(di Tiziano Rapanà) Non so voi, ma io stasera guarderò Barbara D’Urso su Canale 5. Stasera me ne starò spaparanzato sul divano a guardare il consueto circo dursiano denominato, per la prima serata, Non è la D’Urso. Non che io abbia voglia di tuffarmi nel brodo del gossip popolano, tuttavia preferisco la D’Urso alla premiazione dei David di Donatello di Rai1. Preferisco la D’Urso ad un mondo del cinema che se la canta e se la suona. Un mondo che se ne frega del pubblico e delle sue preferenze. Non dico una cosa nuova, qualcosa di simile l’aveva già elegantemente sussurrata Gabriele Muccino un mesetto fa. Il regista si era giustamente inalberato, perché il suo film A casa tutti bene – il più visto del 2018 – aveva ricevuto solo 3 candidature. E non compariva nella categoria riservata ai migliori film. E non c’è nessun film popolare presente in quella categoria. Le cinque nomination sono state riservate a Chiamami col tuo nome, Dogman, Euforia, Lazzaro felice e Sulla mia pelle. 5 film, 5 giuste e legittime espressioni creative d’autore che tuttavia – e gli incassi lo certificano – non hanno appassionato più di tanto il grande pubblico. Meglio la D’Urso dunque: almeno i suoi programmini divertono e intrattengono, donano una sacrosanta leggerezza che ristora i telespettatori dalle fatiche che ottenebrano il quotidiano. Certamente mi piacerebbe vedere dalla D’Urso, un salto di qualità, un guizzo ulteriore che eviti alle sue trasmissioni uno sguazzamento nel fiume del trash. Però, rispetto alla tracotanza dell’ancien régime cinematografico, la D’Urso è oro colato.