È stato uno degli attori più giovani a vincere l’Oscar, nel 1995 con «Via da Las Vegas». Volto simbolo del cinema tra gli anni Ottanta e i Novanta, ha recitato in circa 117 film, tra i più famosi «Stregata dalla luna», «Face/Off», «Le ali della libertà», «Ghost Rider» e il sequel nel 2012.
Ha dissipato tutto. Successo, talento, soldi, amori.
L’ultima caduta nella polvere a Las Vegas, dove Nicolas Cage, attore e nipote del leggendario regista Francis Ford Coppola, è stato cacciato via come un qualunque «homeless» da Lawry’s The Prime Rib, una lussuosa steak house poco lontano dalla Stripe: 4,2 miglia (6,8 km) di luci, hotel-casinò, teatri e locali notturni che attraversano major road la Las Vegas Valley, in Nevada. L’attore — secondo le testimonianze — era talmente sbronzo da non riuscire nemmeno a infilare ai piedi le infradito che completavano in suo abbigliamento: t-shirt nera e pantaloni leopardati.
Cage è stato scortato fuori dal locale da una gentile signorina, mentre le telecamere di sorveglianza riprendevano impietose le urla, gli insulti e le minacce rivolte dal divo agli astanti. «Sembrava un senzatetto» ha commentato un testimone della scena. Sporco, malvestito, ubriaco perso. Una triste parabola per un attore dalla carriera fiammeggiante. Bruciato forse dalla sua stessa luce. Del resto proprio lui aveva dichiarato: «Non andrò mai in pensione, il lavoro è l’unica cosa che mi aiuta a tenermi lontano dai guai».
Il suo ultimo film è del 2021, «Pig – Il piano di Rob», regia di Michael Sarnoski. Ma evidentemente non è bastato a impedirgli di fare danno, in primis a sé stesso.
Una vita tormentata quella del divo, fatta di eccessi e alcol, passato da essere uno degli attori più pagati del mondo — circa 40 milioni di dollari guadagnati all’anno all’apice del successo — alla quasi bancarotta finanziaria per aver sperperato buona parte della sua fortuna non solo collezionando auto (tra cui oltre 50 rarità, come una Lamborghini un tempo di proprietà dello scià Mohammad Reza Pahlavi e una Jaguar D-Type del 1955), jet privati, yacht, gioielli, proprietà immobiliari e opere d’arte, status symbol degli ultra-ricchi di tutto il pianeta, ma anche una collezione di fumetti del valore di svariati milioni di euro, e uno zoo di animali tra cui uno squalo, un coccodrillo e un certo numero di cani di razza serviti da una serie di maggiordomi assunti appositamente per loro. L’attore possedeva anche un polpo domestico acquistato per 150 mila dollari, e una coppia di cobra albini, Moby e Sheba, del valore di un quarto di milione di dollari.
Celebri le feste «alla Gatsby» organizzate nelle sue varie residenze per gli amici di Hollywood. Party che il miliardario Hugh Hefner, uno che per cinque decenni si è svegliato nella sua enorme villa circondato da discinte «conigliette», definiva«roba da leggenda». Senza dimenticare donazioni e raccolte fondi per i quali «Forbes» lo mise nella lista degli attori più generosi al mondo.
Anche in amore Cage non è stato fortunato: cinque matrimoni (da cui ha avuto due figli), di cui quattro andati disperatamente a rotoli.
L’ultima compagna del divo in ordine di tempo – a 57 anni- è Riko Shibata, 26 anni, incontrata in Giappone nel 2020. Si sono sposati con una cerimonia intima il 16 febbraio di quest’anno al Wynn Hotel di Las Vegas. La prima moglie di Cage è stata l’attrice premio Oscar Patricia Arquette, sposata nel 1995: si sono separati nel 2001. L’attore si è risposato nel 2002 con Lise Marie Presley, figlia del grande «Elvis the Pelvis», il re del rock’n’roll, dalla quale si è separato dopo tre mesi (il divorzio è stato finalizzato nel 2004). A oggi, il matrimonio più lungo di Cage è stato quello con Alice Kim, un’ex cameriera incontrata nel 2004 in un ristorante dove lavorava quando aveva solo 19 anni: nonostante la differenza di età di 20 anni, la coppia si è sposata due mesi dopo e il 3 ottobre 2005 ha avuto un figlio, Kal-El, dal nome di nascita di Superman (Cage è anche papà di Weston, nato nel 1990 dalla sua relazione con Christina Fulton). Il più breve, con Erika Koike, è durato quattro giorni.
Laura Zangarini, corriere.it