Invecchiando ha capito che anche le situazioni più negative aiutano a crescere. Ora si prepara a tornare in teatro con la storia di una coppia che, alla vigilia delle nozze, si interroga sui pro e sui contro
Bello, ricco e famoso? Sì, Raoul Bova è anche questo, ma non solo. Impegnato a tempo pieno sul grande e piccolo schermo, l’attore dedica molte energie anche all’impegno sociale. La sua carriera d’attore, però, iniziò per il fallo di una «virata» da nuotatore. «Avevo 17 anni e stavo partecipando alle selezioni per i Mondiali — racconta —. Come si dice in gergo avevo “il tempo nelle braccia”, ero forte in piscina, velocissimo, mi sentivo pronto per affrontare la grande prova. E quella mattina ero stato il primo fino all’ultima vasca ma, quando arrivo in fondo, nel momento di spingere sul muro e compiere la virata finale per raggiungere il traguardo, i piedi scivolano sulla parete e praticamente resto fermo: da primo divento l’ultimo». Quella sconfitta brucia dentro: «Ero afflitto, sconfortato, disorientato. Avevo iniziato ad allenarmi dall’età di 4 anni, perché mio padre, che da giovane era stato campione di lotta greco-romana, mi aveva trasmesso l’amore per lo sport. Un impegno duro: tutti i giorni mi svegliavo presto e alle 5 del mattino ero già in piscina; poi a scuola; poi di nuovo in piscina. Una vita anche di sacrifici, perché c’era poco tempo per gli svaghi, ma non volevo deludere papà che mi seguiva passo per passo con amore e tanta dedizione». Poi quella imprevista, forse, provvidenziale scivolata: «Non riuscivo a dire a mio padre che non me la sentivo più di continuare, che volevo lasciare il nuoto, ma mi capitò di partecipare al provino per la fiction Rai “Una storia italiana” sui fratelli Abbagnale, glorie del canottaggio. Il regista Stefano Reali, osservandomi durante la mia esibizione, si accorge che ero carico di rabbia. Cominciamo a parlare, gli racconto la mia storia e la virata che non ero riuscito a fare su quella parete, l’ho fatta nella vita».
Il mio amico Tom Hanks
Una vita di successi anche internazionali: tra il 2000 e il 2010, lavora assiduamente in produzioni cinematografiche e televisive negli Stati Uniti. «Mi trovavo per la prima volta nei mitici Studios americani. All’inizio avevo una conoscenza scolastica dell’inglese e, quando partecipavo alle conferenze stampa, imparavo a memoria tutte le possibili domande e relative risposte da dare ai giornalisti. Il guaio era quando mi facevano una domanda imprevista: rispondevo con la risposta preparata e vedevo i sorrisetti sulla faccia dell’interlocutore che aveva capito l’inghippo». Ha lavorato anche in uno spot accanto a Madonna («un’autentica star! Ma fu più lungo il viaggio che feci per raggiungere il set che il ruolo da recitare»). Il ricordo più bello è con un attore con cui non ha mai lavorato: Tom Hanks. «Ci eravamo conosciuti con lui e la moglie a Venezia. Quando mi trasferii a Los Angeles mi telefonò una sera dicendomi “Ho saputo che sei qui da solo, vieni a cena da noi, che ti facciamo compagnia”. Gli americani sono davvero affettuosi». Poi il ritorno in Italia: «Negli States ho imparato tanto e ho pensato che avrei potuto fare qualcosa di buono anche nel mio Paese». Viene diretto da registi come Ferzan Ozpetek, Giuseppe Tornatore e Pupi Avati. Tra i tanti ruoli interpretati, quello cui è più legato è Capitano Ultimo (al secolo Sergio De Caprio), su cui sta girando la quinta serie per Canale 5, e con cui ha creato una fondazione onlus. «Il Parco della Mistica dove sorge la Casa Famiglia in cui accogliamo minori disagiati: diamo loro una formazione per intraprendere un lavoro onesto». E adesso Bova è attivo sul fronte del recente terremoto: «Il 24 agosto mi trovavo vicino Rieti e ho avvertito subito l’esigenza di andare nelle zone colpite per dare una mano».
Sensi di colpa
Bello, ricco, famoso e impegnato nel sociale. Per i figli Alessandro (16 anni) e Francesco (15), avuti dalla prima moglie Chiara Giordano, e la piccola Luna (11 mesi) avuta dalla attuale compagna Rocío Muñoz Morales, forse un padre ingombrante? «Non mi metto mai sul piedistallo per far vedere “quanto sono bravo”. Cerco di contagiarli con il mio entusiasmo. I due figli più grandi sono venuti alle manifestazioni in favore dei terremotati, ho parlato con loro degli obiettivi benefici come fossero il più bel film della mia carriera, una roba da Oscar. Cerco di comunicargli che non contano solo il denaro e il potere. Certo, come tutti gli adolescenti sono contestatori, ma non demordo e propongo esempi di persone generose, altruiste, contro la corruzione e la sporcizia». Contestatori anche per la separazione dei genitori? «Non nego che per loro sia stato un grande dispiacere e non è facile fargli capire che la famiglia non è solo quella tradizionale. Ci vuole il tempo necessario». Sensi di colpa? «Certo, ma invecchiando ho capito che anche le situazioni più negative ti aiutano a crescere. Non ho più paura di dire quello che penso, ho imparato a dire qualche no e non solo dei sì per accontentare tutti. Insomma, a essere accettato per quello che sono nel bene e nel male». Intanto, Alessandro e Francesco frequentano il liceo, tanto sport e pure una vena artistica: «Il più grande disegna benissimo. Il più piccolo ha una vis comica straordinaria: realizza dei video da scompisciarsi dalle risate». Seguiranno le orme del papà? «Non credo proprio e soprattutto non vogliono fare i raccomandati. Fino a qualche tempo fa, non volevano nemmeno che si sapesse chi era il papà. In altri termini, non vogliono apparire come i “figli di”».
Il matrimonio
Intanto Raoul, appena avrà finito le riprese di «Ultimo» («in questa nuova serie affrontiamo il drammatico tema dei narcotrafficanti che stanno invadendo il mondo e la lotta del gruppo Anonimus per la legalità»), si appresta a tornare in teatro: «A febbraio sarò in scena con Chiara Francini in una commedia, intitolata “Due”, scritta e diretta da Luca Miniero: è la storia di una coppia che, alle soglie del matrimonio, si interroga sui pro e i contro, ansie e inevitabili dubbi, su di un passo così importante».
di Emilia Costantini, Il Corriere della sera