Il finanziere non vuole più il controllo di Premium ma solo il 20%, più il 15% del Biscione. Fininvest: contratto vincolante sulla pay tv. Pronti a fare causa
Vincent Bolloré mette nel mirino Mediaset per conquistarne il controllo: punta a salire al 15% del gruppo della famiglia Berlusconi nel giro di tre anni attraverso un prestito obbligazionario convertibile e si accontenta di un 20% di Mediaset Premium mentre gli accordi dello scorso 8 aprile prevedevano che la Vivendi del finanziere bretone potesse salire solo fino al 5% del Biscione in tre anni e rilevasse invece l’intera quota all’88,9% detenuta nella pay tv tramite la controllata Rti (il restante 11,1% in mano alla spagnola Telefonica sarebbe stato ceduto in un secondo momento).
Di contro viene confermato lo scambio azionario del 3,5% di Mediaset a Vivendi e viceversa. Alla base della decisione inattesa resa nota ieri da Vivendi c’è «un diverso approccio ai numeri» di Premium e già nelle settimane scorse, secondo indiscrezioni di stampa, i francesi avevano riscontrato forti ostacoli nel portare avanti il piano industriale di Mediaset Premium fino al raggiungimento del pareggio nel medio periodo. Quindi, il problema evidenziato è quello di riuscire a rimettere in sesto la pay tv con alle spalle un rosso di quasi 64 milioni di euro nel solo primo trimestre 2016.
Ma il vero obiettivo di Bolloré non è escluso che sia voler integrare direttamente i business di Mediaset e di Telecom Italia, di cui è primo azionista al 24,7%. La prima è specializzata nella produzione di contenuti e la seconda ha la rete per distribuirli sui cellulari tramite il suo network di tlc.
Bolloré, famoso per i raid tempestivi, coglierebbe così il momento giusto in cui tutto il settore delle telecomunicazioni si sta muovendo tra alleanze e fusioni. Senza trascurare le possibili sinergie con gli altri fronti media in cui è impegnato. In atto c’è il matrimonio H3g-Wind, prove tecniche d’intesa tra Xavier Niel proprietario dell’operatore Iliad col marchio mobile Free (oltre che co-editore de Le Monde e socio di Telecom Italia al 6,9%) ed Enel Open Fiber che porterà a breve sotto il suo cappello Metroweb, a sua volta fulcro del piano del premier Matteo Renzi per diffondere in Italia la banda larga in concorrenza con Telecom (che giusto ieri ha firmato una partnership con Fastweb per lo sviluppo della rete in fibra in 29 città italiane). Peraltro, l’ex monopolista non gode di ottima salute e ha bisogno di nuova verve dopo aver avviato un piano di contenimento dei costi da 1,6 miliardi di euro, con tanto di messa in mobilità di 170 manager (circa un quarto del totale). E proprio a proposito di un’eventuale fusione Telecom Italia+Mediaset, ieri da Milano, l’a.d. di Vivendi Arnaud de Puyfontaine si è detto «aperto» alla possibilità. «Non ho preconcetti» in merito anche se «non c’è nulla sul tavolo».
«Non stiamo scalando Mediaset» comunque, ha precisato sempre ieri a Milano de Puyfontaine. «Sono ottimista» sulla nuova proposta avanzata al gruppo di Cologno monzese, fondato da Silvio Berlusconi e oggi guidato dal figlio Pier Silvio Berlusconi, vice presidente e a.d. «Non esiste un accordo completo ma abbiamo definito un nuovo approccio con ancora più ambizioni» nei rapporti con Mediaset, ha concluso de Puyfontaine.
Peccato che Mediaset abbia subito bollato come «gravissimo» il cambio di rotta di Vivendi comunicato lunedì allo stesso gruppo controllato da Fininvest, holding della famiglia Berlusconi. Il Biscione si riserva quindi di agire in ogni sede opportuna per far valere un contratto «vincolante» e si profila così una causa legale, secondo le prime stime, per un valore che può arrivare a 1,5 miliardi di euro. Bollorè non vuole rispettare gli accordi presi, hanno fatto sapere dal Biscione, e non ha nemmeno comunicato tempestivamente l’acquisto del controllo di Premium all’Antitrust europeo, nonostante la stessa Mediaset l’avesse spinto per adempiere gli obblighi formali dell’accordo dell’8 aprile. L’annuncio dei francesi è stato un fulmine a ciel sereno a Cologno monzese ma la media company italiana ha prontamente annunciato che domani, in occasione del board per l’approvazione della semestrale, deciderà come procedere in risposta al dietrofront «assolutamente scorretto» di Vivendi. Altre trattative non ci sono, hanno ribadito da Mediaset, la negoziazione si è conclusa l’8 aprile scorso. Piuttosto, anche Mediaset sostiene che «l’atteggiamento di Vivendi lascia intuire che il suo vero, non dichiarato obiettivo, al di là dell’indubbia valenza industriale dell’accordo stipulato, fosse in realtà quello di costituirsi in modo surrettizio e inacettabile una posizione di estremo rilievo nell’azionariato di Mediaset». In particolare, il chief financial officer (cfo) del gruppo lombardo Marco Giordani ha ricordato di non aver «mai ricevuto una contestazione formale sul contratto» dell’8 aprile e che «la valutazione dei dati di Premium è avvenuta ovviamente prima della firma del contratto».
Di certo c’è che è difficilmente accettabile per Mediaset la nuova proposta transalpina da attuarsi attraverso un prestito obbligazionario convertibile, strumento che a sua volta comporta l’emissione di nuove azioni e di conseguenza una diluizione della famiglia Berlusconi. Al momento l’azionariato di Mediaset comprende una quota Fininvest al 34,7%. La possibile diluizione pro quota sarebbe di circa il 5,2%. Ieri, però, i primi contraccolpi dell’annuncio di Bolloré si sono registrati sul titolo Mediaset che è stato prima sospeso al ribasso, poi è arrivato a segnare un -14,1% mentre nel pomeriggio ha recuperato fino a -6,6%, finendo per chiudere a -6,93% a 3 euro.
Come finirà quella che si preannuncia una lunga battaglia? Difficile dirlo se anche Tarak Ben Ammar, amico storico sia di Bolloré sia di Berlusconi senior, si è trincerato ieri dietro un diplomatico «oggi sono muto, se volete ve lo dico anche in arabo. Non fatemi dire nulla». L’imprenditore franco-tunisino, grande conoscitore dei dietro-le-quinte finanziari, è tra l’altro membro del consiglio di sorveglianza di Vivendi e del cda di Telecom Italia. Comunque, ieri, Giordani ha dichiarato che «è possibile nuovo accordo con vivendi ma del valore del primo» (che valorizzava Mediaset Premium circa 755 milioni di euro).
Gianfranco Ferroni, Italia Oggi