‘Hotel Esistenza’ disco introspettivo, Sanremo? Chi direbbe di no…

‘Hotel Esistenza’ disco introspettivo, Sanremo? Chi direbbe di no…

I Fast Animals And The Slow Kids sono un fiume in piena, e tornano con un nuovo capitolo discografico, ‘Hotel Esistenza‘, il settimo album in studio della band perugina composta da Aimone Romizi, Alessio Mingoli, Jacopo Gigliotti e Alessandro Guercini, disponibile in digitale dal 25 ottobre e dal 28 anche nelle versioni fisiche. Rock band, senza dubbio, i Fask sono soprattutto un gruppo di amici che continua a restare insieme dopo 15 anni. Ogni album è una fotografia delle loro vite, e questo concetto viene ribadito anche nel nuovo lavoro: “Siamo i Fask che continuano a fare la nostra cosa preferita, ovvero suonare,” raccontano i quattro all’AdnKronos. “Abbiamo lavorato su questo disco per tre anni, partendo da 42 canzoni e arrivando a 11. Lo vediamo come il percorso giusto per noi, per ciò che stiamo facendo ora e per l’idea di musica che abbiamo in mente.”

Anticipato a giugno dal singolo ‘Come no’ e pubblicato da Woodworm in licenza esclusiva M.A.S.T./Believe, l’album include le esperienze personali dei quattro perugini, dal disincanto dell’amore agli scorci di vita vissuta, dalle feste da cui fuggire alle autostrade che riportano a casa. Come “le stanze di un albergo arredate in modi diversi ma concepite allo stesso modo”, il disco include molte citazioni, dal poeta Walt Whitman ai Weezer, Pixies, The Get Up Kids, fino ai Refused e Nirvana. “Ce ne siamo accorti solo a posteriori,” spiega la band. “Quando ascolti musica, l’assorbi e non sai come si manifesta. Ci piace pensare che questi ascolti siano dentro di noi e poi li decodifichiamo a modo nostro.” Per quanto riguarda i testi, “continuiamo a leggere, a viaggiare e a interessarci di vari argomenti, e ciò si percepisce nel disco. Suoniamo da 15 anni, e senza questo forte legame con l’arte non continueremmo a fare ciò che facciamo.”

Guai però a definire ‘Hotel Esistenza‘ nostalgico. “Introspettivo sicuramente lo è, come tutti i nostri album,” ammettono i Fask. “Ad esempio, ‘Riviera Crepacuore’, l’abbiamo scritta durante il ritorno a casa d’inverno lungo l’autostrada A14, che conduce alle città della Riviera Adriatica. L’abbiamo sempre vissuta come una località di vacanza, un luogo dove andavamo da ragazzi insieme alle nostre famiglie e che ora attraversiamo quando andiamo a suonare. Da bambini la vedevamo come un parco giochi, ma crescendo ne vediamo l’altra faccia…” Esperienze personali ma non solo. Come nel brano ‘Brucia’, che esplora il senso di colpa in un contesto sociale. La canzone è stata scritta nel 2020, durante la quarantena, nel periodo in cui il movimento Black Lives Matter ha invaso le strade. “Siamo stati indignati da ciò che accadeva in America, dopo il caso di George Floyd,” raccontano, “e questo ci ha portato a riflettere: ci sono cose per le quali in passato, da giovani, ci saremmo arrabbiati, cose per cui avremmo distrutto il mondo mentre ora, da adulti, ci intristiamo, ci indigniamo e in qualche modo ci isoliamo, pensando che la società civile sia destinata a una fine ignobile. Ci siamo detti che dovevamo fare qualcosa per smuovere la nostra coscienza e agire. A 18-20 anni spaccavamo tutto, a volte bisognerebbe trovare un equilibrio tra il reagire con intelligenza e pacatezza e la stessa voglia di fare qualcosa tipica dell’età giovanile.”

I Fask porteranno sul palco il nuovo lavoro da dicembre, durante il ‘Festa Tour 2024’, in una serie di concerti nei più importanti club da Nord a Sud. E chissà che prima o poi non approdino sul palco di uno stadio. “Ci sembra un passaggio un po’ eccessivo,” scherzano, “ma di certo l’idea di chi fa musica è farla ascoltare a tante persone, non suonare da soli in una stanza. Che lo stadio arrivi o meno non è importante, ci piace pensare che possiamo crescere ancora ed entrare in risonanza con altre persone.”

Non nascondono il desiderio di intrecciare la loro musica con il rock essenziale dei Tre Allegri Ragazzi Morti. “Sono una delle nostre band della vita – ammettono i Fask – magari verrà anche fuori prima o poi qualcosa. Per noi, fare feat significa creare una connessione emotiva e sviluppare un progetto che abbia senso. Con Ligabue eravamo andati per fare una chiacchierata con uno dei più grandi cantautori italiani, poi ci siamo conosciuti e tutto è nato in modo molto naturale. Il feat ha senso solo se scatta la scintilla”.

E Sanremo? “Chi direbbe no nel 2024? – osservano i Fask -. Non è più il Festival di una volta, non è il bel canto all’italiana ma la fotografia di quello che accade adesso, ed è molto più vicino alla realtà contemporanea. Noi siamo una delle tante voci che raccontano una storia particolare di musica in Italia, pensiamoci… poi dipende dal pezzo”.

Per salire sul palco dell’Ariston, però, “devi avere un brano che ti rappresenta e che racconti, nel nostro caso, 15 anni di storia”. Ora, confessano, sono nella fase di promozione del disco. “Lo suoniamo dal vivo e vediamo cosa accade…ci abbiamo lavorato per tre anni, preferiamo concentrarci su una cosa e farla molto bene. Sanremo o non Sanremo, la cosa più importante è fare musica e farla bene”.

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