A Milano, nel 2020 a Vegas, domenica alle urne per Lib Dems
Da ‘Englishman In New York‘ a ‘Roxanne‘, ci sono tutti i suoi brani più celebri in ‘My songs‘, l’album in cui Sting rilegge canzoni che “sono il paesaggio della mia vita, ma anche – dice lui, di passaggio a Milano dove si è esibito in piazza Duomo per Radio Italia – di quella di tanti altri”. “Oggi un italiano mi ha detto che lui e la moglie si sono innamorati ascoltando ‘Every breathe you take’, ma c’è anche chi ricorda un mio brano perché ha accompagnato il funerale di uno zio, mi piace – spiega – l’idea di creare una cornice per i ricordi, credo che abbia un valore al di là delle classifiche”.
Così, in un mondo musicale dominato dallo streaming, dove le canzoni – dice – si consumano come un caffè, lui ha voluto costruire una cornice intorno ai suoi brani più famosi, andando a raccontare, nelle note dell’album, dove e come sono nati. ‘If you love somebody set them free‘ per esempio è stata scritta nel 1985 in una casa ad Hampstead, Londra, dove succedevano cose talmente strane che “temevo – ricorda divertito – fosse abitata dai fantasmi”. Anche il progetto dell’album ha una sua storia: “mi avevano chiesto di suonare ‘Brand new day’ a capodanno a Times Square e ho pensato di rivederla per darle un sound più contemporaneo, il giorno dopo era nella top ten di Itunes e mi è venuta voglia di divertirmi a rivedere le mie canzoni più note in questa chiave”. Un gioco cui Sting invita anche i suoi ascoltatori a partecipare, confrontando le versioni originali e quelle di oggi dei vari brani per trovare le differenze.
Affinità e somiglianze saltano all’occhio più con i brani dell’epoca Police che con quelli da solista: “è vero, mi sono preso più libertà con i miei pezzi, ma – spiega – non c’è un motivo preciso, credo che a parte le modalità di registrazione ciò che è cambiato di più nel tempo sia la mia voce, che oggi ha più sfumature e riesce meglio a raccontare storie”. Negli anni, è mutato anche l’approccio: “da giovane hai più energia, lavori più di istinto, forse era più facile”. Eppure da ‘The last ship‘ alla collaborazione con Shaggy, Sting non si è mai fermato: appena finito il tour con il collega giamaicano, è già pronto a partire per i concerti legati a ‘My songs’, che lo porteranno il 29 luglio al Lucca Summer Festival e il 30 a Padova. L’anno prossimo, invece, sarà a Las Vegas per una ‘residency’ al Ceasar’s palace: “ho passato anni in tour di città in città e non avevo mai accettato ma ora sono pronto: questa volta sarò io fermo e verrà gente da tutto il mondo a vedermi”.
C’è una prima volta per tutto, anche alle urne: “ho votato per la prima volta i liberal-democratici, ho sempre votato laburista, perché sono di estrazione ‘working class’, ma il mio partito è sparito, comunque non sono scoraggiato perché sono andati a votare in tanti e questo è un buon segnale. Io sono per il ‘Remain‘ perchè è vero che l’Europa va riformata, ma per farlo bisogna rimanere al tavolo, lasciarlo è da pazzi. E poi la vera sfida è il cambiamento climatico e nessuno può pensare di affrontarlo da solo. A chi è contro l’Europa mi viene da dire una cosa: non dimentichiamo che sono 70 anni che abbiamo la pace e che io non ho dovuto sparare a un tedesco, ma mio padre e mio nonno purtroppo sì”. Che il suo cuore sia con la working class lo sanno gli operai della Bekaert di Figline Valdarno, in provincia di Firenze, che ha sostenuto andando a suonare al loro presidio, ma anche quelli della Gm di Toronto, cui ha portato in fabbrica l’opera ‘The last ship‘, creando talmente risonanza che l’azienda ha deciso di non chiudere più lo stabilimento.
Ansa.it