Provate voi a tenere fermo uno che si inventa dei concerti nei localini dell’America profonda per portare la famiglia in vacanza o che nelle pause dei tour che lo tengono in giro per il mondo un anno mezzo si annoia. «Vivo bene il ritorno a casa, ma presto tutto mi sembra lento…», dice Zucchero. Figuriamoci come può aver preso la pandemia che lo tiene bloccato nella campagna di Pontremoli. «I primi tempi sono stati molto duri… Ma anche dopo mi è sempre rimasta addosso quella cappa di malinconia che ti porta a riflettere. E quando rifletti non sempre vengono in mente cose allegre… Così mi sono inventato cose, come dicevano i contadini una volta, per arrivare a sera e per sentirmi vivo». Da questa voglia di non stare fermo sono nate le esibizioni davanti al Colosseo deserto e in una piazza San Marco vuota durante il primo lockdown. E poi una versione deluxe di «D.O.C.», album uscito l’anno scorso con 6 canzoni nuove tra cui «September», duetto con Sting dal 27 novembre su tutte le piattaforme.
Quest’estate l’ex Police era in vacanza nella sua villa di Figline Valdarno. E ha chiamato il vecchio amico Zu. «La canzone — racconta Sting — è nata come risposta a questa pandemia, quando guardavamo a settembre come momento in cui tutto sarebbe finito, la pioggia sarebbe arrivata a lavare via tutto. Il brano aveva una melodia molto italiana alle mie orecchie e ho pensato di chiamare Zucchero per adattare alcuni versi e cantare il brano con me. Siamo amici da 30 anni, mi sembrava naturale». La canzone finirà anche nell’antologia di duetti di Sting la cui uscita è stata rimandata al 2021.
Zucchero ricorda il primo incontro con l’amico inglese. Era il 1990. «Andai nella sua casa di Migliarino Pisano introdotto dall’amico comune, l’artista Robert Gligorov. Fu cordiale, andammo a fare sci nautico… lui bravo, io affondavo… Il mattino dopo c’era il battesimo della figlia Coco, il mio dono era un cavallo a dondolo in legno, e andando verso la chiesa lui e Trudy mi chiesero di fare il padrino. Anni dopo mi ha detto che gli avevo ispirato fiducia». Da lì le collaborazioni non si contano. Dal testo di «Muoio per te», versione italiana di «Mad About You», ai continui incroci sul palco. «Non ci siamo mai tirati indietro». Sting dietro le quinte? «Un gentiluomo che non dimentica le sue radici working class. Da bambino accompagnava il padre a consegnare il latte prima della scuola. Si sveglia ancora alle 6.30. Quando mi invita a casa sua mi sento in colpa…».
La speranza della canzone, un settembre che avrebbe cancellato un 2020 tragico, non si è avverata. «Siamo stati troppo ottimisti, non sarebbe andato bene nemmeno dicembre… spero non si debba aspettare il settembre 2021». I suoi concerti all’Arena di Verona e il tour mondiale sono slittati e il debutto è previsto in aprile: «Chissà se potremo farli, magari a capienza ridotta o con tamponi rapidi. Penso a chi lavora nel settore e deve fare altro per sopravvivere, mentre in altri Paesi gli aiuti alla musica sono arrivati rapidamente». Lui è da mascherina e vaccino: «In famiglia siamo rigorosi. Mio figlio Blue è il più rigido: non esce da quando la situazione è tornata a peggiorare. Il vaccino lo farei subito».
Nella versione deluxe (esce l’11 dicembre) ci sono altre novità. In «Succede» tornano le sue radici, l’infanzia divisa fra don Camillo e Peppone con un prete che magro non è e le bandiere rosse finite in un comò. «È il mio dna… “Non ho mai visto un prete magro” è una presa in giro bonaria. Le bandiere rosse sono nel comò perché non c’è più il comunismo. Non vedo più la direzione, me l’hanno fatta perdere». «Non illudermi così», versione italiana di «Don’t Make Promises», ha un testo aggiornato al mondo dei social e delle fake news. «Tim Hardin parla di amore e promesse che creano illusioni. L’ho volta al sociale per raccontare la mia disullusione. Mi sembra di sentire solo balle dalla politicae dai social. Verrà il momento in cui la gente si renderà conto».
Andrea Laffranchi, Corriere.it