‘Le ragazze del centralino’, serie tv spagnola, arriva alla terza stagione e prenota già la quarta. Disponibile dal 7 settembre su Netflix, racconta l’amicizia tra un gruppo di impiegate di una grande compagnia telefonica alla fine degli anni Venti ma affronta temi di grande attualità come le molestie e la violenza domestica. Incontro con gli autori
Prima de La casa di carta, con le sue migliaia di follower, la prima serie tv spagnola a sbarcare su Netflix è stata Las chicas del cable, ovvero Le ragazze del centralino. A metà tra il mélo e il pamphlet femminista, la serie degli autori Ramón Campos e Gema R. Neira non ha il pubblico sterminato della saga dei rapinatori della Zecca di Madrid ma vanta un suo zoccolo duro di spettatori che ne hanno certificato il successo e garantito una terza stagione, dal 7 settembre sulla piattaforma, e una quarta già in programma. È la storia di quattro giovani donne nella Madrid di fine anni Venti: la timidissima Marga che viene dalla campagna, la ricca Carlota figlia di un generale che scappa di casa pur di avere un po’ di libertà, l’apparente fragile ma in realtà tosta Angeles, vessata dal marito e Lidia, ragazza del popolo con un passato difficile e una grande intraprendenza divisa fra l’amore di due uomini. Non hanno molto in comune queste ragazze del centralino se non il luogo in cui si conoscono, la prima grande compagnia telefonica spagnola.Non solo più suore o cameriere, le centraliniste conquistano la libertà. “L’ambiente della compagnia telefonica era un mondo che ci aveva incuriosito già in passato – dicono gli autori – ma nel 2014 dopo aver visto la mostra ‘Operatrici telefoniche: il mondo nelle loro mani’ ci siamo resi conto come la rivoluzione telefonica avesse avuto un ruolo importante nel mondo femminile. Prima di allora le donne potevano essere insegnanti, suore o cameriere, con la nascita del ruolo delle centraliste improvvisamente hanno avuto la possibilità di essere indipendenti. Dopo aver visto questa mostra ci siamo detti perché non raccontare la storia di queste pioniere?”. E così è nata l’idea della serie che nelle prime due stagioni, disponibili su Netflix, racconta come queste ragazze così diverse imparino a conoscersi, aiutarsi, fare squadra. Se nella prima le quattro stavano prendendo le misure della loro relazione, nella seconda “i legami si fanno più stretti e profondi – spiegano gli autori – Nella prima stagione le ragazze erano innocenti e impegnate nella scoperta di un mondo che dovevano imparare a fronteggiare, nella seconda decidono di affrontare il toro per le corna e la storia si fa più enigmatica e dark. Ma è la terza stagione che vedrà le ragazze vendicarsi di tutto quello che è stato fatto loro nel passato”.Tra storia e cinema classico con un pizzico di Hitchcock. Non stupisce quindi che dalle prime immagini della terza stagione l’ambientazione sembri alquanto cambiata, le quattro amiche non agiscono nel grande palazzo della compagnia telefonica ma sono in un club elegantissimo, la storia è ormai scavallata negli anni Trenta. Per ricostruire quel mondo gli autori da un lato si sono documentati con cura mescolando elementi fiction con altri presi dalla storia della Spagna di quell’epoca e dall’altra si sono ispirati ad alcuni cult cinematografici. “Il punto di partenza della serie, cioé la creazione stessa della compagnia telefonica e la prima chiamata intercontinentale tra Spagna e Stati Uniti, sono fatti storici, come pure l’interesse della corona nella compagnia – spiegano Ramón Campos e Gema R. Neira – anche altri elementi sono reali come gli ambienti in cui le protagoniste si muovono: il luogo di riunione delle femministe, alcuni dei ristoranti e dei club che si vedono nella serie”. Per ricostruire questa Madrid, a cavallo tra gli anni Venti e Trenta, gli autori si sono ispirati dal punto di vista visivo ad alcuni film che avevano amato come Il Grande Gatsby con Robert Redford o Midnight in Paris di Woody Allen, “l’idea era di rivedere quell’epoca aggiungendoci un tocco della Barcellona modernista con le sue curve, mentre per quel che riguarda il modo di raccontare la nostra più grande influenza è sicuramente Alfred Hitchcock, in special modo nel film Marnie”.Dopo anni di sessismo anche le serie tv servono a emanciparsi. Al di là della cura dei dettagli dai costumi alle scenografie, della forza dei personaggi e della trama che mescola elementi passionali con vicende di spionaggio industriale la vera forza della serie risiede nell’aver anticipato lo spirito del tempo e ancora prima dell’esplosione dei movimenti #MeToo e Time’s Up aver abbracciato il tema delle rivendicazioni femministe che, a distanza di 90 anni dai fatti raccontati, è quanto mai attuale. “Il nostro pubblico ha accolto molto bene questi temi. Mentre sviluppavamo la storia ci siamo resi conto che nonostante ci siano stati molti avanzamenti per la condizione femminile negli anni, è ancora più difficile per una donna rispetto a un uomo ottenere una posizione di dirigenza, esistono ancora sensi di colpa che riguardano il lavoro per le lavoratrici che hanno famiglia e soprattutto esistono ancora gli abusi sul luogo di lavoro”. Ramón Campos e Gema R. Neira raccontano che “poco tempo fa la figlia adolescente di un nostro amico ci ha rivelato che da quando ha iniziato a vedere la serie, ha cominciato a vedere in modo diverso il suo futuro, convinta di voler dimostrare a se stessa e al mondo di cosa poteva essere capace. Cose come questa rendono grande il nostro lavoro. Questo è un momento fondamentale per l’emancipazione femminile dopo tanti anni di sessimo e le serie tv, come parte integrante della cultura, hanno una grossa responsabilità per aiutarci ad avanzare”.
Chiara Ugolini, repubblica.it