Diventato famoso come sceneggiatore di fumetti, lo scrittore inglese è ormai celebre anche in tv, è uscita la seconda stagione di “American Gods”, tratta dal suo romanzo e cura l’adattamento televisivo del suo romanzo del 1990 (con Terry Pratchett) “Good Omens”
“Non bisognerebbe mai conoscere i propri idoli. Si resta sempre delusi”. “Tu non mi hai deluso, Neil.” “Ma è perché tu ti accontenti di poco”. Questo lo scambio, nel 1990, fra Neil Gaiman e un intervistatore. All’epoca Gaiman, classe 1960, inglese di Portchester dopo gli esordi come giornalista (il suo primo libro, nel 1984, è stato una biografia dei Duran Duran), è la next big thing del mondo del fumetto americano. Dopo il successo del connazionale Alan Moore (fra l’altro suo amico e mentore), le major (più la DC Comics di Batman e Superman che la Marvel di Spider-Man e X-Men) danno infatti la caccia agli sceneggiatori britannici.Si mette in luce con storie horror e fantastiche con personaggi poco noti della DC (“Black Orchid”, “Books of Magic”) e nel gennaio 1989 esce il primo numero della serie “Sandman”, con protagonista il Signore dei Sogni (noto anche come Morfeo) che gli darà il successo e rivoluzionerà il fumetto americano.Finisce con il numero 75, viene raccolta in dieci volumi (e successivamente in quattro lussuosissimi cartonati, gli Absolute Sandman), cosa mai fatta in precedenza negli States.Ma già in quel 1990 sta esplorando altre strade: nell’intervista si parla infatti di “Good Omens”, romanzo all’epoca appena uscito scritto con Terry Pratchett (1948-2015), autore fantasy allora ben più celebre di lui, nel quale un angelo, Azraphel, e un demone, Crowley, si alleano per evitare la fine del mondo, stanno troppo bene sulla terra (in Italia il libro esce solo nel 2007 da Mondadori, principale editore dei suoi romanzi, con il titolo “Buona Apocalisse a tutti!“).Nel 1996, quando “Sandman” sta per finire, scrive la sceneggiatura della miniserie tv “Neverwhere”, ambientata in una strana e bizzarra “Londra di Sotto”. Trasforma la sceneggiatura in un romanzo e anni dopo Mike Carey (testi) e Glenn Fabry (disegni) rendono “Neverwhere”un fumetto.Negli anni Novanta si parla tanto di “multimedialità”: Gaiman è subito multimediale.Già in “Sandman” aveva iniziato a portare gli dèi della mitologia nel mondo reale, a fare lavori “borghesi”. Un’idea che sfocia poi nel romanzo del 2001 “American Gods”, adattato nell’omonima serie televisiva su Amazon Prime (adesso è disponibile la seconda stagione).In una metafora sull’immigrazione, scopriamo che i popoli che vanno in America si portano dietro i propri dèi, che così si aggirano nel XXI secolo (sono mafiosi, baristi, spogliarelliste) e si scontrano con le nuove divinità generate dalla tecnologia, desiderose di rimpiazzarli.Fra divinità egizie, irlandesi, vichinghe, spiccano il carismatico Mr. Wednesday, alias Odino (Ian McShane) e Shadow Moon (Ricky Whittle), la sua guardia del corpo.“American Gods” diventa anche una serie a fumetti a cura di un grande autore di comics come Philip Craig Russell che aveva lavorato anche a “Sandman”.Ormai Gaiman scrive soprattutto romanzi, racconti e sceneggiature televisive (occasionalmente fumetti) e riesce a spiccare in medium diversi.“The Doctor’s Wife”, la sua sceneggiatura del 2011 di un episodio della storica serie britannica di fantascienza “Doctor Who”, con protagonista un alieno noto solo come il Dottore, che viaggia nello spazio e nel tempo grazie a una nave spaziale che ha le sembianze di una vecchia cabina del telefono inglese della polizia, ha vinto il prestigioso Premio Hugo.Adesso sta lavorando all’adattamento televisivo di “Good Omens” con Michael Sheen come Azraphel e David Tennant (che in passato ha interpretato il Dottore, anche se in “The Doctor’s Wife” era già stato sostituito da Matt Smith) come Crowley .L’influenza di Gaiman si vede negli ambiti più disparati. Sandman ogni cento anni si vede in un pub con Hob Gadling, un uomo immortale. Nel nuovo romanzo di Gianluca Morozzi “Dracula ed io”(Tea) il signore dei vampiri ogni secolo (ma con date scelte a caso) incontra in una squallida bettola di Bologna per giocare a scacchi l’essere semi immortale Indaco (quando muore cambia genere, da uomo diventa donna e viceversa).
Stefano Priarone, lastampa.it