio artistico di successo. Il suo debutto cinematografico avvenne nel 1952 con ‘Le trou normand’ di Jean Boyer, lo stesso anno in cui, diventata maggiorenne, Brigitte poté sposare Vadim. In breve tempo, l’attrice conquistò una certa notorietà in Francia e all’estero, partecipando a numerosi film, inizialmente in ruoli secondari e poi come protagonista: ‘Manina ragazza senza veli’ (1952) di Willy Rozier, ‘Atto d’amore’ (1953) di Anatole Litvak, ‘Tradita’ (1954) di Mario Bonnard, ‘Il figlio di Caroline Cherie’ (1955) di Jean-Devaivre, ‘Ragazze folli’ (1955) di Marc Allégret, ‘Un dottore in altomare’ (1955) di Ralph Thomas, ‘Grandi manovre’ (1955) di René Clair.

Queste prime apparizioni, spesso incentrate sulla sua figura provocante (‘I tuoi occhi bruciano’ (1955) di Georges Lacombe e ‘Miss spogliarello’ (1956) di Allégret), suscitarono scandalo, preparando il terreno per la sua ascesa alla popolarità internazionale. Questo avvenne nel 1956 con ‘Et Dieu… créa la femme’ (1956; ‘Piace a troppi’ il titolo italiano), proprio sotto la direzione di Vadim al suo esordio da regista. Realizzato a colori e in cinemascope, il film fu un grande successo, dapprima negli Stati Uniti, dove il cinema si stava liberando dal moralistico codice Hays del 1930, e poi anche in Francia e nel resto d’Europa, dove la censura suscitò ulteriore curiosità nel pubblico (in Italia il film uscì, pesantemente tagliato, con due anni di ritardo e il divieto ai minori di 16 anni).

Al centro del racconto, ambientato nello scenario naturale di Saint Tropez, c’è il personaggio di Juliette, una ragazza orfana, dalla bellezza provocante e dai modi disinibiti, che cerca l’amore in una triplice relazione con il ricco Morin (Paull Faivre) e i fratelli Michel (Jean-Louis Trintignant) e Antoine Tardieu (Christian Marquand). L’atteggiamento spregiudicato e libero da tabù e condizionamenti morali che caratterizza Juliette delineava la figura femminile originale e profondamente ambivalente di una ‘nuova Eva’, capace di incarnare una tipica fantasia sessuale maschile, ma allo stesso tempo rappresentare i desideri di emancipazione emergenti nell’universo femminile. Fatalmente identificata con questa immagine, anche per lo stile di vita anticonformistico che l’attrice ostentava fuori dal set, nella seconda metà degli anni Cinquanta Brigitte Bardot fu chiamata a replicarla in una serie di commedie e melodrammi: ‘Una parigina’ (1957) di Michel Boisrond.

Gli amanti del chiaro di luna (1958) di Vadim, Femmina (1959) di Julien Duvivier, Babette va alla guerra (1959) di Christian-Jaque, e Sexy Girl (1959) di Michel Boisrond.

Gli aspetti più angoscianti del personaggio B.B. furono esaminati in due film che affrontano in chiave drammatica il tema classico della donna predatrice, il cui comportamento causa disordine sociale. In La ragazza del peccato (1958) di Claude Autant-Lara, Bardot è la ‘poco di buono’ che sfrutta tutti i mezzi seduttivi a sua disposizione (compreso un famoso spogliarello, poi censurato) per indurre l’avvocato che la difende (Jean Gabin) ad abbandonare la famiglia per seguirla. Due anni dopo, in La verità (1960) di Henri-George Clouzot, nel ruolo della ‘ragazza dai costumi liberi’, processata per aver ucciso il fidanzato della sorella dopo averlo sedotto, è soggetta a uno ‘spogliarello psicologico’, al termine del quale si rivela la vera natura di un’eroina romantica, destinata a soccombere di fronte alla condanna del senso comune.

Tra la fine degli anni Cinquanta e l’inizio degli anni Sessanta, il successo della Bardot raggiunse le dimensioni di un grande fenomeno divistico, per il quale in Francia fu coniato il termine ‘bardolâtrie’. Il suo tipico stile di vestire e acconciarsi (pantaloni aderenti e magliette attillate), che sanciva l’avvento del prêt-à-porter, veniva imitato dalle ragazze di tutto il mondo. E mentre il valore della sua immagine veniva paragonato a quello delle esportazioni della Renault sulla bilancia commerciale della Francia, le movimentate vicende della sua vita sentimentale, scandita da matrimoni e divorzi, crisi depressive e nuove relazioni, riempivano le pagine dei quotidiani e delle riviste scandalistiche.

Travalicando i confini del fenomeno cinematografico, il personaggio B.B. attirò anche l’attenzione di scrittori e filosofi. Nel 1959, Simone de Beauvoir pubblicò un saggio in cui la figura dell’attrice, interpretata alla luce della ‘sindrome di Lolita‘, con riferimento al personaggio letterario creato qualche anno prima da Vladimir Nabokov, veniva colta nella sua intrinseca ambiguità, come incarnazione moderna dell’eterno femminino.

Nel frattempo, la diva recitò in altri due film commerciali di Vadim: A briglia sciolta (1961) e Il riposo del guerriero (1962). Fanno eccezione i due film che interpretò per Louis Malle e Jean-Luc Godard. Ispirandosi alla vicenda biografica dell’attrice, segnata da un rapporto sempre più conflittuale con la propria immagine pubblica, Malle la chiamò a recitare in Vita privata (1962), film ambientato a Spoleto, in cui si racconta la storia di una giovane diva in crisi di identità, che cerca di ricostruirsi una vita normale attraverso una relazione con un intellettuale italiano (Marcello Mastroianni).

In maniera più sottilmente ironica, la sua immagine fu impiegata da Godard in Il disprezzo (1963), tratto dall’omonimo romanzo di Alberto Moravia: nel ruolo di Camille, la giovane moglie di uno sceneggiatore (Michel Piccoli) che inizia a provare un sincero, improvviso ma non immotivato disprezzo per suo marito, l’ormai mitico broncio della Bardot viene ‘sublimato’, ma al tempo stesso smitizzato, come il corpo dell’attrice, canonicamente ripreso in cinemascope, nello scenario naturale di Capri, e metaforicamente ucciso nel tragico finale.

Dalla metà degli anni Sessanta, mentre iniziava a dedicarsi con successo alla musica pop, la sua carriera cinematografica andò progressivamente declinando. Dopo Una adorabile idiota (1964) di Édouard Molinaro, Dear Brigitte (1965; Erasmo il lentigginoso) di Henry Koster, in cui la Bardot interpreta ancora una volta sé stessa, e Viva Maria (1965), western farsesco di Malle, giocato sul contrasto tra la sensualità fisica della Bardot e il fascino cerebrale di Jeanne Moreau, seguirono una decina di apparizioni. Godard le affidò un altro ruolo, questa volta secondario, in Il maschio e la femmina (1966).

La volle di nuovo come protagonista in uno dei tre episodi di ‘Tre passi nel delirio’ (1968). La sua carriera si chiuse di fatto con ‘Una donna come me’ (1973), seguito ideale di ‘Et Dieu… créa la femme’, diretto sempre da Vadim.

Nel ruolo di un Don Giovanni al femminile, la Bardot dimostrò di poter ancora catturare l’attenzione del pubblico maschile; ma nonostante le scene di nudo abbastanza esplicite, il film non destò scandalo, a dimostrazione che la società e il cosiddetto comune senso del pudore erano ormai cambiati, anche per effetto dei suoi film. Nel 1974, all’età di quarant’anni, Brigitte annunciò il suo ritiro dalle scene. Da allora si è dedicata alla difesa dei diritti degli animali.

Nel 1996 ha pubblicato il libro di memorie ‘Mi chiamano B.B.’ (in italiano tradotto da Bompiani).

Amori e flirt

Gli amori e i flirt di B.B. hanno riempito per decenni le cronache rosa. A 16 anni si innamora del regista Roger Vadim con il quale si sposa nel 1952, ma la storia finirà con una separazione qualche anno dopo. Nel 1956 ha una storia con l’attore Jean-Louis Trintignant, ma il servizio di leva di lui metterà in crisi la storia.

Nel 1957 finisce la relazione con Trintignant e ottiene il divorzio da Vadim e al tempo stesso inizia anche una storia segreta con il cantante Gilbert Bécaud, ma la relazione diventa molto complicata e finirà presto. Successivamente ha un flirt con l’attore Raf Vallone e tra il 1958 e il 1959 vive una storia d’amore con Sacha Distel, che contribuisce ad accrescere la popolarità del cantante francese, visto che i due erano inseguiti dai paparazzi e dalla stampa mondiale.

Nel 1959 si sposa con l’attore Jacques Charrier, dal quale ha suo figlio Nicolas-Jacques Charrier. In questo periodo l’attrice è sotto il mirino dei paparazzi che controllano ogni aspetto della sua vita, causandole gravissimi problemi, con tentativi di suicidio tra la fine degli anni Cinquanta e inizio anni Sessanta.

Divorzia da Charrier nel 1962 e durante le riprese del film ‘La verità’ stringe un legame con Sami Frey. Nel 1966 sposa il ricco playboy tedesco Gunter Sachs dal quale divorzia nel 1969. Ha anche una relazione con il cantante Serge Gainsbourg, mentre nell’estate del 1968 ha una storia con l’attore e playboy Gigi Rizzi.

Dopo il divorzio con Sachs, Brigitte si risposa solo nel 1992 con Bernard d’Ormale, un politico del Fronte Nazionale, rivelandosi una delle sue storie matrimoniali più lunghe.

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