Questa sera i nuovi e attesi episodi della serie di Rai 1 DOC- Nelle tue mani
“Il successo di “DOC- Nelle tue mani”? Doc siamo tutti noi! Doc è uno che cade e si rialza. E lo fa con grinta, passione e attenzione al prossimo: “l’attenzione dedicata al paziente è quella che tutti vorrebbero fosse riservata in ospedale”.
Con queste parole Pierdante Piccioni commenta il successo travolgente per le vicende del reparto guidato da Andrea Fanti, il personaggio interpretato da Luca Argentero nato su ispirazione di quanto accaduto realmente proprio al medico Piccioni. In seguito ad incidente stradale, il 31 maggio 2013, entrò in coma e perse 12 anni di memoria a causa di una lesione alla corteccia cerebrale.
La vicenda è raccontata nel libro “Meno dodici. Perdere la memoria e riconquistarla: la mia lotta per ricostruire gli anni e la vita che ho dimenticato”, che è stato proprio il punto di partenza della serie “Doc”.
31 maggio 2013
Pierdante Piccioni, direttore dell’Unità operativa di pronto soccorso dell’ospedale di Lodi, ha un incidente in macchina e va in coma. Quando si risveglia, poche ore dopo, è convinto che sia il 25 ottobre 2001, il giorno dell’ottavo compleanno di suo figlio Tommaso. A causa di una lesione cerebrale, dodici anni della sua vita sono scomparsi, “risucchiati in un buco nero”.
All’improvviso è diventato un altro, non riesce a capire dove lo hanno condotto gli intrecci della vita. Crede di essere un medico di provincia e non un primario affermato. Non riconosce i figli, quei i bambini che ogni mattina accompagnava alla scuola elementare, ora sono due adulti e hanno la barba. Non riconosce la moglie, quel volto familiare che gli sta accanto ora è solcato dai segni dal tempo. Non riconosce se stesso, quell’uomo invecchiato che pare scrutarlo mentre si guarda allo specchio ora sembra quasi uno sconosciuto.
All’inizio solo sgomento e incredulità per quella nuova condizione, ma i sentimenti a mano a mano si trasformano in rabbia “mi sono sentito improvvisamente inghiottito da una macchina del tempo senza sapere come venirne fuori”.
Pierdante si trova a dover svestire i panni del medico per indossare quelli del paziente.
Il passato
Alla domanda: “Chi era Pierdante Piccioni prima dell’incidente?” Lui risponde: “Un medico corretto ma spietato, di quelli che pensano: comanda chi sa, cioè io. Ero il primario con la P maiuscola”. Un atteggiamento che in passato gli era valso l’appellativo di “principe bastardo”. Inoltre racconta “quando mi sono risvegliato dal mio buco nero ho scoperto, dai racconti delle persone che mi stavano vicino, di essere stato tante cose: docente universitario, consulente del ministero della Salute e anche co-fondatore dell’Academy of Emergency Medicine and Care”.
Il periodo della riabilitazione
Un periodo duro e complicato, “restai completamente fermo sul lavoro, poi il rientro in ospedale ma nessun contatto con i malati. I miei capi di allora mi consideravano perso”. Anni di riabilitazione e di studio, per accedere ad una serie di test, esami pratici e psicoattitudinali, per tornare ad indossare il camice. “Gli anni della riabilitazione per me sono stati gli anni del master, non in medicina ma in pazientologia”. Ne è talmente convinto da riportare questa dicitura anche nel suo curriculum vitae.
Piccioni non ha mai più recuperato quei 12 anni di vita, ma nonostante tutto è riuscito a ricomporre il puzzle di una vita che sembrava essere andata in frantumi ed è tornato a fare il medico.
Il presente
Oggi Piccioni lavora a Lodi, all’interno di una nuova unità di integrazione tra ospedale, territorio e appropriatezza della cura. La sua missione è “aiutare i malati usciti dalla fase acuta, per non farli sentire abbandonati” come a lungo si è sentito lui.
Grazie alla sua vicenda è diventato “un medico empatico, che spiega, sta zitto e ascolta: cura la persona, non la sua glicemia, ma soprattutto offre speranza”.
E gli anni dimenticati? “Continuo a non ricordare nulla dei 12 anni dimenticati a causa dell’incidente, ho solo ricordi riferiti”.
C’è però un punto fermo, incancellabile: la sua famiglia. “L’incidente mi ha rubato un pezzo di vita ma non ha intaccato i valori, gli affetti, le fondamenta della mia vita”.
Il medical-drama firmato LuxVide prende spunto da questa bella vicenda personale e professionale.
Il Covid e la nuova stagione
La nuova stagione racconta l’esperienza degli ospedali italiani alle prese con l’emergenza Covid. Ed è qui la finzione si intreccia doppiamente con la realtà: se il primo punto di contatto è la vicenda personale dell’uomo reale con il protagonista della serie che fa i conti con il vuoto temporale dei ricordi, il secondo incrocio lo crea la storia, quella dei nostri giorni, alle prese con il Coronavirus.
Il dottor Fanti della seconda stagione è costretto a combattere con il virus così come Pierdante Piccioni nella vita reale. L’ex primario del pronto soccorso di Codogno, ospedale simbolo della pandemia, ha seguito dal primo momento e in prima linea i pazienti in remissione dal Covid-19, “è la mia squadra che ha deciso e decide chi può essere trasferito di reparto o dimesso”.
Il coinvolgimento all’interno della serie
“Sono stato, possiamo dire, lo sceneggiatore per la parte medica. Se la prima stagione era stata molto più autobiografica nei confronti della mia vicenda, ora i personaggi iniziano a camminare con le loro gambe, ci confrontiamo su come raccontare i casi medici. Che sono tutti veri, patologie realmente accadute. Certo poi un po’ romanzate, ma le malattie sono vere”.
Il rapporto con gli attori
“Il rapporto più stretto è con Argentero, con lui è nata una bella amicizia. Però, come nella fiction anche nella realtà, c’è lo specializzando del cuore: Pierpaolo Spollon”.