Fabio Fazio, la tempistica del rinnovo milionario con la Rai fa infuriare Matteo Renzi

Fabio Fazio, la tempistica del rinnovo milionario con la Rai fa infuriare Matteo Renzi

Certo, fatta la tara dell’invidia sociale, capisco che è dura da digerire. Per molti, un rospo etico alla faccia del servizio pubblico

Fabio Fazio figliol prodigo mai partito che si appalta praticamente tutta Raiuno per quattro anni d’esclusiva (di solito i contratti sono biennali) e 11 milioni di euro – da 1,8 milioni annui a 2,8- , e dopo aver protestato per la «tv lottizzata» nonostante il «tetto degli stipendi; be’ induce travasi biliari e voglia d’impugnare un kalashnikov. Infatti sono assai giustificate le reazioni di Roberto Fico presidente M5S della Commissione Vigilanza («Fazio comunista col portafoglio a destra»); e quella, più tecnica, del tignoso Pd Michele Anzaldi; il quale ha inviato un esposto all’Autorità anticorruzione e alla Corte dei Conti per «mancata applicazione della delibera del Cda sulla riduzione del 10% dei compensi sopra i 240mila euro; assegnazione di un compenso a Fazio attraverso una società che al momento risulta ancora non costituita; assegnazione parziale della produzione di Che tempo che fa a una società esterna senza bando di gara; pagamento dei diritti per una trasmissione che va in onda in Rai da 14 anni». Tra l’altro Anzaldi è l’ombra di Matteo Renzi. Che – secondo Dagospia – ieri era d’un furore belluino verso il neo dg Rai Mario Orfeo: «Proprio ora doveva portare il contratto in cda? A tre giorni dai ballottaggi…». E tra l’altro, l’arrivo di Fazio a Raiuno provocherà un effetto-domino anche su altri tasselli di un palinsesto che, per ora, sembra un puzzle impazzito: Vespa che si sposta fino a giovedì e che spinge nella notte del sabato sera il consolidato Petrolio di Giammaria, l’effetto straniante sull’infotaiment della domenica pomeriggio. Eccetera eccetera.
Ora, chi scrive ritiene senza dubbio Fazio un grande professionista. Ma rimango della ferma idea che, essendoci una legge sul tetto per i civil servant dei palinsesti della tv di Stato a 240mila euro (anche se l’indimenticato Agostino Saccà sul Foglio afferma che esista solo a Cipro, imposta dalla Troijka, e che il Parlamento l’abbia bocciata: «la lezione di Nicosia»); be’, quella legge dev’essere rispettata. Orfeo al cda ha fatto trapelare che Fazio stava scivolando nelle mani delle concorrenza. Ma devo ancora intuire quale «concorrenza» si sarebbe subito accaparrata Fazio, a quelle cifre da Warren Buffett. Non è La7, nonostante dalle parti dell’efficacissimo agente Beppe Caschetto affermino il contrario. E non è Sky. Non credo sia Netflix, a meno che Fazio non faccia un telefilm sull’influenza degli anchormen ricchi sull’occidente civilizzato. Ergo, mi sfugge l’urgenza di blindare la star con un «pacchetto Fazio». Così come mi sfugge la logica di far fuori L’Arena di Giletti senza una spiegazione tecnica che ne compensi la perdita d’ascolti; a meno che, la domenica pomeriggio, non si voglia procedere ad un’ottimizzazione delle risorse giornalistiche interne. Quella sì, sarebbe una rivoluzione (ma mi dicono che al posto di Giletti spunterà la Parodi…). Quindi, di prim’acchito, viene da pensare che non abbia torto l’Usigrai quando afferma che «il nodo» di tutta questa pochade «è lo strapotere degli agenti e delle società di produzione». Però.
Però, fatta la tara a tutto questo, non cadrò nella trappola populista dei «soldi pubblici sprecati». L’arrivo di Fazio su Raiuno, può comportare, industrialmente, due scenari. Il primo scenario è probabilmente quello che ha ispirato Orfeo (che, intendiamoci, escludo abbia subito alcuna pressione politica, né con Fazio né con Giletti). Orfeo forse ritiene che spostando Fazio da Raitre dove il conduttore registra risultati tra il 10% e l’11% di share a Raiuno, quest’ultimo possa assicurare all’Ammiraglia Rai cifre dal 17% al 20% almeno. Ragiona un ex massimo dirigente Rai, profondo conoscitore dei palinsesti: «L’operazione potrebbe essere economicamente produttiva. Specie considerando che, ovvio, Fazio, non avrà la concorrenza di Che tempo che fa e che su Raitre aveva il traino al 4%, mentre quello del Tg1 arriva al 25-26%. Da anni tutti sanno che su Raitre Fazio costava troppo rispetto ai risultati; spostarlo su Raiuno agli stessi costi-puntata (circa 650 mila euro per Rischiatutto e 500 mila per Che tempo che fa, ndr) ma spalmandolo per 32+32 puntate al 20%-23% di share potrebbe, a lungo andare pagare. Non dimenticarti che Fazio sa essere molto pop…». Non lo dimentico. Anima mia era commuovente, e il primo Sanremo fu da record. Il primo.
Ora, la strategia dal travaso d’ascolti e del «consolidamento» ci può anche stare. Ma si può prospettare anche uno scenario diametralmente opposto. Se Rischiatutto titilla il lato nazionalpopolare dell’italiano quizzarolo e ha dimostrato di toccare vette d’ascolto, Che tempo che fa , con la sua scrittura «alta» e molto (a volte, troppo) sofisticata potrebbe non essere adatto, nella sua serialità, per il pubblico di Raiuno. Potrebbe essere che il pubblico fedele, chiuso, consolidato di Raitre si sposti sull’ammiraglia; ma non è detto che il pubblico dell’Ammiraglia si assommi a quello di Raitre. A Rai Pubblicità, in queste ore stanno fibrillando su proiezioni ed istogrammi per capire se il gioco varrà la candela. Vedremo. Come sempre in Rai le scelte «vanno fatte nella direzione del servizio pubblico».

(Ps, altra domanda: ma che fine farà, poi, Raitre…?).

di Francesco Specchia, Libero Quotidiano

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