Chi ha (ancora) paura di Marilyn Manson?

Chi ha (ancora) paura di Marilyn Manson?

Torna in Italia per due concerti (Roma e Villafranca di Verona) ed è subito panico: messe riparatrici, rosari, petizioni e manifestazioni. Ma davvero Marilyn Manson è l’impersonificazione del male? Noi siamo andati a vederlo dal vivo e ci siamo fatti un’idea diversa

Da anni ormai sembra sembra di ascoltare un disco rotto: Marilyn Manson arriva in Italia per i suoi tour mondiali e da qualche angolo del paese si alzano le voci di (pochi) cattolici e militanti di destra che chiedono la cancellazione dei suoi concerti, raccolgono firme in petizioni online, pregano in gruppo e organizzano messe riparatrici.
Succedeva oltre 15 anni fa quando il cantante americano aveva molto più successo e seguito di quanto ne abbia oggi, e succede in questi giorni a Villafranca di Verona, dove Bryan Warner (questo il suo vero nome) ha tenuto ieri un concerto.
Il risultato è sempre lo stesso: con le polemiche si impennano anche le vendite, la fama e il seguito di Marilyn Manson, con conseguenti sold-out e biglietti introvabili: esattamente quello che è successo in occasione dello show veronese.
Oggi come allora, gli oppositori ottengono il risultato contrario a quello sperato.
Ed eccoci qui, nel cortile del bellissimo Castello di Villafranca, una location da anni votata alla musica da vivo.
All’entrata impressiona il numero di forze dell’ordine: con le polemiche montate nei giorni scorsi c’è da chiedersi se siano più preoccupati delle persone all’interno del castello o di quelle fuori.
Dentro il pubblico è indecifrabile: ci sono i giovanissimi che qualcuno vorrebbe traviati dai presunti messaggi di violenza e satanismo di Mr. Manson, ma anche una schiera di trenta-quarantenni di tutti i tipi: sembrano tutti molto tranquilli, rilassati con le loro birre in mano.
Il total black vince su qualunque altro look, kajal sbavato e cerone sono il make-up più diffuso e ci sono anche tre ragazze vestite da suore che si prestano per foto e selfie con chiunque glielo chieda: la sensazione però è che tutti la prendano con grande leggerezza e che si tratti più di un gioco piuttosto che di dedizione al Malvagio. La maggior parte dei dark più giovani dovrà struccarsi per bene prima di rimettere piede in casa.
Al calare delle tenebre (giusto per restare in tema) e dopo aver diffuso per intero l’intramontabile The End dei The Doors, i teli che nascondono il palco cadono per svelare un enorme trono da cui Manson comincia a cantare Revelation #12, coperto da un pesante cappotto (che si toglierà quasi subito).
Il suo pubblico canta, balla e come in un qualunque concerto pop, si dilunga in video e fotografie fatti con gli smartphone. L’impatto sonoro non è però per niente pop: la band è ben rodata (il veterano Twiggy Ramirez rimane il più acclamato dalle prime file) e segue senza problemi il suo leader, che porta in scena molti degli stilemi che lo rendono molto chiacchierato: croci, pugnali, la veste talare (rossa) e simboli cristiani vari.
Rispetto all’ultima volta che lo avevamo visto all’Alcatraz di Milano due anni fa, appare decisamente più in forma, sia fisicamente (avendo perso qualche chilo) ma anche in termini di voce, tenuta del palco e interazione con i fan.
Con loro, che definisce the fu##in’ best (ma non sappiamo se lo dica ad ogni concerto), si intrattiene, lo tocca e ci parla. Propone i suoi vecchi successi (The Beautiful People e Dope Show le più acclamate), una cover di Sweet Dreams degli Eurythmics eseguita sui trampoli e alcuni pezzi del nuovo album in uscita (non si sa ancora quando).
Anche in questo caso il cantante non rinuncerà alla provocazione, quella che da sempre riesce a far parlare di lui: il titolo, a quanto si dice, dovrebbe essere Say10, che letteralmente significa dire 10, che però nella pronuncia inglese suona molto simile a Satan.
Come si diceva, la storia si ripete e con ogni probabilità si ripeterà ancora prima del 22 novembre, quando col disco pubblicato la band tornerà a Torino (al PalaAlpitour) per l’unica data italiana del tour invernale: sentiremo ancora dire che Marilyn Manson è un traviatore di giovani e un satanista convinto che non merita di esibirsi.
A noi, al netto di tutte le sue provocazioni più o meno sterili, continua a sembrare un bravo intrattenitore, capace nel proporre il suo stile di musica e di spettacolo, e molto abile a far rimanere il suo nome costantemente sulla bocca di tutti.
Il risultato è sempre lo stesso: con le polemiche si impennano anche le vendite, la fama e il seguito di Marilyn Manson, con conseguenti sold-out e biglietti introvabili: esattamente quello che è successo in occasione dello show veronese.
Oggi come allora, gli oppositori ottengono il risultato contrario a quello sperato.
Ed eccoci qui, nel cortile del bellissimo Castello di Villafranca, una location da anni votata alla musica da vivo.
All’entrata impressiona il numero di forze dell’ordine: con le polemiche montate nei giorni scorsi c’è da chiedersi se siano più preoccupati delle persone all’interno del castello o di quelle fuori.
Dentro il pubblico è indecifrabile: ci sono i giovanissimi che qualcuno vorrebbe traviati dai presunti messaggi di violenza e satanismo di Mr. Manson, ma anche una schiera di trenta-quarantenni di tutti i tipi: sembrano tutti molto tranquilli, rilassati con le loro birre in mano.
Il total black vince su qualunque altro look, kajal sbavato e cerone sono il make-up più diffuso e ci sono anche tre ragazze vestite da suore che si prestano per foto e selfie con chiunque glielo chieda: la sensazione però è che tutti la prendano con grande leggerezza e che si tratti più di un gioco piuttosto che di dedizione al Malvagio. La maggior parte dei dark più giovani dovrà struccarsi per bene prima di rimettere piede in casa.
Al calare delle tenebre (giusto per restare in tema) e dopo aver diffuso per intero l’intramontabile The End dei The Doors, i teli che nascondono il palco cadono per svelare un enorme trono da cui Manson comincia a cantare Revelation #12, coperto da un pesante cappotto (che si toglierà quasi subito).
Il suo pubblico canta, balla e come in un qualunque concerto pop, si dilunga in video e fotografie fatti con gli smartphone. L’impatto sonoro non è però per niente pop: la band è ben rodata (il veterano Twiggy Ramirez rimane il più acclamato dalle prime file) e segue senza problemi il suo leader, che porta in scena molti degli stilemi che lo rendono molto chiacchierato: croci, pugnali, la veste talare (rossa) e simboli cristiani vari.
Rispetto all’ultima volta che lo avevamo visto all’Alcatraz di Milano due anni fa, appare decisamente più in forma,sia fisicamente (avendo perso qualche chilo) ma anche in termini di voce, tenuta del palco e interazione con i fan.
Con loro, che definisce the fu##in’ best (ma non sappiamo se lo dica ad ogni concerto), si intrattiene, lo tocca e ci parla. Propone i suoi vecchi successi (The Beautiful People e Dope Show le più acclamate), una cover di Sweet Dreams degli Eurythmics eseguita sui trampoli e alcuni pezzi del nuovo album in uscita (non si sa ancora quando).
Anche in questo caso il cantante non rinuncerà alla provocazione, quella che da sempre riesce a far parlare di lui: il titolo, a quanto si dice, dovrebbe essere Say10, che letteralmente significa dire 10, che però nella pronuncia inglese suona molto simile a Satan.
Come si diceva, la storia si ripete e con ogni probabilità si ripeterà ancora prima del 22 novembre, quando col disco pubblicato la band tornerà a Torino (al PalaAlpitour) per l’unica data italiana del tour invernale: sentiremo ancora dire che Marilyn Manson è un traviatore di giovani e un satanista convinto che non merita di esibirsi.
A noi, al netto di tutte le sue provocazioni più o meno sterili, continua a sembrare un bravo intrattenitore, capace nel proporre il suo stile di musica e di spettacolo, e molto abile a far rimanere il suo nome costantemente sulla bocca di tutti.

 

VanityFair

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