“Non ho esercitato un utilizzo improprio dell’automobile di servizio. Di questo sono persuaso. Se poi mi si rimprovera di avere fatto trasportare il mio micio dal veterinario perché era in gravi condizioni, allora sono pronto a sopportare la prigione. Il mio micio viveva in grande affinità con me. Quando non stava bene, mia figlia mi incitava a spedirle immediatamente il micio. Ogni altra affermazione è inesistente o molto contestabile. La vicenda del micio rappresenta l’unica ‘forzatura'” ha affermato all’Adnkronos Gianfranco Miccichè dopo essere stato ascoltato dal gip nell’ambito dell’indagine per peculato e frode in concorso, insieme al suo conducente Maurizio Messina, imputato di frode, per l’uso illegittimo dell’auto di rappresentanza destinata all’ex Presidente dell’Ars. Parla di aver compiuto “delle confessioni” ma sempre nella certezza che “l’auto fosse comunque a mia disposizione”.
“L’idea di lasciar morire un animale perché devo prima consultare la legge, non esiste” – afferma – “d’altro canto su questa questione ho dimostrato che il regolamento dell’Ars mi autorizza ad agire come ho fatto, mi è conferita non per un paio di giorni ma a tempo indeterminato, così come è stabilito nella decisione. Se la decisione fosse erronea, non lo so, ma non ho commesso nulla di illecito. Ritengo che il mio operato sia stato legittimo, con la convinzione che le mie azioni fossero approvate dai responsabili dell’Ars”.