Vasco, 40 anni di “fronte del palco”

Vasco, 40 anni di “fronte del palco”

Il 1 luglio a Modena il rocker torna da dove era partito

La festa non è esattamente per pochi intimi. L’invito è stato mandato a tutti e in 220 mila hanno risposto ‘sì’. La combriccola del Blasco, agli ordini del Komandante Rossi si sta muovendo per arrivare puntuale all’appuntamento del 1 luglio al Modena Park. Una festa unica, irrinunciabile e irripetibile con la quale Vasco Rossi a 65 anni festeggia i suoi primi 40 anni di “fronte del palco”. I ‘primi’.
Già, perché lui ha già fatto sapere che questo è solo l’inizio e che di fermarsi non ha nessuna intenzione. Non lo hanno fermato le difficoltà degli inizi, come non lo hanno fatto i guai fisici degli ultimi anni.
A guardarsi indietro, la strada percorsa è stata tanta e lunga, lunghissima da quel 1977, anno in cui uscì il primo singolo: Jenny e Silvia. Prove generali di cantautorato, per lui che è cresciuto tra i cantautori e i Rolling Stones, ben lontano da quella che sarà poi la svolta rock successiva. Giocando con i titoli, si potrebbe dire che la colpa è di Alfredo (l’album Colpa d’Alfredo esce nel 1980) e del disco che segna il passaggio da cantautore a “provocautore”. Una forza, e anche una violenza, maggiori anche per difendersi dal pubblico che fatica ad accettarlo, dalla critica che stenta a comprenderlo. Il successo è ancora lontano. E Vasco è stretto in un conflitto interiore tra il desiderio e “la paura di salire sul palco”.
Ma di lì a poco, con il quarto album Siamo solo noi del 1981, le cose cambiamo e, anche grazie al passaparola, inizia la scalata di una montagna che il Kom domina ormai da più di 30 anni. Dal punto più alto, senza aver mai avuto paura di cadere giù. Senza compromessi, con la libertà di non aver “mai scritto per compiacere nessuno”. Buca, Vasco, con il suo linguaggio nuovo, immediato, che fa alzare il sopracciglio ai benpensanti.
Finendo in qualche caso anche nelle maglie della censura.
Ma il viaggio ormai è iniziato. E come la maggior parte degli astri nascenti, tappa obbligata diventa il festival di Sanremo. Anno 1982, brano Vado al massimo. E poi 1983 con Vita Spericolata, due dei brani più conosciuti di Vasco. Ma questo lo sappiamo oggi, a 25 anni di distanza. A quel tempo le due partecipazioni delusero le aspettative del cantante, che rimase fuori dalle posizioni di alta classifica per entrare direttamente in quella dei classici italiani. E al festival non rimase più piede se non da ospite. Tra l’84 e l’89 anni cruciali: tra alti e bassi (la droga, il carcere), Rossi consolida il successo con altri 3 album: Cosa succede in città (’85), C’è chi dice no (’87) e Liberi Liberi (’89). Le sue canzoni diventano inni generazionali perché “c’è un po’ di Vasco in ognuno di noi”. Palasport e arene cominciano a diventare strette per la folla che ormai lo segue. E nel 1990 arriva la consacrazione a rockstar e inizia l’era degli stadi, con due sold out a San Siro e al Flaminio di Roma. In Italia, è Vasco il re incontrastato degli stadi, suo il record dei 4 stadi consecutivi per città: prima nel 2011 a Milano, poi nel 2016 all’Olimpico di Roma.
Nel frattempo, insieme al numero di fan, cresce anche la sua maturità artistica. Asciuga il suo stile, va per sottrazione, lasciando a chi ascolta libertà di fantasia e di interpretazione. Ora, da quella ragazza che prima di andare via con Alfredo gli aveva chiesto di essere accompagnata “fuori Modena, Modena Park“, la storia di Vasco torna esattamente dov’era partita. Con un record mondiale in tasca: quello del più alto numero di spettatori paganti per un singolo concerto.

ANSA

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