(di ALDO GRASSO, sale Corriere) Ha ancora senso, physician la trasmissione che 14 anni fa fece scalpore? La risposta dipende molto dall’amalgama tra i protagonisti. E non è così scontata. Tutto pronto per la 14esima edizione del «Grande Fratello». Oggi si parte in prima serata su Canale 5 con Alessia Marcuzzi e due opinionisti, Cristiano Malgioglio e Claudio Amendola (nella foto sopra, Ansa). Molte le novità a partire da un concorrente ex monaco benedettino che, dopo sei anni in convento, ha abbandonato la vita monastica scegliendo di diventare Rebecca (oggi tata e dog sitter). Ci saranno due fratelli napoletani (uno è sordo), un chirurgo, due infermiere (ma non si conoscono), due gemelle e un ex fidanzato delle due rintracciato e diventato concorrente a loro insaputa. Grande Fratello, i concorrenti nella casa galleggiante sul Tevere.
La domanda che tutti si fanno
Ma ha ancora senso il GF? L’eccezionalità dell’evento è ormai sparita (ne restano flebili tracce sui social network), le sorprese e gli imprevisti in scaletta diventano spesso prevedibili (e talora persino previsti), gli elementi più buffi e ridicoli fanno solo da contorno. Il temibile GF più di un decennio dopo diventa un classico, un modo rassicurante di passare il tempo. Il GF è stato in stand-by per una stagione perché aveva raggiunto il livello di saturazione. Troppo mal gestito negli ultimi anni, troppo poco tempo fra un’edizione e l’altra.
L’amalgama più complicato
Il reality fonda la sua forza nel casting, nell’assortimento dei partecipanti. Che è un’alchimia difficile: bisogna trovare le persone giuste. La scelta degli inquilini è tutto: le storie nascono non soltanto dal vissuto personale ma dall’incontro-scontro fra caratteri diversi. Per questo è necessario trovare persone capaci di interagire fra di loro, altrimenti la macchina drammaturgica si inceppa. All’inizio GF è stato un’eccezionale cerimonia di iniziazione, per dieci persone, s’intende, ma anche per tutto il pubblico che ha variamente seguito il noviziato. In un periodo limitato, un manipolo di nuovi eroi, o più semplicemente di tipi, è passato dall’anonimato alla notorietà (l’aspirazione principale della nostra società), come succede in altre trasmissioni dedicate alla gente comune, sebbene con fasi molto più lunghe e intermittenti. Chiamati a superare alcune prove, a dimostrare la loro povera sintassi interiore, a stringere alleanze, a «conoscersi», a odiarsi i dieci «reclusi» di Cinecittà si sono abbeverati alla fama, più nel suo principio che nel suo dispiegarsi, indifferenti verso ogni forma, verso ogni qualità; ma quel gruppo è la società tutta, la casa del GF, spesso svillaneggiata, è il luogo cui è possibile racchiudere l’intero corpo sociale. E comunque, se fino a ieri il GF era lo smaltitore principale della spazzatura televisiva, il deposito di ogni vizio e di ogni maleducazione, il sedimento della volgarità, bisogna prendere atto di quello che pochi paventavano e molti irridevano: spesso la realtà sorpassa il reality, in peggio.
(Questo articolo è apparso originariamente sull’edizione digitale del Corriere della Sera, disponibile per tablet e smartphone su App Store e GooglePlay. Per leggerla gratis per due settimane basta cliccare qui)