Nella sala gremita dell’Anteo Palazzo del Cinema di Milano, Gabriele Salvatores si rivolge al pubblico poco prima della proiezione della versione restaurata di “Nirvana“, un film cult del 1997 che si distinse per la sua visionarietà e anticipò tematiche trattate successivamente nella trilogia di “Matrix“. A quasi trent’anni dalla sua uscita, il regista premio Oscar, insieme a Tyler Ov Gaia e NUL, collettivo impegnato nella promozione di eventi artistici multidisciplinari, e con il sostegno di Morningstar Production, si confronta liberamente con il pubblico su temi che spaziano dall’intelligenza artificiale alla filosofia e al cinema.
Salvatores esprime il desiderio che il pubblico riscopra l’esperienza unica del cinema, sottolineando che, nonostante la possibilità di guardare film ovunque, la magia del cinema si manifesta pienamente solo in sala, dove il buio e il silenzio permettono ai “fantasmi” evocati dal grande schermo di emergere. Per il regista, l’esperienza di sedersi per due ore di fronte a uno schermo, completamente immersi nella narrazione cinematografica, offre un’opportunità di fuga dalla realtà e di abbandono al sogno, una sorta di ritorno alla caverna di Platone.
Ricordando il periodo di realizzazione di “Nirvana”, Salvatores rivela come il film sia stato influenzato da esperienze personali, come il viaggio in India, e da eventi culturali significativi dell’epoca, come il suicidio di Kurt Cobain dei Nirvana. Il regista sottolinea il valore dell’italianità nel film, evidenziando l’importanza delle radici culturali nella propria identità artistica.
L’incontro con il pubblico offre anche l’opportunità di discutere del tema dell’intelligenza artificiale, che Salvatores considera un argomento rilevante sia per il cinema che per la società in generale. Pur riconoscendo il potenziale della tecnologia, il regista sottolinea i pericoli derivanti da un uso sbagliato dell’IA e la necessità di una riflessione critica su come questa venga impiegata.
Infine, Salvatores condivide il suo desiderio di dirigere un videogioco, sottolineando la differenza tra cinema e giochi digitali. Pur apprezzando l’uso dei computer nel cinema, il regista ribadisce la sua passione per l’arte cinematografica e la sua speranza che il cinema continui a prosperare come forma d’arte unica e irripetibile.