A pochi giorni dall’uscita negli Usa (4 ottobre, il giorno prima in Italia), crescono le polemiche intorno a Joker di Todd Phillips, il film, Leone d’oro all’ultima Mostra del Cinema di Venezia, che racconta, da una prospettiva anche sociale, le origini del super nemico (interpretato da Joaquin Phoenix) di Batman. Il dibattito è nato soprattutto online dopo i rilievi di qualche critico, secondo cui il film offrirebbe un ritratto troppo benevolo del protagonista, risultando, per alcuni, addirittura, un implicito incitamento alla violenza. Ora intervengono, con una lettera all’ad della Warner Bros Ann Sarnoff, cinque famigliari delle vittime della strage di Aurora (12 morti e 70 feriti) in Colorado, compiuta nel 2012 dall’allora 24enne James Holmes, che aprì il fuoco in un multiplex durante una proiezione de Il cavaliere oscuro – Il ritorno (terzo capitolo della trilogia su Batman di Christopher Nolan).
Stando ai primi articoli, al momento dell’arresto, Holmes aveva detto di identificarsi in Joker, una voce poi smentita dall’avvocato dell’uomo, condannato a 12 ergastoli. “Quando abbiamo saputo che la Warner Bros stava per distribuire un film chiamato Joker, che presenta il protagonista in una storia delle origini benevola, ci siamo fermati a riflettere” scrivono i famigliari. Ribadendo il loro sostegno alla libertà di parola e espressione, non chiedono una messa al bando del film, ma che la Warner Bros sostenga attivamente “la lotta per costruire comunità più sicure e con meno pistole” e propongono alla major azioni concrete come usare la propria influenza per promuovere una riforma della legge sulle armi e smettere di contribuire alle campagne di candidati che prendono soldi anche dalla Nra (la lobby delle armi usa) o sono contro tale riforma. Il film è “uno schiaffo in faccia” ha detto a Hollywood Reporter una delle firmatarie della lettera, Sandy Phillips, che dopo aver perso nella strage di Aurora una figlia, ha fondato con il marito l’associazione Survivors Empowered. La sua preoccupazione è che qualcuno, “che magari sta covando il pensiero di compiere una strage possa sentirsi incoraggiato da questo film”. Mentre Tom Sullivan, che nella strage ha perso un figlio, non pensa invece che il film “possa innescare atti di violenza”. Intanto il multiplex dove si è svolta la strage ha annunciato che non proietterà Joker. Le polemiche hanno toccato anche Joaquin Phoenix, che qualche giorno fa ha interrotto un’intervista con The Telegraph, quando gli hanno chiesto dei possibili effetti della violenza della pellicola, per poi tornare dopo un’ora, scusandosi. In un’altra intervista l’attore ha risposto sul tema: “Penso che la maggior parte di noi sappia distinguere la differenza tra giusto e sbagliato – ha detto a Ign -. E quelli che non non sono capaci di farlo, possono stravolgere il senso di qualunque cosa, i versi di una canzone, il passaggio di un libro. Non penso sia responsabilità di un filmmaker insegnare la moralità o la differenza fra giusto e sbagliato”.
La Warner Bros però non ci sta e ribatte. “Che sia chiaro: né il personaggio di finzione Joker, né il film sono un endorsement a qualunque tipo di violenza del mondo reale”, è la dichiarazione ufficiale nella quale si sottolinea come “la violenza delle armi nella nostra società è un tema critico e noi estendiamo la nostra solidarietà a tutte le vittime colpite da queste tragedia”. “La nostra compagnia ha una lunga storia di donazioni alle vittime di violenza, incluse quelle di Aurora e nelle ultime settimane, la nostra società madre si è unita ad altri leader del mondo economico per chiedere ai legislatori di emanare una legge bipartisan per colpire questa epidemia (di violenza, ndr). Allo stesso tempo, Warner Bros crede che una delle sue funzioni di storytelling sia di provocare dialoghi difficili su temi complessi”.
Francesca Pierleoni, ANSA