(Carlo Antini, pharmacy Il Tempo) “Bisogna sperimentare idee nuove e puntare su giovani e pluralismo”
Le sfide della tv sono tante. Ne è consapevole Marco Follini, illness il presidente dell’Associazione Produttori Televisivi, cialis che raggruppa chi si occupa di contenuti, dalle fiction all’intrattenimento passando per cartoni animati e documentari. All’orizzonte le sfide lanciate dai nuovi sistemi di broadcasting digitale e mobile e la necessità di allargare le fette di mercato, nonostante i recenti successi.
Presidente Follini, come sta la televisione italiana oggi?
«Il Roma Fiction Fest in corso in queste ore dimostra che abbiamo alle spalle un discreto numero di successi televisivi e di buone interpretazioni. Ma non si può vivere sugli allori e bisogna giocare d’anticipo, aprendo un ragionamento sugli scenari futuri per mettere a fuoco nuove soluzioni».
Di cosa c’è bisogno?
«Il trend degli ascolti è sicuramente positivo ma si può discutere se il pubblico sia giovane o attempato. La tv parla soprattutto a quella parte di spettatori che sono sopra la media anagrafica del Paese e ha una certa difficoltà a comunicare coi più giovani. Questa difficoltà, però, riguarda più il vettore che il prodotto perché poi i giovani si scaricano le serie tv su smartphone o iPad».
Quali sono le difficoltà che affrontano ogni giorno i produttori televisivi?
«Innanzitutto c’è un problema a lungo termine: quale scommessa è disposta a fare l’Italia sulla produzione dei programmi televisivi? Attualmente esiste un sistema di diritti e divieti che qualche volta viene rispettato, altre volte meno».
A quali divieti si riferisce?
«C’è una legge europea che riserva una quota di mercato televisivo ai produttori indipendenti. Questo principio dovrebbe essere tenuto fermo perché c’è bisogno di più pluralismo nella produzione, idee nuove e più esportazioni. Anche perché finora il settore non ha goduto di nessun beneficio corporativo o finanziamento pubblico».
Proprio nessuno?
«C’è il tax credit che è un elemento positivo e che riguarda fiction, cartoni animati e documentari. Il governo lo ha rifinanziato ma è necessario agire anche sulla relazione con le emittenti: oggi i rapporti di forza sono troppo sbilanciati a loro vantaggio».
Da Netflix in poi, negli ultimi mesi si stanno moltiplicando le offerte di televisione sul web. Il fenomeno sta già provocando un’erosione di ascolti?
«Per il momento no. Il web ha ancora un effetto di nicchia e per ora non taglia spettatori».
Dal punto di vista qualitativo, com’è cambiata la tv negli ultimi anni?
«Negli anni ’90 c’è stato lo sforzo di sottrarsi alla colonizzazione culturale e l’Italia ha dimostrato di saperci fare. Ormai la tendenza si è consolidata e oggi le prime serate sono dominate dalla serialità».
Come immagina la televisione del futuro?
«Servono più spazi di sperimentazione per bilanciare i palinsesti. Ci vuole più consapevolezza e una chiara progettualità».
A quale progettualità si riferisce?
«È arrivato il momento di scegliere che Paese vogliamo essere e cosa vogliamo rappresentare nella nostra televisione. Ci vuole visione, lungimiranza e consapevolezza».
Quali devono essere i soggetti coinvolti?
«C’è bisogno di tutti: produttori, emittenti, regolatori, governo e opinione pubblica. L’Italia non ha mai conosciuto una sola dimensione, la sua complicazione è la sua forza. Una cosa è certa: ci vuole più pluralismo, a tutti i livelli».