(di Tiziano Rapanà) Rifiutare l’immagine, eccola la soluzione. Nel senso di prova del nove e vediamo che succede e scopriamo così quanti se la possono giocare. Parola solo parola strappata dal flusso televisivo e dalla radiofonia e vediamo come si dimena, sballottolata nel costrutto sintattico e nella costruzione di un periodo che si fa comizio o discorso o parte integrante di un botta e risposta o di una rissa. La parola così com’è. Sopravvivrebbe? Siamo sempre nella data di scadenza, nel codice a barre, del tutto è già stato detto e novità non ce ne sono? Senza immagine, la parola non più televisiva come se la caverebbe? Si salva ben poco e nemmeno tanto nell’universo, generalista e tematico, della divulgazione. La parola che rimane esiste. Le domande intelligenti ci sono e propongono sviluppi interessanti e le risposte sono chiare ed esaustive. Si può sfuggire dal dominio dell’oggetto (il tavolo, gli sgabelli, i megaschermi, le lavagne, gli orpelli di scena) per raccogliere l’essenziale? Lasciamo spazio alla parola. Che lo schermo diventi nero, gli do il permesso io. E voglio vedere allora cosa succede e fidatevi si salverà ben poco e quello che resterà verrà confinato ad orari mortificanti. Nel confine, tra televisione e radiofonia, c’è un passaggio a livello. Lo vedete arrivare il treno? Lì sono sedute le parole di valore. I vagoni sono semivuoti e il controllore è indaffarato, il treno è passato e non se n’e accorto nessuno.