Nella relazione dell’Agcom i dati del settore
”Nonostante la crescita delle audience e del consumo di informazione, rilevato almeno per televisione e Internet, i risultati economici sono fortemente negativi per tutti i mezzi di comunicazione e le analisi mostrano una flessione degli introiti pubblicitari causata sia dalla minore disponibilità di spesa degli inserzionisti sia dall’abbassamento dei prezzi di vendita degli spazi pubblicitari, ad eccezione di quelli dell’on-line”. E’ un quadro a tinte fosche quello dei media che disegna la consueta Relazione annuale dell’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni, recentemente presentata con un discorso alla Camera del presidente Giacomo Lasorella.
Relazione che pure conferma come la televisione sia sempre ”il mezzo principale per l’acquisizione di informazioni, anche se è sempre più evidente lo spostamento, sempre più rapido, verso le piattaforme online. I dati indicano, inoltre, una progressiva diminuzione nell’uso dei quotidiani e della radio per informarsi”. Tutto ciò – si legge ancora nella relazione – si traduce in una riduzione complessiva dei ricavi per i media, che alla fine del 2020 scendono a 11 miliardi, con una perdita rispetto al 2019 di oltre 1 miliardo, corrispondente a una variazione negativa del 9,5%, in analogia con il generale quadro macroeconomico (con una variazione del PIL pari a -9%). I periodici sono il comparto editoriale che ha sofferto di più, con una riduzione della raccolta pubblicitaria pari al 36,6%, seconda solo a forme pubblicitarie come il transit o l’outdoor”. Si stratta dello scenario dell’Italia in pandemia, durante il quale ”la televisione è stata di primo mezzo scelto dagli italiani per informarsi. Nel corso del primo semestre 2020, tutti gli operatori televisivi hanno modificato i propri palinsesti, sia con una maggiore offerta informativa, sia con spazi appositamente dedicati al Covid-19, sia con programmi di intrattenimento. Tramite i telegiornali, i programmi di approfondimento, i quotidiani appuntamenti con le conferenze stampa della Protezione civile (dal mese di febbraio fino al 30 aprile 2020) e quelle del Presidente del Consiglio, la televisione ha fornito un’ampia copertura informativa sia in termini medico-sanitari, sia sui processi decisionali del governo. Nella fase più acuta dell’epidemia le fonti informative televisive e in particolare i tg nazionali e regionali hanno segnato un’impennata negli ascolti e nella fruizione. Al pari dell’andamento osservato nel corso della cosiddetta prima ondata dell’epidemia, anche a ottobre quando la curva dei contagi ha iniziato nuovamente a salire, i telegiornali delle 20 (Tg1, Tg5 e Tg La 7) hanno raggiunto una quota consistente dei telespettatori della fascia oraria (pari al 49%) con un incremento di 3 punti percentuali. Un ruolo altrettanto importante ha giocato l’informazione locale trasmessa dalla TgR con un significativo balzo degli ascolti rispetto al 2019 durante il lockdown (+4,7% di share), così come nel mese di ottobre (+3,5% di share). Tale effetto risulta visibile anche se si analizzano gli andamenti degli ascolti dei telegiornali delle 20 su base annuale (+2,5 punti percentuali per i Tg1, Tg5 e Tg La7) e della TgR (+2,8 punti percentuali)”.
Ma tutto questo non è stato sufficiente dal punto di vista economico dove si registra una contrazione dei ricavi del settore (-5,2%), dovuta in particolare alla riduzione della raccolta pubblicitaria (-11%) che risente in modo più importante della crisi macroeconomica. Anche se in misura inferiore, si assiste anche alla riduzione dei ricavi da abbonamenti e pubblicità delle televisioni a pagamento (-0,5%) dovuta soprattutto alla riduzione nei palinsesti di contenuti premium di particolare attrattiva (sport) che sono stati interrotti nel lockdown. I primi tre operatori, (Sky, RAI e Fininvest), canalizzano comunque più dell’80% delle risorse.
Ansa.it