Thiele: «La mia “Operazione Oro”? Un viaggio alla ricerca di me stessa»

Thiele: «La mia “Operazione Oro”? Un viaggio alla ricerca di me stessa»
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Nata a Desenzano e cresciuta in Colombia. Mamma napoletana e padre sudamericano. È un mix di origini Joan Thiele, che dopo tutto un girovagare è tornata in Italia. E a cantare per la prima volta in italiano. Thiele (si pronuncia Thile) pubblica Operazione Oro, l’Ep anticipato dai singoli Le Vacanze, Puta e Bambina, con alcuni brani scritti da lei e prodotte insieme a Zef (producer di Ghali, Marracash, Fedez, Mahmood e tanti altri) e due intermezzi di pochi secondi, L’Attesa e La Rivelazione; con cui chiude il disco.
Un po’ ardito uscire ora con musica nuova.
«Sono consapevole. E non è la felicità dei miei discografici. Ma la musica ha un ruolo. Siamo in una situazione difficile. Mi manca la mia famiglia. Mia madre e mio fratello. Mio padre che è in Colombia. Ce la faremo».
Cosa accadrà alla musica?
«Spero le persone apprezzeranno meglio le cose. Spero si ritorni all’ascolto. In questo momento, abbiamo bisogno di sentire cose belle, non di hit estive».
E Operazione Oro?
«Ho immaginato fosse la colonna sonora di un film. Ho scoperto da mio padre una scatola ricolma di Super 8, pellicole di mio nonno: chimico, inventore di un dentifricio, fece fortuna e, venduto il brevetto, iniziò a viaggiare. Immagini bellissime di tutte le parti del mondo. Pure del lago di Garda, dove i miei genitori si sono conosciuti. E così ho iniziato a scrivere i brani».
È un omaggio alle origini.
«È un omaggio al cercarsi. In copertina, una me stessa che suggerisce all’altra me stessa. È l’inizio di un piccolo viaggio. Non a caso canto che ho visto il cielo da un oblò».
Si è mai persa?
«La vera domanda è se mi sono mai ritrovata (ride, ndr)».
Rispetto al primo disco?
«Ho imparato a fidarmi. Cantare in italiano, io che cantavo in inglese, è stata una sfida. Che continuerà con altri Ep».
I suoi riferimenti?
«Mogol (sono appassionata delle vecchie penne), Mina. Stimo Colapesce e Nitro, con cui mi sono confrontata per la metrica Italiana. Elodie e M¥SS KETA con cui abbiamo realizzato Le ragazze di porta Venezia».
Il brano Puta è un inno alle donne?
«Sì. Canzone coraggiosa. Racconto la violenza. Sono puttana, sono santa o bandita, sono sempre vittima di pregiudizio. Questo il senso. Lui mi chiama Puta, ma recita il Padre Nostro. Noi siamo ciò che decidiamo di essere. Mai avere paura di questo. No agli stereotipi femminili. Sì alle denunce. Una donna è come se dovesse dimostrare sempre il doppio».
Un luogo dove le piacerebbe esibirsi?
«Il Vittoriale di D’Annunzio. Essendo cresciuta lì vicino ne ho sempre subito il fascino. Sarebbe come stare a casa».

leggo.it

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