Il doodle di Google ricorda Krzysztof Kieslowski, il grande regista polacco

Il doodle di Google ricorda Krzysztof Kieslowski, il grande regista polacco

Un doodle di Google celebra gli ottanta anni dalla nascita a Varsavia (il 27 giugno del 1941) di Krzysztof Kieslowski, il grande regista polacco, scomparso prematuramente il 13 marzo del 1996.

Un titano del cinema e del pensiero (di Giorgio Gosetti) – Non hanno mai molto senso le graduatorie di merito, al cinema come altrove. Ma chi ne volesse stilare una sui grandi maestri del cinema contemporaneo metterebbe di certo il regista polacco Krzysztof Kieslowski ben alto sul podio, forse al primo posto.

Nato a Varsavia il 27 giugno del 1941, diplomato a Lodz nel 1969 e fin da subito riconosciuto come uno dei grandi innovatori del linguaggio e dello stile nel cinema documentario e in quello televisivo, Kieslowski e’ rimasto a lungo un autore lontano dai riflettori del successo. Eppure le sue opere degli anni ’70, da ”Personel” (1974) a ”Amator” (1979) fino a ”Senza fine” (1984), oggi riscoperte come autentici capolavori erano gia’ ben note e apprezzate dagli studiosi del cinema dell’est.

Personalita’ appartata, uomo schivo eppure pronto ad assumersi responsabilita’ organizzative e politiche (e’ stato vice- presidente dei cineasti polacchi dal 1978 all”81), Kieslowski non fece mai mistero delle sue simpatie libertarie, della sua attenzione per il sociale ed il politico, sempre filtrate attraverso la grande lezione dell’etica e della riflessione solitaria. Dopo la folgorazione di ”Breve film sull’uccidere” che nel 1987 gli valse l’applauso internazionale, fu la titanica opera articolata nei dieci capitoli del ”Decalogo” (1987-1989) a trasformarlo in un maestro consacrato e inimitabile. Successo ribadito da ”La doppia vita di Veronica’‘ (premio a Cannes nel 1991) e dalla seconda trilogia ”Tre colori”.

Che cosa facesse l’arte di Krzysztof Kieslowski e’ facile e difficile da dire contemporaneamente. Di certo lo sguardo secco, spoglio fino alla sintesi retorica dello stile con cui trasformava vicende personali al limite del quotidiano in folgoranti apologhi sul senso della vita e dell’esistenza umana. Ma anche la concezione strutturale del suo lavoro, pensato come una serie di grandi arcate, quasi un’architettura sul significato del caso nella vita dell’uomo, che si fece esplicita nelle due opere a capitoli concepite insieme allo sceneggiatore di sempre, l’ex avvocato Krzysztof Piesiewicz. Dal memorabile primo capitolo del ”Decalogo” fino al gioco del caso ne ”La doppia vita di Veronica”, da ”Breve film sull’amore” fino ai temi della morte, della passione e del dolore di ”Film blu” (leone d’oro a Venezia), ”Film bianco” (Orso oro a Berlino) e ”Film rosso” (ingiustamente dimenticato dalla giuria di Cannes) si individua un unico tracciato di rara coerenza. Spesso il nome di Kieslowski e’ stato associato a un’idea cattolica dell’uomo e certo il regista si e’ confrontato di frequente con l’attrazione del trascendente. Basti pensare al progetto di sceneggiatura a cui stava lavorando prima della morte, una nuova trilogia sui tre momenti della ”Commedia”, da Paradiso a Purgatorio, a Inferno.

Ma si tratta di una visione limitativa per un genio del pensiero moderno che nell’etica e nella fede leggeva il grande enigma del caso a cui nessun uomo puo’ sfuggire, soprattutto nel dubbio. Quasi seguendo un presagio della fine possibile, avvertendo il vuoto di un’esperienza professionale e creativa che aveva gia’ toccato le corde piu’ profonde della sua umanita’, Kieslowski aveva deciso di abbandonare la regia gia’ durante le riprese della trilogia dei ”Tre colori”. Ne’ il successo incondizionato, ne’ la voglia di rivincita dopo la contrastata accoglienza di ”Film rosso” gli avevano fatto cambiare idea. Ma non per questo aveva smesso di lavorare, incurante della crisi cardiaca della scorsa estate e dell’operazione al cuore che aveva deciso da tempo e che ora gli e’ stata fatale. Uomo buono e di energia inesauribile, fumatore accanito, osservatore ironico e partecipe del suo paese e della decadenza del mondo contemporaneo, Krzysztof Kieslowski aveva trascorso gli ultimi anni a Parigi ed era stato spesso in Italia, fino al seminario tenuto a Torino appena poche settimane fa. Molti oggi ne ricordano la tenerezza, frustrata dall’apparente distacco, l’intima timidezza che si leggeva dietro lo sguardo sorridente negli occhi chiari e come velati di nostalgia.

 Ma e’ piu’ giusto ripensare alla sua intelligenza cartesiana, al suo rovello interiore da intellettuale e non solo da artista, al rispetto del ”mestiere” che gli fece sempre da guida. Conosceva bene il cinema e si appassioanva per il lavoro dei giovani; attingeva per il suo lavoro dalla grande scuola del cinema slavo ma anche da Alfred Hitchcock, puntava sempre alla perfezione dicendo ”ogni inquadratura sprecata o inutile e’ il segno di una mancanza di idee. A questo un regista si deve ribellare, sempre”.

In 40 opere il suo inno all’amore- Ventitre film, un ”decalogo”, 17 cortometraggi, un leone d’oro al festival di Venezia e una trilogia-capolavoro per dire addio al pubblico. E’ riassumibile in queste cifre la vicenda artistica e biografica di Krzysztof Kieslowki, il maestro polacco del cinema scomparso oggi a Varsavia, considerato l’allievo e l’erede di Vaida e Zanussi. Kieslowki era da tempo malato di cuore. La malattia e l’ esigenza di accomiatarsi dal cinema avevano fatto da filo conduttore a quello che e’ considerato il suo capolavoro, la ”Trilogia del colore”, girata in Francia tra il ’92 e ’93. ”Film Blu” (Leone d’oro a Venezia nel ’93), ”Film Bianco” (Orso d’Argento a Berlino nel ’94) e ”Film Rosso”, acclamati in tutto il mondo, rappresentano l’apice espressivo di una carriera dedicata alla ricerca dell’amore e della spiritualita’ tra le pieghe del vivere contemporaneo. Intellettuale non schierato col regime comunista, dalle forti radici cristiane, Kieslowki e’stato tra i primi a rendersi conto delle contraddizioni della ”nuova liberta”’ seguita in Polonia alla caduta dell’Urss. Emblematica in questo senso e’ l’opera che lo ha rivelato al pubblico occidentale, il Decalogo, dieci film per la tv, ciascuno su di un comandamento, in cui Kieslowki va alla ricerca di residui di spiritualita’ tra le pieghe di una societa’ inaridita dalla ricerca del piacere. L’episodio ”Non uccidere” fu premiato a Cannes nel 1988.

Il ”periodo d’oro” di Kieslowki e’ completato nel 1991 da un altro grande film, ”La doppia vita di Veronica”, in cui il regista denuncia le drammatiche differenze di condizioni di vita, e soprattutto di opportunita’ future, tra Oriente e Occidente d’Europa dopo la caduta del muro, attraverso il racconto in forma di thriller della vita parallela di una giovane della provincia francese e di una ragazza di Varsavia. Kieslowski aveva dato l’annuncio del suo ritiro dal cinema al Festival di Venezia del ’93. Nell’agosto scorso il regista era stato a lungo ricoverato in un ospedale polacco specializzato in malattie interne.

ansa.it

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