(di Cesare Lanza per La Verità) Negli anni Novanta, Vittorio Sgarbi conduceva su Canale 5 un programma dimenticato un po’ da tutti e che io vorrei fosse riproposto: si chiamava Sgarbi quotidiani, con una versione estiva ancora più interessante, Lezioni private, che metteva da parte la politica e l’attualità e trattava di di letteratura e di arte. Durava, spero di non sbagliare, una quindicina di minuti e nel nuovo corso di Mediaset, oggi, ci starebbe benissimo. Starete pensando che non è certo una novità riproporre un programma di più di vent’anni fa; e che se il lodevole tentativo di Pier Silvio Berlusconi sia ripulire Mediaset dai suoi eccessi trash, mandare in onda tutti i giorni un personaggio spesso sopra le righe come Sgarbi sia una contraddizione. Ma non è così. Intanto perché in mancanza di idee nuove, ma soprattutto di personaggi carismatici in grado di bucare lo schermo, sarebbe bene ripescare dal passato ciò che funzionava. E anche perché aiuterebbe a far capire alle nuove generazioni, prima che muoiano di politically correct, la differenza tra trash e provocazione intellettuale. Sgarbi è uno dei pochi in grado di parlare di tutto e allo stesso tempo un grande esperto dei meccanismi della comunicazione: è a lui, specie nella tv di oggi, che bisognerebbe dare «carta bianca». Bene ha fatto Luca Beatrice, nel suo Le vite. Un racconto provinciale dell’arte italiana, dove incrocia le vicende di grandi artisti a personaggi che hanno contribuito a cambiare il modo di narrare l’arte, a dedicare ampio spazio a Sgarbi e a definirlo un fuoriclasse: «Può parlare di Caravaggio e del governo, di un’attribuzione dubbia o di un caso di cronaca. Ha modificato il ruolo dell’intellettuale rispetto ai media».