Frank Matano e l’omicidio di Mergellina: “Ho vissuto la Camorra sulla mia pelle

Frank Matano e l’omicidio di Mergellina: “Ho vissuto la Camorra sulla mia pelle

Il comico racconta in un lungo post sui social la sua adolescenza in Campania dove è nato e cresciuto

Con un lungo post sui social Frank Matano commenta l’omicidio di Mergellina dove un 18enne è stato ucciso per una macchia alle scarpe. Il comico è rimasto molto colpito dalla tragedia e ha deciso di raccontare la sua esperienza personale, essendo nato in provincia di Caserta: “In alcuni modi l’unico modo che hai di essere rispettato è la violenza… Ho vissuto la Camorra”. Matano ha anche postato una foto che lo ritrae ragazzino, ai tempi in cui viveva in Campania.

Matano: “Lo Stato lascia soli i ragazzi in Campania”

“Sono nato e cresciuto nella provincia di Caserta – scrive Frank Matano sui social – Più di una volta ho assistito o vissuto in prima persona alla malevolenza gratuita di determinati ragazzi che hanno vissuto in determinate situazioni che li hanno portati ad essere in un determinato modo e questo ghirigoro inutile di parole si chiama Camorra. Lo stato ha scelto di lasciare migliaia di ragazzi a loro stessi. Educati da persone che nella vita non hanno avuto la possibilità di autodeterminarsi, questi ragazzi sono cresciuti pensando di essere invisibili, pensando che l’unica cosa che si possa possedere sia l’onore. Non c’è altro. E se nessuno ti ha insegnato ad aprire la propria coscienza a te stesso, l’unico modo che hai di essere rispettato è la violenza. È una dinamica sociale fatta di potere applicato in poco meno di 20 km². Oltre il proprio paese non c’è altro. C’è un muro, e ogni mattone di questo muro invalicabile è fatto di un pezzo della propria inadeguatezza”.

Frank Matano parla della sua infanzia

Matano parla quindi della sua esperienza personale, di quando viveva in provincia di Caserta: “Ho fatto le superiori a Sessa Aurunca. Prendevo il pullman da Carinola fino a Sessa ogni mattina. Quasi ogni mattina cercavo di NON incontrare un ragazzo che NON era un camorrista ma voleva esserlo. Era amico di ‘figli di’ ma doveva dimostrare qualcosa in più al suo gruppo perché nelle sue vene scorreva sangue anonimo, insopportabile per un anonimo. Nessuno dà il giusto valore alla propria anonimia fin quando non la perde completamente, finendo sul giornale per esempio, uccidendo qualcuno per esempio. La quiete di non essere nessuno turba dolorosamente i nostri cuori soprattutto in questo mondo di porno-ego. Questo mio coetaneo aveva scelto da maturo quindicenne di imporsi sugli altri. Quando scendevo dal pullman ci fermavamo mezz’oretta in villa a Sessa prima di entrare in classe (2004). Ho fatto il linguistico. I miei compagni di classe con cui ero in villa prima di entrare ogni mattina erano poco meno di dieci donne. Ho vissuto il matriarcato nella mia adolescenza. Ero al linguistico. Dicevo. Stavo nel mio gruppetto, in villa. Questo ragazzo mi si avvicina e mi chiama ‘o suggettò’ che vuol dire ‘soggettone’ che vuole dire ‘tu che non ti imponi con la forza qui avrai problemi’. Non risposi alle provocazioni. Si avvicina sempre di più, siamo faccia a faccia, mi minaccia senza motivo, senza motivo, nessun motivo, zero motivi, non un motivo. Mi dà una testata secca sulla bocca. Così a caso. Senza motivo. Nessun motivo. Zero motivi. Non un motivo. Per ridere. Per fare la camorra. Era la sua personalissima fellatio ai cattivi. Mi mortifica. Non dico niente. E mi porto il non dire niente per tutto l’anno scolastico. Mi porto il non dire niente fino a domani. Non dire niente è un altro modo di morire. Non dire niente per non morire di fronte a un bar con un vodka lemon annacquato in mano. Non reagire a una umiliazione. Non rispondere alla violenza richiede una perversa autocommiserazione e non si capisce dove finisce quella e dove inizia l’istinto di sopravvivenza”.

Il messaggio di Matano ai ragazzi

“Questo messaggio è diretto ai ragazzi che vogliono imporre sé stessi con la violenza – conclude Matano – Non c’è nulla che vi fermerà. Neanche un morto. Neanche mille, di cui già non sappiamo più nulla. Fra un mese Francesco Pio sarà uno di quelli. Niente di più. E chi l’ha ucciso sarà uno di quelli. Niente di più. Nessun protagonista. Torna l’anonimia. Resta il nulla. Resta il contrario della speranza. Restano solo dei ragazzi a cui non è permesso di vivere dignitosamente. Riposa in pace Francesco Pio. Riposa in pace fratello mio campano”.

Omicidio per futili motivi

Il 20 marzo Francesco Pio Maimone è stato ucciso da alcuni spari al petto mentre stava passando una domenica sera con amici nella zona della Mergellina. Il 18enne è stato ucciso per errore. Il suo assassino ha sparato sulla folla, senza sapere a chi stesse sparando, perché infuriato per una macchia sulle scarpe, nuove e bianche, che qualcuno gli aveva sporcato. Per questo motivo è stata stroncata la vita di un giovane, che non aveva legami con i clan della camorra, ma sognava di aprire una pizzeria mentre svolgeva alcuni lavori, tra cui le consegne a domicilio, pur di avverare i suoi sogni.

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