Brian Eno, ForeverAndEverNoMore invita a combattere il futuro precario

Brian Eno, ForeverAndEverNoMore invita a combattere il futuro precario

L’album, che uscirà il 14 ottobre, è anticipato dal brano There Were Bells, scritto dall’artista per una esibizione insieme a suo fratello Roger presso l’Acropoli di Atene, patrimonio mondiale dell’UNESCO, nell’agosto del 2021 

Brian Eno pubblicherà il suo 22mo album in studio ForeverAndEverNoMore il 14 ottobre in vinile, CD e in digitale, incluso Dolby Atmos. Il disco, composto da 10 tracce, è stato realizzato nel suo studio di Londra. Brian canta nella maggior parte dei brani per la prima volta in un album dopo Another Day On Earth del 2005. Intanto esce il brano There Were Bells, scritto da Brian Eno per un’esibizione insieme a suo fratello Roger presso l’Acropoli di Atene, patrimonio mondiale dell’UNESCO, nell’agosto del 2021 (e da cui è tratto il video musicale). Il giorno del concerto c’erano 45 gradi e gli incendi imperversavano appena fuori città, tanto da indurre Brian Eno a commentare: “Ho pensato: siamo nel luogo di nascita della civiltà occidentale e probabilmente stiamo assistendo alla sua fine”. There Were Bells è uno struggente richiamo sull’attuale emergenza climatica, un tema che viene esplorato in tutto l’album: “Come tutti – tranne, a quanto pare, la maggior parte dei governi del mondo – ho pensato al nostro futuro precario e limitato, e questa musica è nata da tali pensieri. Forse è più corretto dire che ho provato dei sentimenti… e la musica è nata da quei sentimenti. Quelli di noi che condividono questi sentimenti sono consapevoli che il mondo sta cambiando a una velocità rapidissima e che ampie parti di esso stanno scomparendo per sempre… da qui il titolo dell’album”.

Così Brian Eno parla di ForeverAndEverNoMore: “Non sono canzoni di propaganda per dirvi a cosa credere e come agire. Sono piuttosto la personale esplorazione dei miei sentimenti. La speranza è che invitino voi, gli ascoltatori, a condividere queste esperienze ed esplorazioni. Mi ci è voluto molto tempo per abbracciare l’idea che noi artisti siamo in realtà dei mercanti di sentimenti. I sentimenti sono soggettivi. La scienza li evita perché sono difficili da quantificare e confrontare. Ma i “sentimenti” sono l’inizio dei pensieri e anche i loro accompagnatori a lungo termine. Le sensazioni sono la reazione di tutto il corpo, spesso prima che il cervello cosciente si metta in moto, e spesso con una lente ampia che comprende più di quanto il cervello sia coscientemente consapevole. L’arte è il luogo in cui iniziamo a prendere confidenza con questi sentimenti, in cui li notiamo e impariamo da essi, impariamo cosa ci piace e cosa non ci piace, e da lì iniziano a trasformarsi in pensieri attuabili. I bambini imparano attraverso il gioco; gli adulti giocano attraverso l’arte. L’arte offre lo spazio per provare sentimenti, ma è dotata di un interruttore di spegnimento: si può chiudere il libro o lasciare la galleria. L’arte è un luogo sicuro per sperimentare i sentimenti, quelli gioiosi e quelli difficili.  A volte questi sentimenti riguardano cose che desideriamo, altre volte riguardano cose che vorremmo evitare. Sono sempre più convinto che l’unica speranza di salvare il nostro pianeta sia che iniziamo a provare sentimenti diversi nei suoi confronti: forse se ci reinnamorassimo di nuovo dell’incredibile improbabilità della vita; forse se provassimo rammarico e persino vergogna per ciò che abbiamo già perso; forse se ci sentissimo esaltati dalle sfide che dobbiamo affrontare e da ciò che potrebbe ancora diventare possibile. In breve, dobbiamo innamorarci di nuovo, ma questa volta della Natura, della Civiltà e delle nostre speranze per il futuro”.

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