La coppia cinematografica che non ti aspetti è quella formata da Max Pezzali e Elisa. Uniti in un cameo per l’opera prima di Mauro Russo, Cobra non è, distribuito da 102 Distribution e prodotto da Giallo Limone Movie, direttamente su Amazon Prime dal 30 aprile. Due rocker duri e puri, motocicletta, giubbotti di pelle, impegnati in una rissa, non solo verbale, con giovani fan della trap. «Mauro Russo lo ha chiesto amichevolmente a noi e a Clementino. Ho accettato con entusiasmo come mi capita con le cose che all’apparenza sono una follia. Si girava vicino a Roma e mi sono portato mio figlio. Immaginavo, confesso, una situazione più goliardica, invece era molto professionale. Per me un invito a nozze, divertente, la nostra scena ha un’atmosfera un po’ alla Rodriguez e Tarantino. Con una grande sorpresa».
Quale?
«Elisa, qui irriconoscibile, credibile nel ruolo della punk rocker cattivissima».
Cosa spinge Pezzali, orgoglioso provinciale, a intrufolarsi in mondi diversi dal suo?
«Subisco la fascinazione verso ciò che non so fare, vado alla scoperta di mondi che non conosco per curiosità con l’incoscienza del neofita. È un tipo di understatement che la provincia ti insegna ogni giorno. La mia attitudine è quella del passante che guarda in camera, testimone per caso, tra Forrest Gump e Paolini».
Il suo singolo «Sembro matto» è nelle classifiche radiofoniche. Perché ha scelto il rapper Tormento per la versione remix ?
«I featuring per me hanno senso quando rappresentano una vicinanza artistica non solo un’opportunità discografica. Tormento e il mondo dei Sottotono sono parte della mia vita. Collaborare è raccontare con voci diverse il proprio tempo».
Lei riesce a essere l’anello mancante tra Zerocalcare, che disegna le cover dei dischi, e Don Matteo con il cui cast ha girato il video di «Sembro matto».
«Quello con Zerocalcare è il più evidente dei collegamenti impossibili. Sono un fan della sua opera omnia. Con sorpresa mi ero reso conto che citava un mio verso. Poi siamo stati invitati a un evento insieme e ci siamo riconosciuti. Anche se di generazioni e mondi diversi, ci siamo ritrovati caratterialmente, un modo un po’ patologico di affrontare la vita: insicurezza, senso di inadeguatezza, difficoltà a gestire i rapporti sociali. Credo siamo gli unici ad aver preso con una certa filosofia il lockdown».
In che senso?
«Siamo abituati a vivere in questi rifugi antiatomici che sono le nostre case, lui a Rebibbia, io fuori Pavia. Apparteniamo alla stessa tribù: un po’ nerd, un po’ iper-analitici, alla continua ricerca di una ragione a tutto, cosa che all’inizio non ci permetteva di agire e poi ce lo ha permesso. Siamo i meno adatti ad avere un ruolo pubblico eppure lo abbiamo».
E infatti lei è un personaggio televisivo al fianco di Fazio: come l’ha convinta?
«Grazie alla simpatia personale e alla mia curiosità morbosa di sapere come funzionano le cose. Stare accanto a Fabio è come stare in aereo in cabina di fianco al pilota».
Ha un album in uscita in autunno, come lavora in quarantena?
«Sono abituato a lavorare anche da solo nella mia cantina studio. Il problema sta nei contenuti. È accaduta una cosa inconcepibile, come se fossero arrivati gli alieni, tutto diventa improvvisamente marginale, la difficoltà è immaginare queste canzoni dopo l’emergenza. Questo è stato l’11 settembre del nostro tempo».
E «San Siro canta Max Pezzali», il sogno di una vita?
«Continuo a crederci. Ho lavorato tanto per questo, accarezzo il sogno, indipendentemente dalle date. Con la negatività accumulata, solitudine, isolamento e angoscia, so che quando ci sarà la possibilità vorrà dire che avremo la voglia di lasciarci questo alle spalle e sarà bellissimo».
Come vive la quotidianità?
«Cito uno dei meme più belli del periodo: ho finito Netflix. Esaurito arretrati di film e serie. Ho riattivato un vecchio tapis roulant. E condivido gli spazi con mia moglie che è in smart working. Qui in campagna c’è da contendersi il wifi. Una guerra pacifica».
Stefania Ulivi, Corriere.it