La Coppola prosegue la sua carrellata di ritratti femminili con un’opera minore molto riuscita: elegante, asciutta e in perfetto equilibrio tra generi cinematografici diversi
Il film di Sofia Coppola, “The beguiled – L’inganno“, visto ieri al Festival di Cannes, era uno dei titoli più attesi del concorso e, al momento, è tra quelli che più hanno soddisfatto il palato cinefilo dei critici e giornalisti presenti alla rassegna.
Ispirato a “La notte brava del soldato Jonathan“, pellicola del 1971 a sua volta tratta da un romanzo di Thomas Cullinan, “L’inganno” ha in comune col film d’origine solo la sinossi: mentre infatti l’opera degli anni 70 sposava il punto di vista del personaggio maschile, interpretato da Clint Eastwood, nella versione odierna la chiave di lettura della vicenda è tutta al femminile.
Siamo nel 1863, ai tempi della Guerra di Secessione nel sud degli Stati Uniti. Una ragazzina, Amy (Oona Laurence), è in giro per i boschi in cerca di funghi quando si imbatte in un soldato nordista ferito gravemente, il caporale John McBurney (Colin Farrell). Decide di condurlo da Miss Martha (Nicole Kidman), la direttrice del collegio femminile dove vive assieme ad altre giovani. Nonostante si tratti di un appartenente al fronte nemico, l’uomo riceve cure e ospitalità. La sua permanenza forzata a letto è però ben presto fonte di turbamento per le varie allieve e per l’insegnante di lingue (Kirsten Dunst). Consapevole di essere un oggetto del desiderio, l’ospite sfrutta la cosa a proprio vantaggio ma sottovaluta i rischi legati al nascere, nella casa, di gelosie e rivalità.
“L’inganno” è espressione perfettamente bilanciata di molti generi diversi: noir, thriller psicologico, film storico, dramma da camera e perfino black comedy.
Il pensiero va al “Giardino delle vergini suicide“, incipit della serie di ritratti in rosa firmati dalla regista, perché il modo di raccontare un piccolo universo femminile con minimalismo e intelligenza è simile. Le fanciulle in fiore de “L’inganno” hanno però nell’incontro con eros, ossia l’arrivo dell’elemento maschile, un detonatore di consapevolezza.
La pulsione sessuale determina nella piccola e coesa comunità di partenza, una scissione. Le sei protagoniste, che in principio vibravano all’unisono in un unico femminino, vanno a incarnarne singole versioni, le quali si polarizzano sempre più ed entrano in conflitto tra loro.
Il fatto è che se prima disciplinavano la propria natura con momenti di preghiera e altre forme di complicità rituale, dopo diventano tanti diversi tipi di donna quante sono le risposte che possono essere date alla tentazione: la Miss Martha di Nicole Kidman si rapporta al desiderio reprimendolo, mentre i personaggi di Kristen Dunst ed Ellen Fanning lo vestono l’una d’amore romantico e l’altra di carnalità istintiva.
Questo processo è descritto attraverso situazioni e dialoghi dall’ironia affilata.
Nicole Kidman supera se stessa: il suo personaggio è sì un concentrato di razionalità, senso del dovere e spirito crocerossino, ma anche un miscuglio spassosissimo di cinismo e ironia.
Oltre che nel cast, il film ha un’eccellenza nella fotografia. La cura dei particolari è assoluta nella creazione di un microcosmo sospeso tra prigionia dorata e boscaglia fiabesca circostante e risalta ora alla luce naturale ora a quella delle candele. La sensazione di isolamento è alimentata anche da piccole suggestioni visive in cui le ragazze echeggiano Cappuccetto Rosso o l’Alice di Lewis Carrol.
“L’inganno” è un’opera minore, dalla durata e dalla complessità contenute, ma rappresenta un esercizio di stile impeccabile. Inoltre, lo spirito giocoso con cui affronta il tema del rapporto tra i sessi e della solidarietà o rivalità femminile rende la visione piacevolissima.
Il Giornale