“BEI TEMPI QUELLI DI BEVERLY HILLS 90210 NON C’ERA LA PRESSIONE DEI SOCIAL DI ADESSO”

“BEI TEMPI QUELLI DI BEVERLY HILLS 90210 NON C’ERA LA PRESSIONE DEI SOCIAL DI ADESSO”

L’attore del famoso telefilm anni ’90 protagonista della serie crime «Private eyes»

di Sara Frisco, il Giornale

SYDNEY, AUSTRALIA - FEBRUARY 19: (EUROPE AND AUSTRALASIA OUT) Actor Jason Priestley poses during a photo shoot at the InterContinental Hotel on February 19, 2012 in Sydney, Australia. Priestley is in Australia to promote his new television show 'Call Me Fitz'. (Photo by Craig Greenhill/Newspix/Getty Images)

Los Angeles Per la generazione cresciuta a pane e telefilm, negli anni Novanta, lui era il bravo ragazzo della compagnia.
Brandon Walsh, in Beverly Hills 90210 era interpretato da Jason Priestley che da allora ha preso qualche chilo, qualche ruga si è aggiunta al suo viso, ma il fascino che aveva conquistato le ragazzine di fine secolo non l’ha ancora abbandonato, come lui non ha mai abbandonato il mondo della televisione. Dopo quella felice esperienza è diventato anche produttore e regista, quasi sempre per il piccolo schermo. Il cinema lo ha snobbato, o forse è stato lui a snobbare il cinema: «Mi piace la televisione, sono cresciuto guardando la tv, sono molto felice di lavorarci, è stata molto buona con me», ci dice, al telefono.
Ora Jason Priestley torna nelle vesti d’interprete, dal 23 dicembre, su Fox Crime alle 21,05 con una nuova serie tv: Private eyes, in cui interpreta un ex giocatore di hockey che, insieme ad una giovane donna incontrata quasi per caso, Angie Everett (interpretata da Cindy Sampson), apre un’agenzia di investigazioni private. La serie, basata sul romanzo del giornalista sportivo Gare B. Joyce The Code, è ambientata a Toronto.
«Sono appena tornato per le vacanze di Natale ci dice Priesley che si gode il sole di Los Angeles dopo il freddo del suo natio Canada – laggiù è arrivato l’inverno, quello vero. Toronto è una città affascinante ed è l’ambientazione ideale per la nostra serie».
Le piacciono i polizieschi?
«Moltissimo, mi piacciono quelli vecchia scuola, che mischiano le investigazioni con una certa dose di humor».
Un’operazione nostalgia…
«Ci piaceva l’idea di uno show che avesse molteplici elementi, con un po’ di commedia insieme all’azione e a qualche elemento sexy, e Toronto è bellissima e multiculturale».
Lei è in televisione da 25 anni ormai: come è cambiato l’ambiente? Hollywood è un posto migliore o peggiore?
«Hollywood è cambiata perché la tecnologia è cambiata. Non voglio dire che sia meglio o peggio, è semplicemente differente. È cambiato il modo in cui interagiamo con i fan. I social media ne sono i principali responsabili».
Forse per chi è famoso è diverso. Forse l’interazione diretta con i fan rende le cose più facili.
«No, non credo sia più facile, credo che sia anzi più difficile perché tutto quello che fai ora, tutto quello che dici, qualsiasi cosa scrivi, è istantaneamente disseminato per il mondo; credo che la pressione ora sia molto più pesante».
Insomma, tutto era più facile quando lei era il bel Brandon di Beverly Hills 90210. Serie che è stata oggetto di un recente remake che non ha avuto successo. Come mai allora aveva funzionato?
«Questa è la domanda da un milione di dollari vero? Io credo che il segreto del suo successo riguardi il suo carattere innovativo. Fu il primo show completamente rivolto ai giovani, a una precisa fascia d’età, fra i 17 e i 24 anni. Eravamo nel posto giusto al momento giusto. Gli sceneggiatori scrivevano di cose che i giovani affrontavano in quel momento, problemi universali di tutti i ragazzi, e per questo lo show ha funzionato dappertutto, in America come in Italia, o altrove».
Recentemente c’è stata una reunion di voi attori.
«A Chicago. E’ stato bello rivedere tutti quei vecchi amici».
Non c’era Shannon Doherty, la mitica Brenda.
«Shannon sta combattendo la sua battaglia contro il cancro. Lotta con grande forza, come un leone».
Vi siete sentiti?
«Non recentemente, ero a Toronto, molto assorbito dal mio lavoro, ma la seguo sui social media. È una ragazza straordinaria. Una generazione di leoni di dimostra ancora una volta la nostra».

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