Forse Gilles Pelisson, che è il gran patron di TF1, la prima rete televisiva privata francese (come Canale5, Rete4 e Italia1 messe insieme) di proprietà del grande costruttore-immobiliarista Bouygues, deve aver interpretato troppo alla lettera l’ormai celeberrima «sentenza» di Bill Gates: «The Content is the King», quel che conta nell’industria della comunicazione è il contenuto, il resto è niente o quasi.
Solo che Bill Gates l’ha detto nel 1996.
E che il capo di TF1, che produce contenuti televisivi che riempiono i bouquet delle compagnie telefoniche francesi – da Orange a Sfr fino a Bouygues Télécom, società cugina – ha deciso di applicare la «legge di Bill» a più di dieci anni di distanza. All’inizio di aprile, infatti, ha inviato una lettera raccomandata, dai toni abbastanza ultimativi, per dire ai colossi telefonici che, essendo il re dei contenuti, era venuto il momento di pagargli un pedaggio.
Fatti i conti, un centinaio di milioni di euro, salvo conguagli. Se no, da domenica 30 aprile, niente più programmi di TF1 e degli altri canali gratuiti collegati (LCI, TMC, NT1, HD) sui decoder, i livebox, che trasformano in immagini il segnale che arriva nelle case dei francesi attraverso la fibra o l’Adsl.
Se i telefonici – ma la lettera raccomandata è stata inviata anche a Canal+ di Vincent Bolloré – non pagano, i telespettatori che guardano la tv attraverso una «livebox» fornita da Orange o da Sfr o dalla stessa Bouygues, e sono il 44% dei francesi (il resto utilizza il digitale terrestre o il satellite) secondo le rilevazioni dell’Ifop, Institut français de l’opinion publique, da domenica prossima si troveranno davanti a uno schermo nero.
Nel frattempo saranno partite le diffide giudiziarie tra i protagonisti di questa «drole de guerre», di questa bizzarra guerra televisiva che non si capisce bene perché sia scoppiata e a quale esito o armistizio possa portare. «I telefonici incassano fior di abbonamenti per i loro pacchetti tv all’interno dei quali i contenuti prodotti dagli editori come TF1 pesano più di due terzi dell’offerta complessiva tra notiziari, reportage, serie, programmi di ogni genere. È giusto che paghino, così come pagano cifre impressionanti per accaparrarsi i diritti del calcio e di altri sport popolari», fa sapere, attraverso i suoi collaboratori che rispondono «off the record» ai giornalisti, il gran capo Pelisson, assunto l’anno scorso dal vecchio Martin Bouygues con l’incarico preciso di rimettere in ordine i bilanci della sua rete televisiva.
Gli ha risposto, a muso duro com’è nel suo stile muscolare, il gran capo di Orange, Stéphan Richard, durante la convention del gruppo a «Show Hello», la grande vetrina annuale delle innovazioni telecom: «Mi auguro che monsieur Pelisson non abbia perso la testa quando ci ha minacciato tutti, noi di Orange e i nostri concorrenti tra cui la stessa telecom di famiglia (la Bouygues Telecom, ndr), di spegnere il segnale. Voglio proprio vedere se ha il coraggio di farlo, dal momento che TF1 realizza il 25% dei suoi ascolti attraverso i nostri decoder. Senza il supporto di Orange e delle telecom, TF1 non va da nessuna parte».
E per risultare ancora più convincente Richard, che è un tipo che non le manda a dire (per esempio, quando Bolloré disse che era pronto a entrare in Orange, magari via Telecom Italia, gli rispose a mezzo stampa affermando che solo lui, poteva decidere sul parterre degli azionisti); Richard, dicevamo, ha sganciato l’arma fine-di-mondo: «Si ricordino a TF1 che Orange e i telefonici sono i primi investitori pubblicitari delle loro televisioni. Di quattrini ne versiamo già parecchi, forse troppi rispetto agli indici di ascolto misurati da Mediamétrie e da altri osservatori del mercato».
Argomento, questo degli investimenti pubblicitari sulle tv generaliste e gratuite, come appunto TF1, estremamente delicato. Perché senza la pubblicità le tv generaliste non vivono (l’emittente pubblica, France Télévisions, può contare su 2 miliardi di «recettes publiques», di finanziamenti da parte dello Stato) e TF1 lo sta sperimentando, in qualche modo, sulla sua pelle. Solo nei primi tre mesi di quest’anno ha perso 13milioni di raccolta che sono andati sostanzialmente su Internet, sulle piattaforme del trio Gafa, Google-Amazon-Facebook.
Ecco come si spiegano il nervosismo di Pelisson, la lettera-ultimatum, la minaccia di oscurare il segnale domenica prossima. Difficile che finisca così, ovviamente. Anche se in questi ultimi giorni Pelisson ha trovato la solidarietà e l’appoggio di un concorrente importante come Nicolas de Tavernost, che guida con successo la rete M6 (proprietà dei tedeschi di Bertelsmann), quella che nel 2016 è cresciuta di più ed è molto seguita da un pubblico (relativamente) giovane.
La morale della storia è che, alla fine, televisivi e telefonici, allo stato delle cose (e della tecnologia), hanno bisogno uno dell’altro. E le guerre, come si sa, non giovano a nessuno. Sarà, dunque, «pax televisiva» anche in Francia.
Giuseppe Corsentino, ItaliaOggi