Bene la pubblicità del Biscione nei primi 4 mesi dell’anno. Boom ad aprile: +10%. Pier Silvio Berlusconi: i ricavi di Premium in crescita del 20%
Strana atmosfera ieri alla assemblea degli azionisti di Mediaset, in quel di Cologno Monzese. I lavori si chiudono rapidamente, senza troppe discussioni, nessuna polemica sollevata dai piccoli azionisti, e in un’oretta tutto è finito. Nell’aria c’è un mix di emozioni: da un lato, la nostalgia canaglia, per la pay tv Premium che, tra poche settimane, passerà a Vivendi; magari anche per il Milan (che non c’entra nulla con Mediaset, ma è di famiglia), per il quale si prospetta un futuro cinese.
Dall’altro una emozione per il respiro pan-europeo (Italia, Francia, Spagna, Germania e Polonia) che, per la prima volta veramente, permea i piani di sviluppo del Biscione, con la creazione, insieme con Vivendi, di una major internazionale produttrice di contenuti e di una piattaforma Over the top che possa concorrere nel mercato dello streaming on line dominato da Netflix. Grandi operazioni che, però, verranno decise su un asse Cologno-Parigi, e non più in totale autonomia.
Di sicuro sul mercato si trasmette un certo entusiasmo quando l’amministratore delegato di Mediaset, Pier Silvio Berlusconi, annuncia che in aprile la raccolta pubblicitaria del gruppo cresce del 10% sullo stesso mese del 2015. Tassi da boom economico, da Milano da bere, che da anni non si vedevano. Bene anche i primi quattro mesi nel loro complesso, con un +4,5% rispetto al primo quadrimestre 2015. Questo non significa che Mediaset tornerà rapidamente a fruttare 500 milioni di utili all’anno, come ai bei tempi, «ma credo che i buoni risultati arriveranno presto. Certo», precisa Pier Silvio Berlusconi, «per tornare ai 500 milioni ci vorrà del tempo. Il mercato cresce, ma molto gradualmente».
Confermata l’intenzione di voler salire rapidamente alla maggioranza delle azioni del gruppo radiofonico Finelco (105, Virgin, Rmc), l’amministratore delegato di Mediaset torna poi sulle operazioni di pay tv, essendo Premium una sua creatura: «Non siamo andati sul satellite, nonostante se ne sia parlato lo scorso anno, perché abbiamo analizzato la possibilità per poi decidere che fosse meglio non farlo. Sul futuro, ovviamente, deciderà Vivendi. Mi sento di dire che a oggi la piattaforma del digitale terrestre offre una penetrazione del 100% delle famiglie, e quindi non credo si possa uscire dal dtt». Sia lui, sia il presidente di Mediaset, Fedele Confalonieri, ci tengono a sottolineare come l’operazione Premium, nata nel gennaio 2005, abbia creato valore per il gruppo, sia servita ad arrestare la crescita di Sky e abbia rotto un monopolio: «Dovessimo fare una semplice differenza tra i costi e i ricavi di Premium in questi anni, avremmo un risultato negativo per meno di 200 milioni di euro. Ampiamente ripagato dalla vendita di Premium a Vivendi», che si aggira sugli 800 milioni di euro e che creerà una grossa plusvalenza nel bilancio 2016 di Mediaset. «Inoltre», aggiunge Pier Silvio Berlusconi, «con Premium abbiamo bloccato la crescita di Sky. Loro parlavano di raggiungere 9 milioni di abbonati. E con quei numeri le cose sarebbero state molto difficili per Mediaset e il suo core business. Grazie a Premium, invece, il nostro concorrente satellitare si è fermato, i suoi abbonati si sono cronicamente stoppati sotto i cinque milioni. Premium, nei primi mesi del 2016, ha ricavi in crescita del 20%, ed è stata valutata, per esempio, il doppio di Rcs, o dell’Espresso o, mi spiace dirlo, di Mondadori. Ha creato valore, non è mai stata una zavorra. Si è parlato tanto dei costi monstre per i diritti della Champions league. Lo dico una volta per tutte: non sono 700 milioni per tre anni, ma 605 milioni. E l’operazione Champions league su Premium, già alla fine del primo anno, sarà in utile».
I primi progetti industriali con Vivendi, e relativi sia alla major sia all’Ott, vedranno la luce nei primi mesi del 2017. Smentiti, invece, imminenti accordi con Telecom Italia.
Il presidente Confalonieri si è anche soffermato molto sulla multa di 51,4 milioni di euro che l’Antitrust ha comminato a Mediaset (e solo 4 milioni a Sky) per presunte irregolarità nella gara di assegnazione dei diritti della Serie A di calcio 2015-2018: «Ci sarebbe da sorridere di fronte allo spettacolo offerto dall’Antitrust, che dovrebbe tutelare il mercato reale, non quello ipotetico. Secondo l’Autorità, infatti, l’intesa Mediaset-Sky preclude la possibilità di ingresso di un terzo operatore. Peccato che l’Antitrust, nel frattempo, ritenesse correttamente concorrenziale l’assegnazione che escludeva Premium dai diritti più appetibili, concentrandoli nelle mani di Sky ed eliminando così il secondo operatore». E poi l’affondo: «Quelli di Sky hanno condiviso la decisione Antitrust, ma comunque sono stati condannati, individuati come partecipi di un presunto accordo spartitorio. Colpevoli, dunque, secondo la logica distorta dell’Antitrust, ma felici perché hanno ottenuto uno sconto in quanto collaboratori».
Ieri il titolo Mediaset ha chiuso a 3,974 euro, in calo dello 0,95%.
Claudio Plazzotta, Italia Oggi