L’artista ha ricevuto ieri la “honoris causa” alla Statale di Milano: “Amo la musica assoluta”
Cominciamo dalla fine, dai lucciconi di una studentessa mentre Ennio Morricone concede alla platea un bis, e chissà quali e quante musiche dai suoi 450 film avranno vissuto quegli occhi così giovani.
È il «tema di Deborah», cuore ferito dall’amore eterno di Robert De Niro per la ballerina che aveva visto danzare, ragazza, in uno spioncino. C’era una volta in America ma si piange ancora nell’Aula magna dell’Università Statale di Milano, quando il rettore, Luca Vago, conferisce la laurea honoris causa in Scienze della musica e dello spettacolo al compositore di colonne sonore più famoso al mondo.
Autore anche di celebri pezzi di musica assoluta come Voci dal silenzio, nato dopo la strage dell’11 settembre, e la recente Messa per Papa Francesco. È musica pura il brano inedito che regala alla platea, «Varianti per Bach», un crittogramma in cui sono nascoste le iniziali dei pianisti Ballista Antonio e Canino Bruno, brano eseguito due volte. «Ho notato che la musica contemporanea si apprezza di più nella seconda esecuzione. Ora aspetto le reazioni» confessa come un debuttante. All’inizio, per accoglierlo, l’orchestra della Statale aveva eseguito Gabriel’s Oboe, il tema di Mission.
È un mito vivente, con le dita minute che accarezzano il piano. Ottantotto anni, due premi Oscar, stella d’ottone sulla Walk of fame di Hollywood, una sfilza di riconoscimenti che non entra nel quaderno degli appunti, emozionato come un ragazzino. «Le porto la busta?», gli chiedono per salvarlo dall’assedio degli autografi. «No, no» risponde l’uomo che ha appassionato il mondo, lavorando con Bertolucci e Pasolini, i fratelli Taviani, il Brian De Palma degli Intoccabili, Roman Polanski di Frantic e Pedro Almodovar di Legami!. Ancora, soprattutto, Sergio Leone e gli spaghetti western, La battaglia di Algeri di Pontecorvo, Nuovo cinema paradiso di Tornatore.
Persino Se telefonando di Mina, tanto per capirne l’eclettismo, è opera sua. Si scivola fino all’altroieri di Quentin Tarantino, che l’aveva voluto a tutti i costi e gli aveva lasciato carta bianca per le musiche di The hateful eight. Così è arrivato l’Oscar. Secco il suo commento: «Non so quante volte ho detto a mia moglie che non avrei più scritto colonne sonore».
Maria Morricone, 60 anni di matrimonio, è con lui come sempre e intuisci un po’ di quel legame che ha portato lui a dedicarle l’Oscar. «Credo sia andata a bene, lo devo domandare intorno a me soprattutto a mia moglie» confessa. Non è anestetizzato dai premi che lo inseguono: «Ogni volta sono contento, questa volta sono più contento di altre volte. L’emozione questa volta è stata più pesante». Il riconoscimento è arrivato anche per l’impegno. «Sociale è la musica assoluta. Il mio Voci dal silenzio è stato scritto per la strage dell’11 settembre in America e anche per le stragi della storia, recente e lontana». Una colonna sonora per il Paese? «L’Italia ha già il suo Inno di Mameli. Non bello, ma può essere eseguito molto bene, più lento, più morbido e non come una marcia eroica».
Nella laudatio di laurea, opera del professor Cesare Fertotani, c’è una citazione dalla sua lunga autobiografia, Inseguendo quel suono. La mia musica, la mia vita, uscita nel 2016 per Mondadori, che cerca di estrarre il succo del suo spirito: «L’ideale di unire ciò che apparentemente è inconciliabile». Alto e basso, concerti e colonne sonore, amore e dolore, morte e vita.
Il Giornale