Giffoni Film Festival, Claudio Bisio racconta la sua prima volta da regista

Giffoni Film Festival, Claudio Bisio racconta la sua prima volta da regista

La guerra raccontata dagli occhi dei bambini, con leggerezza e spontaneità, è il centro del primo film da regista di Claudio Bisio: “L’ultima volta che siamo stati bambini”, presentato in anteprima al Giffoni film festival, nato dal romanzo omonimo di Fabio Bartolomei. «Io sono stato bambino fino a vent’anni – scherza l’attore e ora anche regista – Ma ho da sempre un rapporto stretto con i bambini. Un mio spettacolo teatrale si chiamava “I bambini sono di sinistra”; un testo di Michele Serra, “Sdraiati”, parlava di un figlio, poi ho incrociato questo romanzo e mi sono detto: è la mia storia». Sceglie di realizzare l’intervista insieme ai suoi protagonisti, i giovani – ma già attori – Carlotta De Angelis (protagonista nel film L’Arminuta), Vincenzo Sebastiani (ha recitato con Sergio Castellitto), Alessio Di Domenicantonio (il Lucignolo nel Pinocchio di Garrone) e Lorenzo McGovern Zaini (all’attivo già otto film).


BISIO E IL PRIMO FILM DA REGISTA: «E’ LA MIA STORIA»
Il film, che esce ad Ottobre, racconta la Seconda Guerra Mondiale vista da quattro bambini, amici, che giocano a fare la guerra nel bel mezzo del conflitto, fino a quando uno di essi non viene preso in un rastrellamento e viene deportato. I suoi amici decidono di partire per riportarlo a casa, dando il via a una serie di eventi a catena che porterà anche gli adulti a intraprendere un viaggio. Bisio preferisce non spoilerare, non anticipare molto di come andranno le cose nel film, ma racconta volentieri, insieme ai “suoi” bambini, aneddoti da backstage: «Una cosa che non ho mai raccontato a nessuno- esordisce – Era la scena iniziale nella quale i ragazzi giocano al pallone». Poi invita a parlarne Alessio Di Domenicantonio:, che racconta: «In quella scena io e Vincenzo (Sebastiani, ndr) giocavamo a pallone e io ho fatto una specie di doppio passo con la palla». E lo mostra facendo un passetto. Interviene Bisio: «Mi hanno detto che non c’era nel 43, perché lo ha inventato Cristiano Ronaldo, ma lì mi sono incavolato e ho detto: l’ha inventato Cosimo (il nome di uno dei quattro amici) e Ronaldo lo ha copiato». Oppure, racconta come tutto giri intorno alla personalità dei giovanissimi protagonisti. Anche i casting, come nel caso della suora che nel film accudisce Vanda (Carlotta De Angelis): «Ho scelto Marianna Fontana, che è casertana ma parla bene l’abruzzese, perché Carlotta parla in abruzzese». Sul futuro, non si sbilancia: «E’ stata un’esperienza entusiasmante, un po’ faticosa ma bellissima. In futuro? Chissà, forse non farò più film, forse continuerò, ma mi piacerebbe variare». Si defila ironicamente chiamando ancora in causa i suoi giovani attori, chiedendogli quale genere vorrebbero sperimentare. Poi ricorda l’uscita nelle sale de “L’ultima volta che siamo stati bambini” il 12 Ottobre, pochi giorni prima dell’atteso “Killers of the Flower Moon” di Martin Scorsese con Leonardo Di Caprio, e con l’ironia che lo caratterizza come un marchio di fabbrica “avverte” il regista e l’attore: «Attenti, ora ci siamo noi».

ERRI DE LUCA: «I RAGAZZI SONO GENERAZIONE PROFETICA»
Dopo il tema degli invisibili, l’anno scorso, ora il tema della 53esima edizione del Giffoni, che sarà un intreccio di ospiti, proiezioni e temi fino al 29 Luglio, è quello degli “indispensabili”. Come ogni anno, da più di mezzo secolo, i protagonisti assoluti sono i ragazzi. Sono 6500, da trenta nazioni del mondo, per appuntamenti, novità, proiezioni e tanti ospiti speciali. Il concept della nuova edizione è del poeta e scrittore Erri De Luca: una mano che, all’estremità delle cinque dita reca delle parole, ritenute da De Luca parole chiave del nostro tempo, in relazione con le cinque dita della mano e i cinque sensi. E dunque: la vista/il cinema, il tatto/la carezza, l’udito/la voce umana, il gusto/il pane, l’odorato/la terra. «E’ indispensabile dare una mano, l’ordine del giorno del nostro tempo è la fraternità – spiega nell’intervista – E per questo ho disegnato una mano, e siccome la mano ha cinque articolazioni ecco che coincidono con i cinque sensi, e ho provato a suggerire anche che cosa questi cinque sensi precisavano». E dal punto di vista concettuale cosa sono le cose indispensabili? «Sono dei compiti – racconta- che ci arrivano, che ci vengono presentati dalle circostanze, dal tempo che abbiamo intorno, e una frase che mi aiuta a sopportare questa responsabilità e spero che aiuti anche gli altri è: “Non ti è imposto di completare l’opera ma non sei libero di sottrartene”». E in questo momento, l’impegno che lo scrittore sente come più pressante è la guerra in Ucraina: «Ecco perché mi è capitato di comprare un furgone e insieme a un amico, un pensionato, iniziare a fare dei viaggi di sostegno portando della roba là. Cibo, medicine, pannolini e pannoloni, perché negli orfanotrofi c’è bisogno di quelle cose lì, per esempio, e quando entri in un orfanotrofio l’odore che si sente è quello dell’urina». La mano scelta per il concept del Giffoni è simile all’illustrazione che si trova sulla copertina dell’ultimo lavoro di Erri De Luca, “Le regole dello Shangai”, dove pure c’è un incontro tra generazioni: «E’ così – risponde l’autore – Anche qui a Giffoni c’è un incontro tra generazioni, la mia, quella anziana, e la loro, quella dei più giovani. Entrambi siamo capaci di immaginare un futuro. I più giovani anche per quanto riguarda il pianeta, e non solo le loro sorti individuali, a me invece capita di immaginare un futuro perché lo penso senza di me, e allora mi diverte immaginare come sarà: tiro a indovinare con visioni, non previsioni o pronostici ma visioni, ma la gioventù è per questo anch’essa visionaria. Mi piace questa generazione perché è profetica, non ha ancora raggiunto la massa critica per poter incidere sull’andatura del mondo, ma ha una linea di visione profetica che è quella che inesorabilmente il futuro dovrà percorrere».

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