Nascosta dietro occhiali da sole e mascherina, l’autrice di Paprika non vuole essere considerata una semplice rapper
In un ambiente discografico rivoluzionato in cui sempre meno spazio trovano le donne, Myss Keta rappresenta la più stravagante delle eccezioni. È una rapper si, ma considerarla solo una rapper sarebbe decisamente riduttivo; Myss Keta è una sorta di Jessica Rabbit della musica italiana, solo che la moglie del coniglio Roger difendeva il suo fare evidentemente provocatorio sostenendo che la colpa fosse di chi l’aveva disegnata. Myss Keta invece si è disegnata da sola.Un progetto, insomma, nel vero senso della parola, nascosto dietro l’anonimato, dietro occhiali da sole enormi e mascherina, un modo di prendere la mira per colpire il bersaglio ed utilizzare come arma d’assalto la musica, la messa in scena, l’estremismo di un personaggio che ci azzarderemmo a definire quasi necessario. Il 29 marzo è uscito “Paprika”, il suo terzo album, quello che l’ha definitivamente lanciata tra i grandi del movimento musicale “indie” italiano.
Sei soddisfatta?
Si, io sono molto soddisfatta di questo album, diciamo che per me è molto importante il fatto di essere riuscita a collaborare con così tante persone, questo rappresenta un bel passo in avanti per Myss.
(Si, Myss Keta parla di sé in terza persona, ma non lasciatevi ingannare, ciò non è ricollegabile ad alcuna manifestazione di egocentrismo. La particolarità del progetto Myss Keta è forse la capacità di restare cartone animato riuscendo poi contemporaneamente a esprimere concetti, anche piuttosto significativi, e mantenere alto, sempre più alto, lo spessore della produzione artistica. Myss Keta insomma si guarda, sì, ma la si ascolta anche con piacere. Segno ne sono i numerosi featuring presenti in “Paprika”, da Gemitaiz a Gue Pequeno, da Wayne Santana a Quentin40, passando per Mahmood e Gabry Ponte).
Fare un featuring con Myss vuol dire stare a certe condizioni, tu devi accettare un progetto così ironico, così diverso dalla media delle cose che si trovano in giro e sei tu che devi buttarti in questo gioco qua. Alla fine anche tenendo un punto di vista ironico, un sound di un certo tipo, siamo riusciti a fare un’operazione artisticamente abbastanza complessa.
Ma quanto è importante nella musica di oggi offrire al pubblico anche questa sceneggiatura? Ma soprattutto, cosa ne sarebbe stato di Myss Keta se si fosse presentata al pubblico senza maschera, con nome e cognome, senza alcuna sovrastruttura… Avresti avuto lo stesso seguito?
Il progetto di Myss è nato proprio dal personaggio di Myss, quindi non credo che avrebbe avuto senso. Dal personaggio di Myss sono nate le canzoni, è nato tutto questo universo che si esprime tramite canzoni, tramite video, tramite immagini, tramite la fotografia, tramite tutte le interviste… Sono tutti media per fare esprimere Myss Keta e per farle fare degli step in avanti, delle sperimentazioni, delle scoperte, quindi non credo proprio che avrebbe avuto senso sviluppare il personaggio in un altro modo. Il personaggio assurdo di Myss è la prima cosa che ci è apparsa nel cervello e poi tutto il resto è venuto a cascata, lavorando con il collettivo creativo Motel Forlanini, che sta dietro al progetto di Myss Keta.
Possiamo allora dire che ti riconosci più nel termine “performer”?
Per mia natura si, comunque anche quando tu registri o fai un live o un’intervista, anche lì stai facendo una performance. Non voglio estendere questo a tutti i piani della vita ma praticamente è così, se andiamo a lavorare in maniera pirandelliana; però si, non riesco ancora a definirmi “cantante”, “rapper”… In realtà è un’operazione che chiunque di noi fa, si pone in una certa maniera in diverse occasioni: sul posto di lavoro, con gli amici, con l’amante, dal panettiere… Tutti si presentano in diverse modalità e tutti cercano di mettere una maschera tra se e gli altri. È come se Myss Keta esplicitasse questa cosa e non si vergogna di farlo.
Se indossi una maschera da Myss Keta vuol dire che esiste anche un’altra parte di te che non lo è, allora mi viene da chiederti: quanto ti assomiglia Myss Keta?
Io sono Myss Keta, quindi sono al 100% Myss Keta.
Ma quali sono i limiti per un progetto basato su un personaggio? Quali sono i confini di Myss Keta? E dove ti vedi tra vent’anni? Potresti lasciare il clubbing per portare Myss anche, per esempio, a Sanremo?
Io amerei andare a Sanremo! Io comunque sto capendo un po’ di cose, la prima: che la realtà supera sempre la fantasia; la seconda è: chi lo sa? Io mi lascio portare tanto dagli eventi, quando arriva un’occasione mi piace tanto spingermi verso territori sconosciuti, mi piace tanto sperimentare situazioni mai sperimentate, mi piace molto esplorare cose nuove, diverse, vederle dall’interno. Soltanto andando verso l’inesplorato, soltanto andando verso i territori non conosciuti, soltanto confrontandosi con cose differenti da te c’è una vera crescita personale, c’è una vera crescita spirituale.Io non mi do limiti, i limiti sono dettati dal mio universo valoriale, quello si. Io so che Myss è un personaggio positivo, i messaggi principali del progetto di Myss sono riassumibili in maniera molto semplice: accettazione di se stessi, sentirsi completamente liberi, accettare tutte le sfaccettature di sé, accettare gli altri anche se sono diversi da noi… Ti sto leggendo la carta dei diritti fondamentali dell’uomo, non è che sto facendo ragionamenti mega complicati, però quello che potrebbe essere dato per scontato purtroppo oggi non lo è più. Siamo tutti esseri umani, per quanto strambi, freak, diversi possiamo sembrare, dobbiamo tutti essere accettati ed è inutile accanirsi e odiarsi tra di noi, è molto stupido. Il messaggio di Myss Keta è positivo e non ha limiti, sarà il palco di Sanremo, sarà il parlamento europeo. Vedremo…
Non si può pensare a Myss Keta senza pensare che è una delle pochissime donne che è riuscita a farsi un nome nel nuovo mercato discografico, tu come te lo spieghi? Hai trovato una discografia particolarmente maschilista?
Io non trovo il mondo della discografia maschilista, io trovo il mondo in generale sotto le regole del patriarcato. E non è un problema di discografia, è un problema di letteratura, è un problema di arte, è un problema di cinema… Il patriarcato è talmente inculcato in noi che si ritiene che gli uomini possono parlare in maniera universale anche per le donne, si ritiene che le donne banalmente possono parlare solo per loro stesse. È molto strano tutto ciò se ci fai caso. Ho notato che se sei una donna, in tutti i campi, non mi sto limitando alla discografia, devi sforzarti dieci volte tanto per avere la stessa considerazione, è una cosa che vediamo tutti, devi lottare, sgomitare, dieci volte tanto. È incredibile ma è vero.Ci sono magazine che stanno spingendo Myss Keta ma non ne parlavano finché non sono entrata in Universal, mentre invece ci sono degli uomini che anche con molti meno riconoscimenti esterni vengono subito spinti. Io non credo che le donne artiste siano manchevoli rispetto agli uomini, credo che il sistema tenda ad esaltare di più gli uomini. In generale dal punto di vista musicale, io ho un sacco di esempi di artiste femmine che sono fortissime, nel mio campo ci sono donne come Chadia, come Priestess, che spaccano e fanno il culo alla maggioranza dei loro colleghi uomini, eppure vengono considerate nella categoria “rapper donne”. Io voglio che queste persone vengano considerate rapper. Punto.
E allora perché Myss Keta sì e altre no?
Myss Keta si fa il culo da sei anni partendo dai concerti nei sotterranei dei club queer di Milano; ne abbiamo dovuta sputare di fatica e di sangue prima di essere riconosciuti. Ci siamo dovuti conquistare qualsiasi cosa sul campo, Myss non è esplosa subito, si è guadagnata tutti gli step a fatica, piano piano, e ora sta cominciando ad essere riconosciuta, ma non credo sia un Myss Keta si e le altre no.
Impossibile non notare, nella musica così come in tutti gli altri aspetti della società, che c’è fermento
Io vedo tante spinte positive eh… È un momento storico un po’ particolare, nel senso che abbiamo da una parte delle politiche che stanno a volte mettendo in discussione dei diritti civili, dall’altra però abbiamo dei movimenti culturali molto positivi.
Citando in conclusione un brano di “Paprika”, adesso sei una donna che conta?
Ogni donna è una donna che conta in realtà, quindi possiamo dire di si.
Gabriele Fazio, Agi