Crudelia, la recensione dell’omaggio dark a Crudelia De Mon con Emma Stone

Crudelia, la recensione dell’omaggio dark a Crudelia De Mon con Emma Stone

La famiglia dell’orfana Estella (Emma Stone) nella Londra degli anni Settanta è costituita dai due amici Orazio e Gaspare, ladruncoli come lei, conosciuti quando è arrivata nella capitale dieci anni prima, traumatizzata dalla perdita di sua madre. Grazie al loro affettuoso aiuto, forse potrà dar vita al suo sogno, lasciandosi alle spalle il malaffare e diventando una designer di moda: entra alle dipendenze dell’egocentrica Baronessa (Emma Thompson), prestigiosa fashion designer. C’è un problema: il cinismo di quest’ultima sta risvegliando in Estella la sua stessa cieca cattiveria istintiva, che sua madre cercava di contenere. Ma si può contenere l’anima di “Crudelia“?

Crudelia, l’identità oltre l’omaggio alla Carica dei 101

Nell’oceano di fanservice che la Disney negli ultimi anni ha confezionato con i suoi rifacimenti dal vero di classici animati, Crudelia di Craig Gillespie è un oggetto piacevolmente non identificato. Come accadde col Libro della giungla di qualche anno fa, che usò l’omaggio al cartoon come veicolo per un adattamento più fedele di Kipling, proponendosi con una sua identità, Crudelia incuriosisce chi è affezionato al neosessantenne La carica dei 101 (1961), poi lo spiazza. Quando mesi fa qualcuno sui social ipotizzò un parallelo tra la Crudelia di Emma Stone e il Joker di Joaquin Phoenix, liquidammo l’idea ridacchiando. Dopo aver visto il lungometraggio di Gillespie, un autore che in passato ha saputo colpire sotto la cintura con Lars e una ragazza tutta sua e Tonya, non ci sembra più un’interpretazione così forzata. Sia chiaro: Crudelia non è di certo uno spettacolo per soli adulti disturbante come Joker, è comunque una produzione Disney, eppure… è un’esperienza più dark di quello che ci si aspetterebbe.

Crudelia, come si diceva, non è fanservice pigro. Cercate la dolcezza dei cagnolini e degli animali parlanti? Non la troverete: i cani ci sono, in poche scene, ma non sono affatto rassicuranti (d’altra parte nella Carica la nostra protagonista vorrà sopprimere i dalmata..). Cercate la caricatura buffa e innocua? Non la troverete. Certamente questo non è un film che può né vuole fare del realismo la sua cifra stilistica, ma per i suoi personaggi sceglie l’eccesso e il grottesco: se la Crudelia del cartoon era una cadente vamp sfiorita, tanto cinica quanto approssimativa nell’affidarsi a due scagnozzi inetti e ridicoli, la Crudelia di Emma Stone è sofisticata, precisa, a suo agio con se stessa, spietata e non isterica. Il suo alter ego Estella, che in altri contesti disneyani potrebbe essere un esempio positivo, parte peraltro svantaggiato, con un senso di colpa notevole nel già forte incipit. È perdente.
Chiave del paragone tra i due film potrebbe essere proprio il confronto tra questi Orazio (Paul Walter Hauser) e Gaspare (Joel Fry) e le loro controparti di sessant’anni fa: specialmente Gaspare è gentile e affettuoso, e il rapporto di entrambi con Estella è inizialmente paritario. I due diventeranno i lacché totali più avanti, dopo questo film, quando la caduta nel Lato Oscuro di Estella sarà completa e ogni traccia di faticosa umanità sparirà, lasciando il posto con malcelata soddisfazione al male assoluto (e folle!) dell’alter ego Crudelia.  

Spontaneo ricordare Il diavolo veste Prada (suggestionati dalla collaborazione al soggetto della sua sceneggiatrice Aline Brosh McKenna), però Gillespie, come suggerisce in alcune citazioni, ha i piedi ben piantati nel cinema classico hollywoodiano d’antan, e non è eretico ripensare a Eva contro Eva, o spingersi ad assurdità più tarde come La morte ti fa bella di Zemeckis. Già è significativo che la mente vada a film non di certo disneyani per cercare di esprimere le curiose sensazioni che Crudelia suscita: c’è un tentativo di compensare questa discesa agli inferi di Estella/Crudelia, un salvataggio in corner, perché la Baronessa appare in fondo ancora più cattiva della protagonista, ma la sensazione di aver assistito a un sincero trionfo del male in un film Disney rimane dentro. Crudelia è troppo decisa per essere una vittima a tutto tondo, e se ne ricava un piacevole tilt, prezioso perché originale.

Crudelia, l’omaggio non banale con qualche cedimento

Allo stesso tempo Crudelia non manca di rispetto alla Carica dei 101, perché se non lo omaggia nell’aspetto narrativo e nell’anima, lo omaggia nello spirito dell’esperienza estetica: nel 1961 il lungometraggio animato Disney fu il primo ad abbracciare la sintesi grafica antirealistica di quel periodo, con un marcato espressionismo grafico e un uso della musica non solenne. Per non essere da meno, Gillespie riempie l’immagine di Crudelia di dettaglio e cura, assapora le scenografie spesso sontuose con robusti piani sequenza, usa al meglio l’oceano di costumi messi a punto dalla premio Oscar Jenny Beavan, si abbandona a una colonna sonora vintage: Supertramp, Doors, Queen, Clash, Nancy Sinatra… Cogliendo perfettamente questo spirito, Emma Thompson gigioneggia da par suo nei panni della Baronessa, mentre Emma Stone è troppo brava per nascondere nelle gag la tangibile schizofrenia del suo personaggio.

cominsoon.it

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