Trentacinque anni fa avvenne l’incontro, nel carcere di Rebibbia a Roma, tra Giovanni Paolo II e Ali Ağca, il terrorista turco che gli sparò in Piazza San Pietro il 13 maggio 1981. Partendo proprio da quella stanza, dietro alle sbarre del carcere, Rai Vaticano – con “Il coraggio del perdono”, in onda su Rai Premium domani ore 23.15, su Rai Storia il 29 dicembre alle 9.30 e sui canali internazionali di Rai Italia – racconta le vicende ed il significato del perdono nel cristianesimo, con un programma speciale di Massimo Milone, Stefano Girotti Zirotti e Carlotta Bernabei; produttore esecutivo Francesco Puglielli. Protagonisti, tre pontefici: Wojtyła, Ratzinger e Bergoglio. Nello Speciale, tra gli altri, parlano il cardinale Giovanni Angelo Becciu, Prefetto della Congregazione delle Cause dei Santi, lo storico Andrea Riccardi, l’ex vice direttore dell’Osservatore Romano, Gianfranco Svidercoschi, l’ex giornalista del tg1 Alberto Michelini e il generale dei carabinieri, Carlo Felice Corsetti. Dal perdono di Wojtyła ai gesti altamente simbolici di Papa Benedetto XVI e Papa Francesco. Momenti storici come la richiesta di perdono agli Ortodossi, per lo sterminio di Costantinopoli ai tempi delle crociate; ed ancora ad Auschwitz per i crimini contro l’umanità e a Dublino, per gli abusi sui minori da parte di religiosi. Rai Vaticano propone una riflessione sul significato profondo della misericordia dalla storia all’attualità. Dice lo storico Andrea Riccardi: “il perdono attraversa in maniera differente tutte e tre le religioni abramitiche. Ma la domanda che io mi farei come storico è: “i credenti sono stati capaci di perdonare?”. Nell’intervista in esclusiva, il Cardinale Giovanni Angelo Becciu precisa: “Cristo ci invita ad essere misericordiosi, a perdonare e a santificare la nostra vita quotidianamente senza gesti da super eroi, come sottolinea Papa Francesco, ma con semplicità. Per noi cristiani l’assassinio è inconcepibile. Il martire è colui che testimonia la propria fede. Non si sacrifica per uccidere altre persone né cerca la morte anche se è pronto a difendere la fede fino alla fine”. Sull’attentato a Karol Wojtyła ed il clima che si viveva a Roma negli anni di piombo, si esprime il generale Corsetti, all’epoca giovane tenente dell’antiterrorismo, che ci rivela: “in quegli anni di piombo vi era la sensazione che quella violenza, quell’attacco allo Stato fosse inarrestabile. Un’escalation che, dopo il sequestro Moro, culminò con l’attentato al Papa. Poi, dopo quel gesto di perdono di Wojtyła, la situazione mutò…”. Per Alberto Michelini, storico giornalista del TG1 e amico personale del papa polacco, aggiunge: “Giovanni Paolo II non se lo aspettava. Anche se da tempo circolavano voci sull’ipotesi di un attentato. Chi erano i suoi nemici? Erano quelli che non volevano turbare gli equilibri di Yalta. Questo Papa rompeva gli schemi totalmente”. Gian Franco Svidercoschi, penna storica dell’organo di stampa del Vaticano, ricorda: “La prima cosa che Wojtyła disse ad Ali Ağca fu: oggi noi ci incontriamo da uomini, anzi, da fratelli. Ağca lo guardò e gli disse: ma perché lei non è morto?”.