Arriva in sala domani ‘3 Generations’ con Susan Sarandon, Naomi Watts e Elle Fanning, storia di un’adolescente che vorrebbe essere uomo. Gaby Dellal: “Non è un dramma transgender ma una commedia familiare”
“Ogni anno soffio sulle mie candeline ed esprimo lo stesso desiderio. Vorrei essere un maschio”. Ray (Elle Fanning) – all’anagrafe Ramona – è cresciuto a New York con sua madre (Naomi Watts), la madre della madre (Susan Sarandon) e la compagna della madre di sua madre (Linda Emond). Appoggiato a una rete matriarcale più elettrica di qualsiasi terapia d’urto, Ray/Ramona si prepara alla cura ormonale in tempo per il cambio di scuola e il reinserimento in classe nel corpo di un maschio. È a un passo dalla transizione di sesso quando salta fuori un imprevisto: il formulario esige il consenso di entrambi i genitori e il padre di Ray si è dato da parecchio tempo. Sono queste le premesse di 3 Generations – Una famiglia quasi perfetta, presentato alla Festa del Cinema di Roma e dal 24 novembre al cinema per Videa. Del quale vi proponiamo quattro minuti in anteprima.
“Perché non può essere semplicemente lesbica?” si domanda, incredula, la nonna (Sarandon), tanto per ‘settare’ i toni del film diretto da Gaby Dellal e distribuito negli Usa dai fratelli Weinstein. “Volevo girare una commedia familiare, accessibile a tutti, non un dramma sui transgender che escludesse un pubblico meno sofisticato” racconta Gaby, ex attrice, uno spettacolo a Broadway nel cassetto. La incontriamo a Manhattan a pochi passi da una protesta in corso contro il presidente Trump. La città di New York è co-protagonista vintage di 3 Generations (le quattro donne vivono in un’incasinata multi-family, un tempo meta di jazzisti) ma Dellal si è trasferita da Londra meno di due anni fa ed è ancora in esplorazione: “Solo quando ho raccolto i soldi per finanziare il mio film indipendente mi sono spostata a New York. L’idea di partenza era raccontare una storia in cui le generazioni più vecchie e quelle più giovani fossero gay, mentre nel mezzo erano tutti etero. Poi ho incontrato una persona, mi ha detto che sua figlia voleva diventare un maschio. Cinque, sei anni fa non sapevo nulla di transgender. Ho fatto ricerche, ho condotto interviste, mi sono creata una rete, in particolare nelle comunità più giovani di trans. E ho scoperto una realtà ancora poco rappresentata al cinema”.
Solo negli ultimi due anni ci sono stati The Danish Girl con Eddie Redmayne nei panni di Einar Wegener/Lili Elbe, la commedia romantica Boy Meets Girl, il transgender-movie girato con un iPhone Tangerine, la serie Amazon Transparent. In che cosa è diversa, allora, l’opalescente Elle Fanning? “Elle è un’artista molto intelligente e colta” prosegue la filmmaker. “L’ho scelta perché volevo concentrarmi sul passaggio da donna a uomo senza però far parlare Elle come un maschio o appiccicarle una barba finta. Elle è un talento nato, me ne ero già accorta vedendola in Somewhere di Sofia Coppola. Ramona è ciò che si definisce ‘cisgender’, un individuo il cui senso di identità personale non corrisponde al sesso e al genere attribuitogli alla nascita. Si sente straniera nel proprio corpo. Ray è il suo vero sé”.
Nonostante il cast sia composto soprattutto da donne – una delle quali, 70 anni e fervente supporter di Bernie Sanders si è conquistata il titolo di “pasionaria di Hollywood” – sul set c’è stato qualche braccio di ferro. Gaby rileva: “Si parla tanto di parità di genere nell’industria e concordo sul fatto che non ci trattino allo stesso livello degli uomini. È tuttora così. Detto questo, non consiglierei alle giovani filmmaker di scegliere attrici affermate e circondarsi di donne sul set. Per me è stato un po’ problematico. A volte sarebbe stato meglio avere un uomo sexy e cordiale, dietro la macchina da presa, al mio posto. Star del calibro di Naomi o Susan non rispondono sempre bene ai consigli di una regista. Ci sono stati alcuni screzi. Ho pensato: se fossi stato un uomo, me la sarei cavata meglio. Ma quando hanno visto il film montato e finito, lo hanno molto amato”.
Incorreggibile, Gaby sta preparando un nuovo lungometraggio di sole donne: “Il prossimo progetto parlerà ancora una volta di famiglia. Due generazioni a confronto. Una donna di una certa età che torna a casa a far visita alla madre e tenta di fare i conti con la figura del padre, morto suicida con un colpo di pistola. È il viaggio di una donna; forse, inconsciamente, il mio. Avendo tre figli, sento il bisogno di mettermi in discussione come madre. Si chiamerà Park Avenue ed è tutto ambientato nell’Upper East Side. Vivere a New York mi ha aperto il cuore e gli occhi. Per questo sogno Meryl Streep come mio alter ego. Vi terrò aggiornati”.