Il Cugino di campagna rivela a Oggi la sua incredibile esperienza: “Finora non ho raccontato ancora nulla. Ma non posso più tacere…”
Ivano Michetti dei Cugini di campagna è tornato dall’aldilà. Come si dice per chi è stato in coma e si è risvegliato. Ora, in esclusiva a Oggi, parla di quella terribile esperienza dopo l’ictus del settembre scorso. E lo fa per la prima volta. Svelando, accanto alla moglie Rossella, che l’esperienza terribile… è stata anche incredibile:
“Sono vivo per miracolo, sono credente da sempre. E non posso più tacere quello che mi è successo”.
CI PARLA POCHE ORE DOPO LE DIMISSIONI – E alle 11 del mattino la signora Rossella, ben truccata, i capelli freschi di parrucchiera, jeans, camicia e golfino, è lì – davanti alla clinica di riabilitazione – che aspetta. «Ho il batticuore, ho dormito poco e alle 5 ero già sveglia», ci racconta. Per forza, il marito Ivano Michetti torna finalmente a casa, da quel 23 settembre 2020 quando ha avuto un ictus, è rimasto in coma per 15 giorni e ha subito due interventi al cuore. Ivano Michetti, uno dei fondatori dei Cugini di Campagna, ci parla poche ore dopo le dimissioni. «Quando ho visto mia moglie sono crollato: lei sorrideva e io sono crollato. Dopo tanti mesi di ospedale, all’inizio mi è sembrato di vivere in un mondo strano. Dopo la prima mezz’ora però ho cominciato a vedere gli autobus, la gente, le buche di Roma: non era cambiato nulla». Lei: «Ci siamo detti solo “come stai?”, tanta era l’emozione». Ivano, per fortuna, è tornato strepitosamente uguale a prima: ha solo una leggerissima difficoltà a camminare e d’ora in poi dovrà andare tre volte alla settimana a fare la riabilitazione. La prima cosa che voleva fare era andare dal barbiere, Francesco sulla Nomentana, che cura i capelli a tutti i Cugini di Campagna; ci ha rinunciato solo per consentire il servizio fotografico per Oggi nel giorno stesso in cui
è uscito dalla clinica.
In questo momento cosa prova?
«Sono felice, cammino, muovo le mani, anche se devo riacquistare la sensibilità: per esempio, se chiudo gli occhi non so dire se l’oggetto che tocco sia ruvido o liscio. Sto facendo passi in avanti, però: ho iniziato a sentire il freddo e il caldo. Tutta la parte destra è come se fosse po’ addormentata».
Ricorda qualcosa di quel 23 settembre? «Erano le 4 di notte e mi ero alzato. Ho sentito la mano e la gamba che non rispondevano. Però, ancora non capivo e ho detto a mia moglie: “Rosy ho qualcosa che non funziona”».
E poi? «Posso dirle che il professor Claudio Letizia è un santo. Ricordo che gli ho telefonato, mi ha detto: “Parla piano che non ti capisco”. Io pensavo di parlare bene, invece anche il linguaggio cominciava ad andarsene. Poi sono caduto. Mi hanno portato via come gli antichi Papi, su una sedia, perché stiamo in un attico e non entrava la barella in ascensore».
Il primo ricordo quando si è svegliato? «Mia moglie».
L’ha vista piangere? «Mai. Mi sorrideva e io acquisivo serenità, mi dicevo: se sorride va tutto bene. Poi, mi ha raccontato che era tutta una finzione (Dice Rossella: «Piangere? Per carità. Ero certa che ne sarebbe uscito. Il momento più brutto è stato quando è caduto e ho capito che era una cosa gravissima. Ho sognato per tantissimo tempo di poter tornare alla vita di tutti i giorni, le nostre chiacchierate, certo anche gli abbracci ma con un po’ di paura, Ivano è ancora delicato»).
“IL MIRACOLO? LEI NON CI CREDE, MA IO L’HO APPENA VISSUTO” – Ha ricordi del periodo del coma? «Ho vissuto i 15 giorni di coma con la Madonna del Pozzo, lei mi sorrideva, parlavo con lei, credevo di avere 9 anni. È stato un miracolo. Sono sempre stato un credente. Quando eravamo piccoli immaginavano tutti che io e mio fratello non fossimo cattolici perché eravamo così mori. Ogni volta che entrava un professore di religione diceva: “Se i Michetti vogliono uscire dall’aula, escano”. E io: “’A prof, ma per quale motivo?”».
Personalmente faccio un pochino di fatica a credere ai miracoli… «Io no, l’ho appena vissuto. Sono andato tutte le domeniche possibili, in 60 anni, alla funzione delle 19 nella chiesa di Santa Maria in Via. Lì sono stato anche chierichetto. Durante il coma le dicevo: “Guarda, ho scritto una canzone bellissima, aiutami ad andare a Sanremo”».
C’è stato un momento in cui ha avuto paura di non farcela? «Quando dopo tre mesi ho provato a camminare. Dopo i primi due, tre passi, sono scoppiato a piangere come un bambino. Adesso il problema è la sensibilità. Se lei mi dice: “Faccia un cerchio con il piede”, io lo faccio ma veloce no. E meno male che mi chiamo Ivano, che in un attimo si scrive».
Praticamente non ha più abbracciato sua moglie fino a oggi. «Mai più. Lasciamo perdere, le mascherine, il Covid, un macello! In clinica me l’hanno fatta vedere tramite un vetro. Lei è la donna più bella del mondo, aveva fatto fermare Fellini in via Veneto, sa? Io abitavo a Fontana di Trevi, era il regno dei bambini che rubavano i soldi e io ero un capo. Mio padre se ne è accorto e ha detto: “Adesso ci penso io”. Mi ha chiuso con il coro della Cappella Sistina dove c’erano le voci bianche. Ero portato per la musica, ma non lo sapevo e lo scoprii così».
Eravamo a sua moglie e Fellini. «È scappata via. “Manco morta”, mi ha detto».
Perché ha tenuto nascosto il suo ricovero? «Perché ho sempre odiato fare il piagnone, io sono un tipo che deve sorridere sempre e ho fatto milioni di ascolti perché ho sempre scherzato. Nel 2003 al Grande Fratello ho battuto Pippo Baudo a Sanremo. I tg dissero che per la prima volta era stato battuto il Festival ed era successo quando nella Casa erano entrati I Cugini di Campagna, venti minuti di record».
La cosa più difficile adesso? «Cambiare il mio strumento, la chitarra ha bisogno dell’arpeggio con la destra, non ci riesco a pizzicare le corde. Userò la Kitar che ha una tastiera».
Davvero si è gia messo a suonare? «E come no! Avrei in programma un concerto se solo fosse consentito. Ha detto che vuole venire a Roma a salutarmi? Devo solo trovare il tempo di incastrarla tra le prove».
Lavinia Capritti, Oggi.it