Dolcenera, sul suo Spacecraft torniamo a scambiarci le emozioni

Dolcenera, sul suo Spacecraft torniamo a scambiarci le emozioni

Il nuovo singolo arriva dopo il successo di Amaremare, che l’ha portata ad essere testimonial permanente di Greenpeace e invitata alle iniziative di Greta Thunberg, e Nuovo giorno Nuova Luce, adattamento e reinterpretazione del brano Feeling good di Nina Simone.

Ogni volta che Manuela Trane, ovvero Dolcenera, pubblica un singolo arriva prima un soffio di agitazione ed eccitazione perché non sai mai in che mondo ti porta. Questa è la sua storia, mondi diversi ma una sottile linea che li unisce tutti e si chiama coerenza artistica. Spacecraft è una canzone romantica con uno stile cinematografico nel testo e un sound anni ’80; è una visione distopica futuristica che sfocia in un’ambientazione spaziale, in una rappresentazione metaforica di uno stato d’animo conteso tra la consapevolezza della fine di un sentimento e la voglia e la nostalgia di un’emozione che ha regalato la meraviglia dell’immensità.

Manuela partiamo da Spacecraft e dal perché lo hai scelto in questo momento come singolo?
Ti premetto che non è per l’estate, ce ne sarà un altro. Doveva uscire lo scorso anno ad aprile, poi ho scelto nuovo management che mi ha consigliato di spostare la data di uscita quando la musica poteva essere di nuovo condivisibile. Nella pandemia musica ne è uscita ma non c’era modo di scambiarla, non si scambiavano le emozioni. Avevo voglia di vederti…è la folle corsa verso la persona amata. Il covid è stato distopico e tutto parte dalla realtà parallela, pensavo a Inception ai lavori di Giacomo Costa,un artista mio amico.
Il video è costruito alla Residente Evil con l’inserimento di alcuni momenti chiari, dove sei vestita di bianco e molto femminile: perché questo stacco?
Per dimostrare la fragilità del momento, un atto folle per incontrare la persona amata e quella è la prima scelta.
Una madre aliena è una mamma che oggi sa leggere la contemporaneità?
E’ quella di quando manca la comunicazione, non riesce a entrare nella mia testa e ad attutire il dolore. Ha una doppia valenza: il gesto folle è anche non confrontarsi.
Salto un dosso e il paradosso: c’è un paradosso che, ultimamente, ti ha dato molta soddisfazione saltare?
Il filo conduttore c’è tra tutto il mio percorso, tra Siamo tutti la Fuori e Spacecraft non vedo differenze, c’era la smania di condividere e realizzare un sogno. E’ il mio approccio con la vita. Cambia il mondo perché sono una musicista e sono brava a confondere. Nei miei dischi hanno trovato ospitalità il Brasile, l’Africa e ora è in arrivo la world music. Il paradosso superato in questo periodo è cambiare idea su come affrontare la musica. Sono cambiati i tempi delle release, dell’usufruire la musica: prima provavo ansia ma ora vedo le cose in modo opposto. Ora me ne frego. Come sostiene chi mi conosce bene resto una papera entusiasta…starnazzo, faccio casino, a volte impropriamente scambiato per protagonismo, ma il fulcro resta la passione per la musica.
Perché citi Lewis Capaldi?
E’ il pianista con la voce straroca che mi ha colpito con la sua determinazione acustica a fare pezzi lacrimosi.
Per amore si può sbandare e sbagliare strada?
Assolutamente sì, tantissimo. Io sono capitata bene, avrei potuto essere abbagliata dalla persona sbagliata.
Perché hai scelto di inserire due barre in inglese?
Dopo vent’anni di serie tv in inglese ora penso in inglese. Usiamolo un po’ di più senza perdere la nostra identità.
Da testimonial di Greenpace credi che si stia lavorando per salvare il pianeta o restiamo sempre alle belle parole?
In Italia vedo situazioni di contrasto: ci sono multinazionali del petrolio che sponsorizzano eventi green.
Cosa c’è oggi nel tuo paese delle meraviglie?
Mi sento libera, c’è la libertà. Mi aspetto solo di esprimermi in libertà.
Come è nato il podcast Una canzone, una storia – Psicografia di un’artista femminile come scegli le storie?
Nasce nel periodo del covid come momento di scrittura. In origine doveva essere un libro con dieci donne raccontate dal punto di vista filosofico, psicanalitico, tra virgolette perché non ho studiato psicanalisi, e attraverso il daimon, lo spirito guida, che è il problema grosso dell’umanità: la domanda è dove posso dare il meglio di me? Affronto la storia di queste donne dal questo punto di vista, devi immaginare scelte, carattere, non basta conoscere la biografia. Mi ha aiutato anche a specchiarmi: con Nina Simone ho sentito affinità. Judy Garland e le sue espressioni del volto mentre canta: mai guardava in camera, era in un’altra dimensione, puoi solo cercare di avvicinarti. Lei non sapeva cosa significa stare sulla terra, non c’era proprio. Non siamo abituati alla verità.
Sono vent’anni di Solo Tu: pensi a una edizione speciale? A un 45 giri?
Fu anche il primo approccio con questo mondo, ci andai a Destinazione Sanremo. Un brano cool e r’n’b dove però non mostravo le mie doti canore. Mi scontro con la realtà televisiva che premia le voci virtuose e io in quel pezzo non lo facevo. In due giorni ho scritto Vivo tutta a notte che ribalta tutto. All’epoca già emergeva la dicotomia tra popolare e introverso.
Negli anni hai tenuto una attività live costante ma l’ultimo album Le stelle non Tremano è del 2015: perché?
Non lo so, ho pensato che non avessero valore, pensavo tutto si muovesse coi singoli. Poi per varie situazioni sono saltate le pubblicazioni. Cosa è un disco? Neanche negli autogrill li trovi più, costruiscono auto senza autoradio…ormai la musica è liquida.
Che accadrà nelle prossime settimane? Che mi dici dello Space Live Tour?
Il dilemma era me al piano o me frontwoman con l’elettronica dietro? Hanno vinto gli altri ma solo per l’estate, in autunno nei club mi vedrete al piano fissa.

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