Una storia senza nome / L’indagine di Andò su cinema e verità che traccia un solco

Una storia senza nome / L’indagine di Andò su cinema e verità che traccia un solco

Il film di Roberto Andò con Micaela Ramazzotti e Alessandro Gassmann, presentato al Festival di Venezia 2018, indaga sulla verità e sul cinema.

Un mix di generi cinematografici, la verità e la finzione, il tema del doppio e una storia al femminile: possiamo riassumere brevemente così Una storia senza nome, ultima fatica di Roberto Andò. Il film, presentato fuori concorso al Festival di Venezia 2018, narra la storia di Valeria Tramonti (Micaela Ramazzotti), timida segretaria del produttore Vitelli (Antonio Catania), che vive a pochi passi dalla madre (Laura Morante) ed è innamorata dello sceneggiatore Alessandro Pes (Alessandro Gassmann). L’affascinante ma riservata donna è la sua ghost writer e la sua esistenza viene stravolta dall’incontro con l’anziano Rak (Renato Carpentieri): poliziotto in pensione, il misterioso uomo le offre una storia irresistibile da trasformare in film, a patto che non sia lei a comparirne come autrice. La trama arriva dal furto della Natività di Caravaggio, tela rapinata dalla mafia dall’Oratorio di San Lorenzo a Palermo nel 1969 e mai ritrovata. Una storia che la criminalità organizzata non ha alcun interesse a divulgare e tra i produttori del film ci sarà Diego Spatafora (Gaetano Bruno), affiliato a Cosa Nostra…

Come dicevamo, Roberto Andò ha tratto spunto da un fatto di cronaca realmente accaduto: parliamo del furto commissionato dalla mafia siciliana de la Natività con i santi Lorenzo e Francesco d’Assisi del Caravaggio, avvenuto nella notte tra il 17 e il 18 ottobre del 1969. E nel corso degli anni i collaboratori di giustizia hanno dato versioni totalmente opposte e contrastanti sulla tela: c’è chi ha detto che venne seppellita nelle campagne di Palermo insieme a cinque chili di cocaina e ad alcuni milioni di dollari e chi ha sostenuto che venne distrutta perché danneggiata irrimediabilmente, senza dimenticare la deposizione del pentito Gaspare Spatuzza, secondo il quale sarebbe stata bruciata perché rosicchiata da topi e maiali. E la verità non è mai venuta a galla: questo accomuna il destino del dipinto del Caravaggio e il film del regista siciliano, che gioca sulla finzione e sulle mille sfaccettature dell’identità dell’uomo.

Il mistero e l’ambiguità attanagliano lo spettatore per tutto il film, con la trama di Una storia senza nome che colpisce per spunti narrativi e per la capacità di non cadere nell’inverosimile o nel già visto. Il cast è ben assortito, con il misterioso Renato Carpentieri e il cialtronesco Alessandro Gassmann che spiccano per bravura. Il gusto estetico della regia di Andò conferisce il tocco artistico necessario per la storia raccontata, con uno straordinario utilizzo della macchina da presa, che segue da vicino l’onnipresente Micaela Ramazzotti e le sue peripezie. Registriamo un altro interessante aspetto: rispetto a Le Confessioni e ai lavori precedenti, il regista sembra abbandonare la strada del cinema colto ed elitario, avvicinandosi sempre di più alla cultura pop. Una scelta vincente, con Una storia senza nome che traccia un solco nel genere thriller, tra commedia e mistery…

Recensione di Carmine Massimo Balsamo

Il Sussidiario

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