Strano quadro quello televisivo del 2020 ora che lo si può guardare per intero da una certa distanza. Gli ascolti hanno avuto picchi che nessuno sperava dopo dieci anni di cali consecutivi. Sono andati di pari passo con i contagi, con una correlazione positiva. Al contrario, la correlazione è stata inversa con gli investimenti pubblicitari e il grafico in pagina mostra chiaramente questo andamento. Solo verso l’autunno, e in particolare con la fine dell’anno, le due variabili sono tornate a muoversi nella stessa direzione.
Il quadro è stato disegnato dall’Ufficio studi di Confindustria Radio Televisioni in collaborazione con Auditel, rielaborando i dati di ascolto dello scorso anno. Crtv parla di «discontinuità» per tutti i settori compresa la tv, con un aumento del tempo di visione (in controtendenza rispetto agli ultimi 10 anni), un allargamento della platea televisiva e l’acquisizione di nuovi pubblici. L’ascolto medio nel 2020 ha avuto una prima crescita da fine febbraio in poi fino al picco di 15,3 milioni di spettatori (+49,1%) nella settimana dal 24 al 30 marzo, quando la conta del contagio, ancora molto parziale, aveva superato la soglia dei 5,5 mila positivi al Covid. Di lì, un lento declino sebbene su livelli sempre superiori alla media, fino ad agosto. Poi ancora la ripresa e i nuovi picchi di fine novembre-inizio dicembre, in corrispondenza del pieno della seconda ondata. Tutto normale: periodi di lockdown e contagi, quindi più tempo a casa e più interesse verso le news e l’intrattenimento.
L’incremento dell’ascolto medio è dipeso soprattutto dal maggiore tempo trascorso davanti alla tv da parte degli italiani. L’Amr (Average minute rating) è infatti il numero medio dei telespettatori di un programma, pari al rapporto fra la somma dei telespettatori presenti in ciascun minuto e la durata dell’intervallo che si considera, per esempio quello di una trasmissione. Ebbene, nella settimana di marzo citata prima si sono superate le sei ore a testa contro le quattro ore circa del 2019. Nel secondo semestre ancora un aumento sebbene meno ripido del primo.
Tutti gli editori sono cresciuti negli ascolti, in particolare durante il primo lockdown: Rai e Mediaset intorno al +35%, La7 +46,2%, Discovery +48,1%, Sky +16%, le radiovisioni +43,8%, locali e altri canali 39%, ma c’è anche chi ha raddoppiato: ViacomCbs +129% e Tv2000 +98% sullo stesso periodo di un anno prima. Ancora, l’informazione Rai è salita del 39%, quella Mediaset del 66,3%, La7 +42,6%, e in particolare Sky Tg24 sul satellite è cresciuto del 200%, con gli altri canali all news comunque intorno al +130/+150%. Meno alte, ma comunque positive, le percentuali del secondo lockdown.
In conclusione, le medie ci dicono che l’ascolto medio giornaliero lo scorso anno è aumentato del +11,4% a oltre 11 milioni di telespettatori, i contatti del +2,1% a 43.1 milioni ma soprattutto il tempo medio è cresciuto dell’11,9% a 273 minuti. Crtv sottolinea anche l’aumento del consumo di contenuti tv digital, su nuovi schermi e device.
In tutto ciò, come si è detto, la pubblicità si è mossa in direzione contraria. Paradossalmente quando gli ascolti crescevano erano (relativamente) pochi a comunicare. Picchi negativi del 31% a marzo, del -45,5% ad aprile, e del -42% a maggio, per poi andare a +15% e +19% a luglio e agosto quando l’audience invece si riportava su livelli più normali. Normale che sia successo così: le ragioni che hanno portato le persone davanti alla tv erano le stesse che hanno ingenerato problemi e incertezza alle aziende, ma come spesso detto in queste pagine dagli esperti di marketing, la comunicazione in quei momenti sarebbe stata ancora più opportuna e non solo in tv.
Andrea Secchi, ItaliaOggi