Dalle carte di Anthony Burgess spunta un dattiloscritto di duecento pagine intitolato «The Clockwork Condition»
Per dirla come l’avrebbe detto Alex, il più irriverente e ultraviolento dei suoi irriverenti e ultraviolenti personaggi: «Su cosa si è lambiccato il gulliver Antony Burgess, nella sua casa italiana, sul lago di Bracciano dopo che Arancia meccanica era stato trasformato da Kubrick in un successo planetario?».Ora lo sappiamo con certezza: lo scrittore si dedicò a un seguito proprio del suo romanzo Arancia meccanica (nell’originale: A Clockwork Orange). Il dattiloscritto perduto, lungo duecento pagine, è intitolato The Clockwork Condition è stato trovato nelle carte che nel 1993 (anno della morte dello scrittore) furono trasferite a Manchester, dove oggi ha sede dell’International Anthony Burgess Foundation e dove ora è stato riscoperto l’inedito e catalogato in vista di una futura pubblicazione.Il testo, come ha spiegato alla Bbc Andrew Biswell, docente di letteratura all’università di Manchester, si interrompe bruscamente e quindi quasi sicuramente è stato abbandonato da Burgess. Il libro non è un romanzo, piuttosto una narrazione a metà tra l’autobiografico e il filosofico. Dopo l’adattamento cinematografico di Kubrick (del 1971) scoppiarono fortissime polemiche e la pellicola fu accusata anche di aver ispirato criminali reali a copiare gli omicidi dei «drughi».The Clockwork Condition era il tentativo di Burgess di allargare il ragionamento sulla condizione umana portato avanti nel film e nel romanzo. Spiegano gli accademici che hanno visionato le carte (il dattiloscritto è chiosato da moltissime correzioni a penna) che secondo Burgess gli anni Settanta erano «un inferno ad orologeria» nei quali gli esseri umani stavano per essere ridotti a semplici ingranaggi dentro una macchina. Una sorta di inferno meccanico che Burgess avrebbe voluto descrivere seguendo le orme di Dante.In uno dei capitoli è anche spiegato come è nato il titolo del romanzo scritto nel 1961. Una gestazione lunga visto che all’origine c’è una frase sentita in un pub nel 1945 e pronunciata da un vecchio londinese: «Quel tizio è matto come un’arancia a orologeria». Come spiegò Burgess: «Per vent’anni ho pensato di utilizzare quel termine come titolo per qualcosa. Ogni tanto sentivo ripetere quella frase da qualche vecchio londinese, nei pub, in metropolitana… Erano sempre persone anziane e così l’idea ha preso corpo nel voler mischiare qualcosa di tradizionale con qualcosa di bizzarramente tecnologico. L’opportunità di utilizzare davvero l’espressione si è poi materializzata quando ho concepito l’idea di scrivere un romanzo sul lavaggio del cervello».Come mai il lavoro di Burgess si è poi di colpo interrotto? Difficile dirlo l’unico accenno fatto dallo scrittore al testo risale a una intervista del 1975 in cui Burgess dice di aver abbandonato l’idea di portarlo a termine. Secondo il professor Biswell «Burgess si rese probabilmente conto che un libro del genere era al di sopra delle proprie forz. Era un romanziere non un filosofo. Provò a ripiegare su un diario intitolato The Year of the Clockwork Orange ma abbandonò anche quel progetto».Ora però è possibile che il pubblico possa leggere l’inedito. Infatti si sta ragionando su una pubblicazione: «Non è completo, ma è una testimonianza eccezionale sul lavoro di Burgess. È una stesura succosa», dice chi lo ha visto.
Matteo Sacchi, ilgiornale.it